il mistero della frase di troppo
Palazzo Chigi chiede al Viminale il dietro front sui tamponi gratuiti
Il sollecito alle imprese per fornire test gratuiti ai portuali sprovvisti di green pass non è stato concordato con Palazzo Chigi, che poi chiede una rettifica. Il ministero dei Trasporti pressato dalle autorità locali. L'Interno teme l'escalation di venerdì e non vuole arrivarci impreparato. Il senso della pacificazione coi No Vax
L'inghippo, a quanto pare, sta in una sola frase. Che però è anche quella più dirompente, e non a caso è stata proprio quella presa a pretesto per alimentare la polemica politica. Perché il sollecito alle imprese portuali affinché concedano i tamponi gratuiti ai lavoratori sprovvisti di green pass non era previsto, nella bozza delineata a Palazzo Chigi. Dove, ieri pomeriggio, su sollecitazione diretta di Mario Draghi, si sono riuniti i più alti vertici della presidenza del Consiglio, guidati dal segretario generale Roberto Chieppa, e i responsabili degli uffici dei ministeri coinvolti nella faccenda: il capo di gabinetto dell'Interno, Bruno Frattasi, e quello dei Trasporti, Alberto Stancanelli. Tutti, ovviamente, accompagnati dai rispettivi collaboratori. E al termine del summit, convocato per far fronte a un'emergenza reale raccolta dal Viminale, l'idea era sì, quella di avviare un monitoraggio sullo stato di diffusione del green pass nei porti, ma non quello di promuovere test antigenici e molecolari gratuiti a chi finora si è rifiutato di vaccinarsi o di scaricare la certificazione verde.
Perché, dunque, l'inghippo? Malinteso? Fuga in avanti dei tecnici di Luciana Lamorgese? Per capirlo bisogna fare un passo indietro.
Di almeno una settimana, o forse più. Perché sono dieci giorni che dalle autorità portuali di varie città italiane arrivano sollecitazioni al Viminale e a Porta Pia. Ed è quello che viene considerato il fronte più caldo, in vista dell'introduzione formale dell'obbligo di green pass sui luoghi di lavoro. Un po' perché in alcune città del nord, Genova e soprattutto Trieste in primis, tra camalli e scaricatori si registrano tassi notevolmente elevati di resistenza ai vaccini: nel capoluogo friulano, sui quasi mille operatori portuali, sarebbero quattrocento i No Vax. In secondo luogo, le infrastrutture portuali costituiscono uno snodo particolarmente delicato per la gestione dell'ordine pubblico: bastano infatti poche decine di dissidenti per bloccare le operazioni, con ricadute immediate e gravi sul traffico cittadino. Per questo, dunque, sia Enrico Giovannini sia Lamorgese erano pressati dai loro collaboratori: serve un segnale d'apertura. Dal Viminale, in particolare, la volontà era quella di dare non solo un messaggio di distensione, ma anche alleggerire il lavoro dei prefetti in vista di venerdì prossimo: "Se li sgraviamo almeno in parte dai problemi legati ai porti, potranno gestire con maggiore serenità gli eventuali incidenti legati alle proteste contro il green pass", è il senso del ragionamento condiviso da Frattasi e dai suoi collaboratori. I quali, del resto, si attendono una protesta pulviscolare: tanti piccoli incidenti, rallentamenti, manifestazioni e picchetti in giro per l'Italia. Una situazione forse perfino più problematica di quanto non sia una grande manifestazione, come quelle di sabato scorso.
Di qui si arriva allora alla riunione di ieri pomeriggio. Qui i tecnici dei vari ministeri hanno condiviso coi collaboratori diretti di Draghi un quadro delle informazioni a loro disposizione, segnalando il timore di arrivare impreparati all'appuntamento di venerdì. "Se ci sono delle criticità latenti, meglio farle emergere e potervi intanto porre rimedio, piuttosto che lasciarle esplodere all'alba del 15 ottobre", hanno spiegato i consulenti della Lamorgese. Trovando consonanza di vedute coi colleghi di Palazzo Chigi. Ed è per questo che si era deciso di procedere a un monitoraggio a tappetto per capire quanti siano effettivamente i lavoratori nel settore portuali che non si siano ancora vaccinati o che non abbiano scaricato il certificato verde. E siccome in quest'opera di ricerca andavano necessariamente coinvolti i prefetti, si è deciso che fosse il Viminale a diramare la circolare.
Che, però, quando è stata pubblicata conteneva una frase di troppo. Una frase che gli uomini del premier hanno visto direttamente lì, nella versione già diramata, senza aver prima potuto controllare la bozza. E la frase incriminata era questa: "In considerazione delle gravi ripercussioni economiche che potrebbero derivare dalla paventata situazione anche a carico delle stesse imprese operanti nel settore, si è raccomandato, altresì, di sollecitare le stesse imprese acchè valutino di mettere a disposizione del personale sprovvisto di green pass test molecolari o antigenici rapidi gratuiti". E Salvini ci ha messo ovviamente un secondo, a quel punto, per aizzare la polemica. "Tamponi rapidi e gratuiti per i lavoratori (del porto di Trieste) senza green pass, per evitare problemi. Parola della Lamorgese. Ah, ma quindi si può fare! E per gli altri milioni di lavoratori invece zero? Invece delle imprese, a contribuire dovrebbe essere lo Stato. Inadeguata", ha twittato il capo del Carroccio. Legittimando in verità una lettura assai strumentale, della circolare.
Intanto perché la misura non era ristretto al solo porto friulano. E poi perché, come fanno notare anche al Viminale, il ministero si è limitato a chiedere alle imprese di valutare l'eventuale opportunità di procedere alla fornitura di tamponi gratuiti. Cosa di cui, infatti, l'autorità portuale di Palermo ha già fatto sapere di non aver bisogno, in virtù dell'alto tasso di vaccinati tra i proprio operatori. Mentre da Ancona, ad esempio, il solo aprire alla possibilità dei test ha portato a un'intesa tra sindacati e gestori del porto che sembra andare proprio nella direzione di una distensione in vista di venerdì. E però, in ogni caso, l'inghippo andava risolto. E di qui la seconda circolare, diffusa pure quella dal Viminale ieri sera, con l'intento di chiarire, se non correggere, il contenuto di quella precedente. E così si è specificato che l'invito a che le aziende portuali predisponessero "ogni possibile modalità organizzativa ai fini dell'acquisizione del green pass da parte dei dipendenti che ne siano sprovvisti" non aveva alcuna valenza generalizzata. Bensì era intesa a "dare una risposta speditiva a situazioni di grave difficoltà". Riconciliando, così, il Viminale e Palazzo Chigi.