La battaglia del tampone
Draghi non deroga sul green pass. “È la nostra pacificazione”. Si prepara la legge di Bilancio
Salvini: "Non mi fido dei ministri"
Le proteste non cambiano l'agenda del premier, che incontra Salvini e ribadisce che i tamponi non possono essere gratuiti. Il leader della Lega cerca di commissariare Giorgetti
C’è forse un governo che ha dichiarato guerra? C’è forse un governo che ha detto “vaccinatevi e tacete”? Il governo ha forse imposto l’obbligo vaccinale? Eppure c’era chi lo desiderava, chi lo pretendeva: “Presidente, vada avanti. Di più, di più”. Che grande equivoco! Un governo di pacificazione nazionale ha già la pace nel suo statuto. Ieri, una parola ha scalato la classifica del nostro lessico. Questa parola è “pacificazione”. E’ sembrata così elegante che Matteo Salvini, ricevuto a Palazzo Chigi da Mario Draghi, l’ha ripetuta: “Caro presidente, ti propongo la pacificazione nazionale”. Si è sentito rispondere che il green pass è la carta dell’armistizio, l’incrocio tra l’egemonia e l’incoscienza. Il governo non è entrato nell’ora del ripensamento. I tamponi non saranno gratuiti. Si prepara invece la legge di Bilancio.
Se la domanda è dunque: “Il governo, giorno 15, derogherà sul green pass?”, la risposta è “non si è mai preso in esame”. Se la domanda è: “Lo stato regalerà un miliardo di euro di tamponi come propone Beppe Grillo?”, la risposta è “non scherziamo”. Se la domanda è: “Il governo è preoccupato per le proteste dei portuali, dei trasportatori che annunciano la grande paralisi?”, la risposta è che “il Viminale sta lavorando non solo per quel giorno ma anche per fare in modo che la manifestazione di sabato 16, quella della Cgil, rimanga una manifestazione di solidarietà, una doverosa manifestazione di solidarietà in un giorno sensibile che precede le elezioni”. Giorno 15 non ci sarà solo l’entrata a regime del green pass. Alitalia smetterà di volare e al suo posto nascerà Ita. Il governo dovrà inviare la legge di Bilancio a Bruxelles.
E’ una giornata carica di appuntamenti che tutti vogliono riempire di significati. Non va omesso niente. Martedì sera c’è chi ha individuato delle feritoie di governo. Si trattava di una circolare del Viminale, della ministra Luciana Lamorgese, sui portuali, che poteva diventare motivo di contesa. Si lavora in tempi eccezionali e può anche accadere, come è accaduto, che un dispositivo di legge venga riscritto, ripensato. Altra cosa è però approfittarne. Salvini, ad esempio, si è introdotto da quella feritoia e non lo ha fatto perché temeva che la casa stesse andando in fiamme. Non voleva combattere lo zelo che è davvero sempre nemico della pace. Anche quando ha una buona idea Salvini purtroppo la dice male. Fino a quando si scrive ha infatti cercato di far passare portuali, poliziotti non vaccinati, come un’avanguardia, la loro lotta contro il pizzicotto dell’infermiere come la nuova dialettica hegeliana. Ieri, giornata in cui era prevista la prima delle visite settimanali a Palazzo Chigi, l’ambulatorio dove si sterilizzano i pensieri caldi, Draghi gli ha confermato che “non si torna indietro” perché con “il green pass possiamo andare avanti”. E gli ripeteva, ma anche questo è il racconto di un racconto, che “il governo paga i vaccini che battono la pandemia” e non i tamponi che fotografano solamente che per fortuna si è immuni. E’ giusto iniziare a raccontare questi incontri (che si moltiplicheranno) per quello che sono. Sono incontri che servono a Salvini, e questi sì, per pacificarlo, per farlo dormire bene. Gli parla di tutto. Ieri, gli ha parlato delle pensioni, gli ha ripetuto “mi raccomando, presidente, le tasse”. Ed è probabile che Draghi ripeterà per farlo sorridere, che “le tasse non le alzeremo”.
Salvini: “Non mi fido dei ministri”
C’è una differenza tra le cose che dice Salvini e le cose che pensa Draghi. Le cose che Draghi pensa non cambiano se non sono gradite a Salvini. Le decisioni di Draghi sono decisioni a cui deve adeguarsi Salvini. Tutta la schiuma del leader della Lega è del resto, ed è la seconda volta, scomparsa appena uscito dal Palazzo. Comunicava solamente che “non erano previsti punti stampa e che gli appuntamenti pubblici venivano confermati”. Gli premeva solo sfiduciare, per così dire, il suo ministro, Giancarlo Giorgetti, dimostrare al grande pubblico che adesso con Draghi tratta lui. Di mattina aveva animato i cronisti con la frase “incontro Draghi. Io non mi fido di alcuni ministri” e pochi se ne sono accorti ma la dichiarazione precedeva “io sono preoccupato. Alitalia, Ilva …”. Sono i dossier che ha il suo ministro, che ormai crede di aver commissariato. Va bene così. Fa bene all’Italia. Fa contento Giorgetti che così potrà lavorare. Salvini è per lui quello che l’ipersindacalizzato è per il manager: una perdita di tempo.
A Latina, dove di sera il capo della Lega si è spostato, ha rivelato quello che avrebbe chiesto a Draghi: “Gli ho chiesto di darmi una mano a svelenire il clima di caccia al fascista”. E il green pass? Come si vede, il green pass è un dispositivo di scena che appare e scompare quando non serve. Ed è proprio per questo che meritano, e davvero, una segnalazione quelle imprese terminalistiche di Genova che “sveleniscono il clima”. Si sono detti disponibili a pagare i tamponi ai non vaccinati. Lo faranno ovviamente per un tempo limitato. E’ però una bella prova di servizio civile. Quale altro alibi rimarrà? Questa mattina Draghi vedrà i sindacati e sarà ancora un discutere di sicurezza, luoghi di lavoro. Il prossimo appuntamento è fissato per venerdì quando è previsto il Cdm sulla legge di Bilancio. Sembra lontanissimo. E’ solo domani. Il giorno in cui può succedere di tutto. Anche che non accada nulla.