Il credito d'imposta per le imprese che offrono i tamponi c'è già. Ecco cos'è
Il sostegno alle aziende che si fanno carico dei costi per far fronte alla pandemia non è una nuova misura e neppure una concessione. Ma il governo preferisce aspettare prima di dare il via libera ai tamponi gratis. Il messaggio è chiaro: prima il vaccino
Il governo continua a dire no. Ma in realtà non sarebbe una nuova misura e neppure una concessione. Quello che i sindacati, Maurizio Landini in testa, chiedono, è il rifinanziamento del credito d’imposta per le aziende che si caricano dei costi di sanificazione, dispositivi e dunque tamponi.
È una misura già contenuta nel decreto sostegni bis art.32. Si tratta di un credito in misura pari al 30 per cento delle spese sostenute nei mesi di giugno, luglio e agosto. Qualcuno suggerisce di estenderlo al 50 per cento. È ballata come proposta e continua a ballare perché i partiti la vogliono usare come deterrente per scoraggiare le proteste contro il green pass obbligatorio e la tensione sociale. Mario Draghi nella cabina di regia non ha voluto parlarne e si è concentrato sulle misure concordate (sicurezza sul lavoro e dilazione cartelle). Ieri, i ministri hanno inteso che rimane una di quelle cose che potrebbe accadere ma che forse non accadrà. Non è tanto il denaro, ma l’idea che si possa ricorrere al tampone per aggirare il vaccino. Si vuole attendere la giornata di oggi per capire.
Nelle pieghe del testo fiscale di cui si è parlato ieri sera, manca volutamente il riferimento per non fare “credito” che oggi sia l’inizio di giornate eccezionali.