il secondo turno delle amministrative
Lo Russo vs Damilano. A Torino il ballottaggio si risolve in una sfida al centro
Archiviata la stagione Appendino, il centrosinistra cerca di tornare al governo della città col meno grillino dei suoi dirigenti. E intanto il civico del centrodestra, è stretto nelle contraddizioni politiche di una coalizione senza concordia
Nell'ultimo confronto organizzato dalla Stampa, i due candidati al ballottaggio a Torino Stefano Lo Russo e Paolo Damilano hanno smesso l'abituale aplomb e si sono rivolti accuse inedite su fascismo e antifascismo. Domenica e lunedì saranno l'uno contro l'altro nelle urne, per decidere chi sarà il prossimo sindaco della città. Si parte con il risultato del primo turno, che ha visto Lo Russo primeggiare con il 43,86 per cento, contro il 38,90 per cento raccolto da Damilano.
Al termine dell'èra Appendino, il dato certo è che nella prossima amministrazione non ci sarà traccia dei Cinque stelle, che in cinque anni sono naufragati e al primo turno hanno raccolto il 9 per cento con la loro candidata sindaca Valentina Sganga. Sarà, quindi, o un ritorno al passato, alle giunte di centrosinistra, che governano da sempre Torino sotto forme diverse. O la riuscita di un esperimento a metà tra il politico e il civico, su cui la destra ha puntato per trovare la vittoria. Eccola, Torino. Una Torino che, come descritto dall'ex sindaco Valentino Castellani, si è presentata all'appuntamento elettorale con l'atteggiamento di "un capoluogo malinconico", e che dà sempre più l'immagine di una città decadente.
Chi è Stefano Lo Russo, candidato del centrosinistra a Torino
Il candidato del centrosinistra è Stefano Lo Russo. Quarantacinquenne, docente di geologia al Politecnico di Torino, è un amministratore di lungo corso. È stato eletto in Consiglio comunale per la prima volta nel 2006. Dal 2011, nella giunta Fassino, ha ricoperto il ruolo di assessore all'Urbanistica. Con l'elezione di Chiara Appendino, è diventato il suo principale avversario, da capogruppo del Pd in Sala Rossa (la sede del parlamentino cittadino). È da lui che è originato l'esposto che ha mandato la sindaca a processo per la vicenda Ream, per cui Appendino è stata condannata a sei mesi per falso ideologico in atto pubblico. Si capisce allora perché, quando Lo Russo ha vinto le primarie del centrosinistra lo scorso giugno, i grillini abbiano tutt'altro che esultato. In realtà, quando la Appendino annunciò di non volersi ricandidare, il suo auspicio era quello di puntare su un candidato comune di Pd e M5s. Si fece il nome del rettore del Politecnico Guido Saracco. Che però non ha mai accettato esplicitamente l'investitura.
Fatto sta che mentre era lecito aspettarsi un endorsement in vista del ballottaggio, Appendino e Sganga persistono nel non volersi schierare a favore di Lo Russo, facendo vacillare lo schema di alleanze propagandato da Letta e Conte (mentre a favore del candidato del Pd si stanno esprimendo alcuni esponenti del Movimento cinque stelle cittadino come l'ex vicesindaco Guido Montanari. Il marito della Appendino invece voterà Damilano).
Chi è Paolo Damilano, il civico schierato da Salvini e Meloni
In un'intervista al Foglio del maggio scorso, Damilano si era descritto come un "liberale moderato". E infatti, pur essendo il candidato sostenuto da Salvini, Meloni e Berlusconi, è più un civico che altro. Imprenditore vinicolo, delle acque minerali (sua l'etichetta Valmora) e della ristorazione, ha lanciato la campagna elettorale prima di tutti con la lista personale "Torino Bellissima". Conosciuto in città anche per essere stato nominato dalla Appendino presidente della Film Commission del Piemonte, è stato sostenuto in primis dal segretario della Lega, Damilano ha poi trovato il suo riferimento nel ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti.
Dopo il risultato un po' sotto le aspettative del primo turno (alcuni sondaggi, tempo addietro, lo davano persino in testa), è partito il redde rationem all'interno della coalizione. Augusta Montaruli, referente meloniana in città, ad esempio, lo ha criticato perché sarebbe "poco di destra". Lui ha risposto che la sua lista ha preso più voti di tutto il resto della coalizione. Insomma, non proprio il ritratto dell'unità.
Con chi sta, quindi, il M5s?
Con nessuno. Almeno, non ufficialmente. Come abbiamo scritto sopra, la sindaca uscente Appendino e la candidata Sganga non hanno dato indicazioni di voto. E non le ha concesse neppure Giuseppe Conte, che invece a Roma ha deciso di esplicitare il suo voto per Roberto Gualtieri.
Chi è in vantaggio?
Secondo la normativa in vigore, è vietata la diffusione di nuovi sondaggi tra il primo e il secondo turno. Per cui i dati principali da prendere in considerazione sono i risultati di due settimane fa. Dall'analisi del voto è emerso che Damilano è riuscito a insinuarsi in zone della città che erano considerate una roccaforte del Pd come il centro storico e la Collina. Mentre Lo Russo ha riconquistato il voto di Mirafiori sud (che nel 2016 andò in massa alla Appendino) e della gran parte dei quartieri semi residenziali e periferici localizzati a ovest e sud-ovest (come Santa Rita, Cenisia e Pozzo Strada). Una variabile importante è rappresentata dall'affluenza, che 14 giorni fa è stata del 48 per cento. Il dato peggiore di sempre.