Cortocircuito sovranista
A Trieste Salvini difende chi commette il reato di blocco stradale che lui ha introdotto
Il leader della Lega lamenta l’uso dei metodi duri contro i lavoratori portuali e i manifestanti No Vax, ma quando era ministro dell’Interno ha promosso restrizioni legislative per le manifestazioni e inasprimento delle pene per i partecipanti
Li difende, ma dipendesse da lui andrebbero probabilmente arrestati. Come di consueto, è la rete ad accogliere l’ennesima contraddizione sovranista. Ieri mattina, a poche ore di distanza dallo sgombero avvenuto a Trieste Matteo Salvini, dal suo profilo Twitter, esprimeva solidarietà ai lavoratori portuali, in sciopero da giorni contro l’entrata in vigore del green pass obbligatorio, e non mancava occasione di attaccare la ministra Luciana Lamorgese.
Da tempo, sotto il tiro del leader della Lega è finita la ministra dell’Interno. In questo caso, la titolare del Viminale sarebbe colpevole di aver lasciato mano libera a Forza nuova e di aver sgomberato a con brutalità di idranti e lacrimogeni i pacifici lavoratori e cittadini di Trieste.
Eppure la propaganda di Salvini dimentica (o vuol far dimenticare) che lui stesso, poco meno di tre anni fa, durante il governo Conte I sostenuto dalla maggioranza gialloverde, è stato titolare del Viminale nonché, soprattutto, principale promotore dei cosiddetti decreti sicurezza.
Al di là degli aspetti riguardanti una regolamentazione più severa del fenomeno dei flussi migratori in arrivo verso il nostro paese, in entrambi è contenuta una legislazione più severa anche per quanto riguarda l’ordine pubblico. Nel primo di questi, approvato dal Consiglio dei ministri in data 24 settembre 2018, veniva reintrodotto il reato di blocco stradale, abrogato dal decreto legislativo n. 507/1999.
Una circolare del ministero specifica in quali fattispecie si possa procedere alla contestazione dell’illecito.
In conferenza stampa, alla presenza del presidente del Consiglio Giuseppe Conte, Salvini illustrava il contenuto del provvedimento e rivendicava le sue scelte: “In quarantadue articoli penso ci siano parecchi passi avanti in materia di sicurezza”, dichiarava.
Ancora, nel secondo decreto sicurezza, licenziato con parere favorevole dal Cdm in data 11 giugno 2019, il ministero dell’Interno varava una decisa stretta sulle manifestazioni sportive, applicabile per estensione anche alle manifestazioni pubbliche di protesta.
Dalla prefettura del capoluogo friulano spiegano al Foglio che "nei confronti dei promotori della protesta" si procederà per "istigazione a delinquere, interruzione di pubblico servizio e manifestazione non autorizzata". Resta, però, il punto politico della faccenda: a chi bisogna credere? Al Salvini che da ministro dell’Interno in una fase politica inaspriva le pene contro chiunque manifestasse o al Salvini che in questa lamenta i metodi duri usati da altri? E a quale Lega prestare ascolto? A quella di governo o a quella di lotta, che non accenna a voler risolvere le proprie contraddizioni nemmeno in seguito a una sonora batosta elettorale?