Matteo Salvini, Giorgia Meloni e gli altri leader della coalizione di centrodestra (LaPresse)

Tra voti e sondaggi

Così le ambiguità su Draghi hanno condannato il centrodestra. Parla Masia

Ruggiero Montenegro

"Lega, Fratelli d'Italia e Forza Italia sono sostanzialmente su tre posizioni diverse rispetto al governo. L'astensionismo ha penalizzato la coalizione".  E le vicende di Morisi, Fanpage, e l'assalto alla Cgil hanno pesato più delle strizzate d'occhio a No vax e No pass. Intervista all'amministratore delegato dell'istituto Emg Different

Il responso delle urne non ha lasciato spazio a troppe interpretazioni: vince il centrosinistra, ma soprattutto si registra la débacle, netta, del centrodestra. Sconfitto per 5-0 nelle grandi città e vincente sul filo di lana solo a Trieste. Un risultato che nell'analisi di Fabrizio Masia, amministratore della società di ricerca e sondaggi Emg Different, si deve a un mix di fattori, che hanno intrecciato la politica nazionale, quella locale e le dinamiche interne allo stesso centrodestra, fino ad esplodere nelle urne: “I principali partiti sono sostanzialmente su tre posizioni diverse rispetto al governo. Fratelli d'Italia è all'opposizione, la Lega sostiene Draghi ma con alcune posizioni che tendono ad andare oltre il confine della maggioranza. E poi Forza Italia che è una forza draghiana convinta”. Con il risultato che l'elettore risulta disorientato, e non solo: “Un secondo tema ha a che fare con la difficoltà di trovare candidature di alto livello e soprattutto presentabili con ampio anticipo rispetto alle necessità della campagna elettorale locale”, spiega Masia, confermando le tante critiche che già nei giorni prima delle elezioni erano arrivate ai leader del centrodestra, anche dall'interno.

 

Infine, c'è un terzo punto, che “ha un legame con la mediaticità di alcune vicende: il caso Morisi, FanPage e Fratelli d'Italia a Milano, insieme ad altri episodi (come l'assalto alla Cgil) riconducibili alla destra estrema. Tutto questo ha allontanato l'elettorato moderato, fino a penalizzare fortemente il centrodestra”. Senza contare le strizzate d'occhio, gli equilibrismi di Salvini e Meloni verso No vax e No green pass. Anche questo ha avuto un peso? “Fino a un certo punto. Secondo le indicazioni che abbiamo avuto da sondaggi e focus group, le attenzioni delle cittadinanza erano rivolte ad altri temi, tipicamente locali”. Piuttosto, dice ancora il sondaggista, abbiamo assistito a un cambio di paradigma rispetto al periodo della pandemia: “C'è l'idea che si stia uscendo dal momento di grande crisi sanitaria, c'è una ripresa poderosa dell'economia Se la 'cura Draghi' sembra avere dei benefici sulla popolazione, è chiaro che poi chi va a votare ne tenga conto. E diventa difficile per i partiti avere un posizione alternativa”.

 

Resta però il dato sull'astensione, ha votato in media appena il 44 per cento degli italiani, l'ennesima testimonianza dello scollamento dalla politica. Una dinamica che ha ragioni “storiche” - il dato è in costante calo, da anni, ad ogni tornata - ma anche fisiologiche: “Più alto è il livello della democrazia, per così dire, più alta è la partecipazione. Forse perché il cittadino può pensare che il sindaco non sia così decisivo sulle grandi questioni, come l'occupazione, la sanità, o l'ambientalismo”. Temi che appunto sono nelle mani dell'esecutivo nazionale più che nel governo locale. Quel che è certo però, conclude Masia, è che “l'astensionismo ha sfavorito il centrodestra, c'è una parte moderata che è di solito più propensa a votare alle politiche che questa volta non ha votato. Inoltre, dall'epoca berlusconiana in poi, tutti coloro che non si dichiaravano né di destra né di sinistra tendevano a votare a destra, poi hanno avuto un passaggio verso il movimento 5 stelle, il voto post ideologico. Oggi molti di loro non si recati alle urne, ma sarebbero tornati probabilmente nel bacino di centrodestra”.

 

Sull'altro fronte invece è apparsa netta l'affermazione del Pd e del centrosinistra largo, fino al Movimento 5 stelle. Relegato tuttavia ruolo di comprimario: “Se guardiamo, per esempio a Bologna o Napoli, dove l'alleanza è stata strutturale, possiamo dire realisticamente, che tanto Manfredi quanto Lepore, avrebbero vinto anche senza il M5s. Numeri alla mano, i grillini non sono stati determinanti”, sottolinea Masia che invita comunque alla massima cautela: “Questo voto non va letto immediatamente in chiave politica, storicamente il M5s a livello amministrativo non ha mai conseguito risultati straordinari. E poi l'elettorato è talmente fluido, che sarei molto cauto nel dare giudizi definitivi”. Un messaggio anche per Letta, che dopo i pentastellati punta Calenda? “Per il particolare momento storico – conclude il sondaggista - Parlerei più di idee, di contenuti e di visioni per il futuro. E' molto difficile parlare di alleanze oggi, perché queste dipendono anche dai sistemi elettorali. E tutto può cambiare. Siamo sicuri che nel 2023 si voti ancora col Rosatellum?".