la roncisvalle di draghi

Il duello tra i partiti sulla legge di Bilancio finisce in pareggio

Carmelo Caruso

In Cdm va in scena la battaglia sulla manovra. La Lega difende Quota 100 e si "riserva politicamente" sulla possibile riforma. Il M5s fa muro sul reddito e rivendica il successo. L'unico partito che può sorridere è il Pd. Lo scontro è solo rimandato

Si sono dati colpi di “reddito” e di “quota 100”, ma come se li davano i paladini per incantare il loro pubblico. E hanno aggiunto la frase affondo “sulle pensioni ci riserviamo politicamente”, pronunciata da Giancarlo Giorgetti, che corrispondeva però a un piccolo stocco, a uno spadino.

 

Il centrodestra si riparava infatti dietro la montagna “8 miliardi” che il ministro della pace, Daniele Franco, vuole destinare al “taglio della tasse”. Stefano Patuanelli provava a strapparne quasi nove per il Rdc ma negoziando la tregua, “accettiamo i correttivi”. Ieri, i partiti hanno messo in scena il loro ciclo carolingio. Hanno combattuto di mattina durante la cabina di regia e hanno proseguito nel pomeriggio quando è stato convocato il Cdm per discutere del Documento programmatico di bilancio che è il preambolo di ogni manovra, la sinossi di ogni grande romanzo economico. Come è che vengono chiamate queste “insormontabili” rivendicazioni? In politica si chiamano bandiere.

 

A cosa si riducono queste bandiere se a mancare è il vento? Il vento è in questo caso il principio di realtà, il respiro di governo. La Lega voleva quota 100. Di pomeriggio diventava la riforma 102 e 104, perché il vento di governo è che “Quota 100 è una misura che va in scadenza. Se ne deve ragionare”. Di sera, le pensioni, uscivano dal racconto ufficiale della giornata, dal quaderno del Cdm. Il M5s di Giuseppe Conte pretendeva che il santuario del sussidio non venisse violato. Il vento di governo è che “servirà una forma di sussidio regolamentato, modificato, per gestire la difficile transizione ecologica che ci aspetta”.

 

Era insomma una Roncisvalle ma di cifre che devono ancora essere precisate. Di mattina si parlava giustamente di “una dinamica fra partiti” che era tutta da conoscere. Si sperimentavano sin da subito, sul campo, alleanze. Forza Italia, capitanata dalla coppia Gelmini-Brunetta, ha fatto prove di federazione con Iv e la Lega di governo per quanto riguarda le modifiche su Rdc e cuneo fiscale.

 

Il Pd, che aveva già vinto la sua crociata alle amministrative, stava con Draghi a prescindere. Era il partito del sorriso. Il suo ministro Andrea Orlando ha incassato la riforma degli ammortizzatori che è come la fatica, la prova dell’eroe. Perché la giornata di ieri sembrava quindi una Chanson, una canzone di colpi un po’ veri e un po’ finti? Perché dopo due ore di Cdm si scopriva che il Dpb veniva votato all’unanimità perfino dalla Lega che introduceva tra le sue munizioni, dopo l’astensione, questo “sulle pensioni ci riserviamo politicamente” che è però la pistola che non fuma, l’“iniziamo a trattare” di Giorgetti che di sera garantiva: “Escludo il ritorno della Fornero”. Domani sarà già lontano. In America.

 

Era insomma un assaggio di contesa. Dario Franceschini, ad esempio, anche lui, ha fatto la sua battaglia sul bonus facciate che al momento non è entrato. Ieri, i ministri, si sono più che altro misurati, esercitati. La legge di Bilancio si definirà nel dettaglio nei prossimi giorni. Sarà allora che si stabilirà, e davvero, come “utilizzare i margini”. Significa che è ancora il tempo dello scenario e che c’è ancora una settimana prima dell’approvazione. Finiva in pratica tutto in questo modo. Con la promessa che nulla era ancora cominciato.

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio