(foto Ansa)

nella capitale

Atac non riesce a vendere gli immobili. Così il concordato della Raggi traballa

Fernando Magliaro

Alla società del trasporto pubblico romano mancano 21 milioni dalla vendita del patrimonio. Una grana non da poco per il nuovo sindaco Gualtieri

Ad Atac mancano almeno 21 milioni di euro dalla vendita degli immobili. E, quindi, tenere in piedi il concordato preventivo della Raggi è sempre più difficile. Più di altre, ci sono due eredità avvelenate che la giunta Raggi lascia a Roberto Gualtieri: una, quella dei rifiuti, in condivisione con Nicola Zingaretti, è strutturale e richiederà tempo e coraggio per essere affrontata. L’altra, Atac, è frutto di decisioni politiche assunte da 5Stelle e rischia di essere un macigno gigantesco: il concordato preventivo scricchiola e gli indicatori economici sono tutt’altro che incoraggianti. A partire dalla questione della vendita degli immobili per cui non solo i beni non si vendono, ma si vendono così male che i prezzi a base d’asta scendono, causando un buco gigantesco nell’equilibrio economico del concordato.

L’ultimo giro d’asta, il quarto in programma per fine novembre, riporta una nuova diminuzione nel prezzo: rispetto alla valutazione iniziale di inizio concordato, si sono già persi poco meno di 21 milioni di euro, un 23% in meno rispetto alle previsioni iniziali. Soldi che ad Atac servono per pagare i creditori e che qualcuno, cioè il Comune, dovrà in qualche modo mettere. Oppure, se salterà il concordato, Atac andrà dritta al fallimento. 

Venduti solo 5 immobili su 15

Parte della storia nasce all’epoca di Alemanno sindaco: il Campidoglio decide che una serie di beni - ex depositi, uffici, sottostazioni elettriche, terreni - non sono strumentali all’attività di Atac. Quando arriva la Raggi e si decide per il concordato preventivo, questi beni vengono messi in vendita per coprire i debiti aziendali. Sono 15 beni ma la loro appetibilità è bassa: molti sono vincolati e l’Amministrazione grillina decide di non variare nulla, cubature o destinazione d’uso. Tuttavia, nonostante queste difficoltà, l’ottimistica previsione è di incassare 91 milioni e 995mila euro.  Poi arriva la realtà: giunti alla quarta asta, dei 15 beni, ne sono stati venduti solo 5. Due dei quali comprati per ragioni “politico-elettorali” da Comune e Regione.  L’unico bene ad essere venduto nella prima asta del maggio 2020 è stata la sottostazione elettrica di Viale Etiopia al Quartiere Africano.  Nella seconda asta, maggio 2021, viene venduta al ribasso un’area di parcheggio dietro Piramide.

 

Terza asta: Amazon e la corsa a tamponare

Arriviamo all’asta dell’estate scorsa, il terzo tentativo. Arriva un’offerta per l’ex deposito di piazza Ragusa. È una società privata specializzata nel reperimento di grandi immobili per stoccaggio merci. Si diffonde la notizia, poi risultata falsa, che dietro ci sia Amazon. E parte la corsa a tamponare la falla con la Raggi che, all’ultimo momento, porta una variazione al bilancio di previsione, approvata grazie ai buoni uffici delle opposizioni, e il Comune la compra in rilancio. È l’unico bene acquistato a un prezzo superiore alla base d’asta. Il secondo ad essere comprato nell’estate elettorale è la sottostazione elettrica di Lucio Sestio, occupata dalla Casa delle Donne “Lucha y Siesta”. Qui a tirare fuori i soldi è la Regione Lazio che, almeno, riesce a rilevare il bene pagandolo 1 milione 457mila euro invece dei 2 milioni e 600mila della base d’asta originale, con un ribasso del 44%.  Ultima ad essere venduta, nell’estate delle aste elettorali, è l’area di via Cardinal De Luca, presa con un ribasso del 40% a 4,6 milioni di euro invece dei 7,7 della base d’asta iniziale.

 

Ancora 10 immobili da vendere. Ma i prezzi calano

Ne rimangono ancora dieci da vendere. Dal sito della Yard Real Estate - la società che si occupa della vendita del blocco dei 15 beni - arrivano notizie preoccupanti: nuovi cali dei prezzi. La rimessa di Acilia andrà all’asta con un prezzo di 1,1 milioni di euro invece di quello originario di 1,5, con un calo del 20%. Stessa percentuale di calo anche per la rimessa Bainsizza al quartiere delle Vittorie che potrà essere comprata per poco più di 13 milioni invece dei 16,4 inizialmente previsti. Rispetto alle previsioni del concordato, scendono anche i valori della rimessa San Paolo (-20%), delle sottostazioni San Paolo, San Giovanni e Nomentana (anche qui -20%). Il calo è ancor più marcato per le due aree al Centro Carni e a Garbatella e per gli uffici della Tuscolana di Roma Metropolitane e per un appartamento in via Tuscolana: per questi 4 beni il calo è del 32%.

 

Meno di 20 milioni incassati

A oggi, a fronte di un incasso totale stimato, come detto, in 91 milioni 995 mila euro, nelle casse di Atac sono entrati solo 19,8 milioni di euro scarsi, cioè il 22% degli introiti previsti. E per i beni ancora in vendita, la svalutazione necessaria ad attrarre investitori disposti a spendere segna già un -23% con quasi 21 milioni di euro di “buco” rispetto alle previsioni.  Non a caso, nello stesso bilancio 2020, Atac scrive che, rispetto alle stime su cui si basa il concordato preventivo, mancano i soldi delle vendite dei beni immobili, 46 milioni da biglietti e 120 bus. Con una chiusura laconica: “L’evoluzione del quadro economico e una prospettiva di ripresa degli spostamenti ancora incerti stanno orientando la Società a una riprogrammazione dei tempi previsti nel piano per l’adempimento dell’obbligazione del pagamento dei creditori chirografari”. Tradotto: già col bilancio 2020 Atac si prepara a chiedere di posticipare i pagamenti.

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