l'appello

Togliete Twitter a Enrico Letta

Salvatore Merlo

Sul social il segretario del Pd ha già approvato il ddl Zan, abolito le licenze per possedere armi private e sciolto Forza nuova. Nella realtà, invece, non è ancora successo nulla di tutto ciò

Il 28 giugno aveva praticamente dichiarato guerra ai nemici del ddl Zan. Aveva assediato Sagunto. Senza mezzi termini. Sicuro. Fermo. Saldo. L’uomo irrevocabile. “Sia chiaro”, scriveva su Twitter. “Noi non ci fermeremo”. Bum-bum. Nel frattempo, com’è noto, sono passati circa quattro mesi, oggi siamo al 22 ottobre, e il ddl Zan... boh. Non è ancora successo niente, fuori da Twitter. Cose che capitano. La speranza è l’ultima a morire.

 

Poi però il 21 luglio, dopo che un assessore leghista aveva sparato a un povero senzatetto a Voghera, eccolo di nuovo. Sempre lui. Sempre Enrico Letta. Sempre su Twitter. Col cellulare in mano tipo Matteo Salvini, ma senza ghigno e senza Nutella (ché la felpa invece se l’è messa pure lui, non con la ruspa ma con il logo di OpenArms). E insomma scriveva Letta: “Una cosa dobbiamo e possiamo farla #StopArmiPrivate”. Ecco. Dai. Basta con le pistole. “In giro con le armi solo poliziotti e carabinieri”. Praticamente il 21 luglio il segretario del Pd aveva abolito il porto d’armi per decreto social e schierato così il suo partito nel Campo Marzio digitale: riforma del porto d’armi a colpi di cuoricini. Evvai. Conseguenze parlamentari, politiche, culturali, insomma conseguenze di qualsiasi tipo? Nessuna. Niente. Nada. Zero. Ma tipo 800 like.

 

 

E così, zampettando e cinguettando, tra annunci e proclami, si arriva al 9 ottobre, quando sempre su Twitter, applaudito da mezzo Pd (social), ma in piene elezioni (reali), Letta s’è impegnato a sciogliere quell’orrore neofascista di Forza nuova. “E’ l’ora di #sciogliereForzaNuova”. Laconico. Duro. Decisionista. Ma poi? E poi niente. E chi lo sa?

 

 

Tuttavia ieri Letta lo ha voluto ripetere, in caso ce lo fossimo scordati: “Non vi è alcun passo indietro sulla nostra richiesta di #scioglimento di #ForzaNuova. Lo dico con la massima chiarezza possibile rispetto a fantasiose interpretazioni che leggo in giro. #sciogliereforzanuova”. E se lo twitta lui... 

 


Insomma fino a qualche mese fa conoscevamo un solo modello davvero abbagliante di twittite acuta, quello del leader della Lega. Preso dalla foga recitativa, fedele discepolo di quel detto di Kraus secondo il quale la politica è effetto di scena, Matteo Salvini era l’unico capace di superare i Cinque stelle nella sublime arte della sparata iperuranica. Himalayana. Quelli abolivano la povertà, lui dimezzava i clandestini (che invece aumentavano). Annunci, botti e petardi. I social, di qua. La realtà, di là. Il teatro come specchio della vita. Ma ecco che improvvisamente Enrico Letta, tornato a Roma dalla Francia dove insegnava all’università, dismessa l’aria mite e riflessiva di un tempo, sembra intenzionato a scippare lui quel primato. Salvini ha il ghigno, Letta l’arcobaleno. L’uno è polvere da sparo e l’altro borotalco, ma il passo è lo stesso.

 

Perché mai organizzare, stimolare i gruppi parlamentari, trovare firmatari per disegni di legge, costruire alleanze (anche con gli avversari) e trattenere gli annunci bellicosi, quando invece si può fare una sparata in quaranta caratteri? Bella secca. Tiè: #StopArmiPrivate. Tutto il resto richiede preparazione, tempo, fatica. Mentre la vita scorre molto più lieve nella prefigurazione minuziosa non del domani, bensì dei quindici minuti che ti attendono fra un annuncio social e l’altro. Una volta c’era l’associazione Arel. Ora c’è Twitter.

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.