Il premier Mario Draghi al Consiglio Europeo (LaPresse)

Verso il Cdm

Troppe assunzioni e progetti vecchi: la mannaia di Draghi sul Pnrr

Valerio Valentini

Martedì arriva in Consiglio dei ministri il decreto per semplificare le norme legate al Recovery. Le riunioni di Garofoli a Palazzo Chigi diventano tese. E le richieste dei ministeri non piacciono al premier

Lui, interrogato sul tema, ha ostentato una calma da sfinge: “Non c’è nessun problema coi miei ministri e sul Pnrr non siamo in ritardo”, ha rassicurato Mario Draghi ieri sera, da Bruxelles, al termine del Consiglio europeo. E però chi ha partecipato, martedì e mercoledì scorso, alle riunioni che i tecnici del premier hanno avuto coi gabinetti dei vari dicasteri, racconta in effetti di un clima più teso tra i membri dell’esecutivo. Non ancora di preoccupazione, forse, “ma certamente di sollecitudine”, dicono. E insomma nel tono fermo di Carlo Deodato, nei gesti risoluti di Roberto Garofoli, molti dei funzionari ministeriali, convocati in vertici bilaterali a Palazzo Chigi, hanno percepito il senso della gravità del momento. Perché martedì in Cdm arriva un nuovo decreto di semplificazioni: ma il lavoro che è servito, e che ancora servirà, per renderlo efficace a evitare ritardi sul Pnrr, si è rivelato più caotico del previsto.

 

Le grandi manovre erano partite il 23 settembre scorso: quando il sottosegretario alla Presidenza Garofoli aveva imposto ai ministri di “far pervenire al più presto”, al Dipartimento affari giuridici di Palazzo Chigi (Dagl) e al Mef, “ulteriori proposte di norme attuative abilitanti ritenute necessarie per proseguire nell’attuazione del Pnrr”. E qualcuno, tra i presenti, allora aveva pure storto il naso: “Un nuovo semplificazioni?”. È in effetti il terzo, di fatto, da quando è iniziata la partita del Recovery. E non è un mistero che, dalle parti del ministero della Cultura di Dario Franceschini, e non solo lì, ci sia chi vede in ogni provvedimento volto a snellire la burocrazia qualcosa di appena meno che un attentato alle proprie prerogative di controllo. Senza contare che poi, dopo la creazione del centro di monitoraggio affidato a Garofoli, e l’istituzione della segreteria tecnica sul Pnrr guidata da Chiara Goretti, il tutto col coordinamento della governance in capo al Mef, sono parecchi i ministri che lamentano una sorta di esautoramento.

 

E però, se avevano un’opportunità per ribadire le proprie ragioni, alcuni dicasteri l’hanno sfruttata male. E così, dopo aver sostanzialmente ignorato la richiesta di Palazzo Chigi – al punto che dal Dagl hanno dovuto scrivere per sollecitare una risposta, della serie: “Siete proprio sicuri che non avete bisogno di modificare alcune norme?” – molti hanno provato ad approfittarne per ottenere quel che, a norma di Pnrr, è più difficile ottenere: e cioè nuove assunzioni. Non che non ci siano buone motivazioni, per richiederle. Perché Mara Carfagna, per riportare la struttura commissariale per la bonifica di Bagnoli nelle mani del sindaco Manfredi, ritiene ad esempio doveroso fornire al nuovo sindaco una squadra di 10 esperti, e lo stesso vale per  gli uffici che gestiscono i progetti delle Zone economiche speciali (Zes) nelle aree disagiate del sud.

E così Patuanelli: che al Dagl, martedì scorso, ha fatto pervenire quattro richieste appena sulla semplificazione dei pagamenti per i contributi del Pnrr, ma ha anche spiegato che sui piani di agrovoltaico il ministero avrebbe un gran bisogno di ingegneri qualificati, perché affidarli agli agronomi non è il caso. Tutto comprensibile, ecco. Se non fosse che però quelle assunzioni, tutte necessariamente a tempo, dovrebbero avvenire sulla base di un decreto che già c’è, e cioè il dl “Reclutamento” varato da Renato Brunetta. Dei rinforzi potranno esserci, certo, ma la Commissione europea è stata chiara nel ribadire che vanno giustificati in virtù di esigenze specifiche legate ai progetti del Pnrr, e dunque bisogna andarci cauti se non si vuole rischiare di vedersi  poi negati i finanziamenti.

 

E qui si arriva all’altro corno del problema. Perché, nell’ansia generale, e come presi da una sorta di horror vacui, alcuni ministeri si sono rivolti alle partecipate di riferimento. “Potreste darci qualche vostro vecchio progetto rimasto nel cassetto?”.  Una pratica, questa, seguita soprattutto dal Mise di Giorgetti, che ha fatto molto affidamento su Cdp e Invitalia per ingrossare il dossier della sua lista dei sogni. E lo stesso vale per la Difesa con Leonardo, e per il Mims col gruppo delle Ferrovie. Una collaborazione che in altri tempi sarebbe perfino virtuosa, forse, e che però in questo caso ha il difetto di produrre una lunga serie di progetti che non sempre sono conformi ai parametri assai stringenti del Pnrr, che peraltro impone di concludere i lavori entro il 2026.

E tutto questo serve a preparare il Cdm di martedì. Che, tuttavia, non sarà che la fine dell’inizio, nel senso che, sperabilmente, con l’ennesimo provvedimento legislativo che mira a depurare il pantano della burocrazia normativa, poi si dovrebbe partire davvero coi progetti. Enrico Giovannini, per dire, ha un bel chiedere la deroga ai piani regolatori locali per accelerare sull’apertura dei cantieri, ma poi dovrà spiegare a Palazzo Chigi come mai sui progetti di fattibilità sul primo tronco della Salerno-Reggio Calabria, roba da 1,7 miliardi, si è già in ritardo sulla tabella di marcia. E chissà che non abbia ragione allora Roberto Cingolani, quando ripete che ormai “il problema è attuarla, la semplificazione”, ché quella che c’è basterebbe già per dare il via libera ai circa 40 progetti di fotovoltaico che il Mite sarebbe pronto a installare, se non fosse per la consueta opposizione delle soprintendenze.
Valerio Valentini

  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.