L'INTERVISTA
“Non torniamo ai caminetti. Sul Quirinale Conte ascolti i parlamentari”. Parla Battelli (M5s)
“Gentiloni? Non può essere un pranzo a impallinarlo. Ma sarebbe bello avere una donna al Colle. Il Movimento si ripensi: niente fuga all’opposizione”. Intervista al deputato grillino
“Non è tanto, dice, una questioni di nomi. “Il problema è soprattutto di metodo”, spiega Sergio Battelli. Si riferisce, il deputato del M5s, presidente della commissione Affari europei, alle ultime indiscrezioni sul Quirinale. “Non che voglia dar troppo credito a dichiarazioni e indiscrezioni riportate nei retroscena dei giornali, per di più a quasi tre mesi dalla scadenza reale”. E però? “E però di fronte a un appuntamento così decisivo com’è quello dell’elezione del prossimo presidente della Repubblica, il partito di maggioranza relativo in Parlamento non può pensare di risolvere il confronto interno tornando alla logica del caminetto”.
Ce l’ha insomma col pranzo romano che ha visto Enrico Letta e Giuseppe Conte discutere, a tu per tu davanti a un paio di carbonara, delle strategie da adottare in vista della suprema sfida per il Colle. La bocciatura preventiva di Paolo Gentiloni, quella che il presidente del M5s avrebbe opposto all’eventuale candidatura del commissario europeo prospettata dal segretario del Pd, non convince Battelli. “Ripeto che non è una questione di nomi, per quanto va detto che quello di Gentiloni non è un nome che possa essere liquidato con leggerezza, per la sua storia e il suo prestigio in Europa. Ma qui il punto è un altro: da dove sarebbe maturata questa scelta di schierarsi contro questa ipotesi?”. Conte dice di aver ascoltato i gruppi: lascia intendere che è proprio per questo che sarebbe scettico su Gentiloni, perché i parlamentari grillini non lo vorrebbero. “Francamente, nessuno dei colleghi deputati e senatori con cui mi sono sentito in queste ore, e non sono pochi, mi ha rivelato di essere stato non dico consultato, ma quanto meno informato di questa scelta”.
E il sospetto che prende consistenza, allora, è quello della vendetta: Gentiloni non andrebbe bene perché ritenuto tra i supposti congiurati del supposto conticidio? “Ma no, non voglio crederlo. E non lo dice solo pensando a Gentiloni. Voglio sperare che il M5s non faccia l’errore drammatico commesso in passato da altri partiti, quello cioè di utilizzare il voto per il Quirinale come un regolamento di conti o una caccia alle streghe. Anzi, spero semmai che noi, come principale forza parlamentare, sappiamo essere propositivi. Io, ad esempio, sarei davvero felice se si individuasse un profilo femminile. Una donna al Quirinale, nell’anno di grazia del 2022, sarebbe un gran bel segnale”. Non starà mica pensando a Marta Cartabia, ministra della Giustizia che ha rottamato Bonafede? “Non è, lo ripeto, il momento di giocare al totonomi. Ho solo espresso un auspicio. E spero che anche su questo, finalmente, ci sia un reale dibattito interno”.
Cosa che non vede sugli altri grandi temi? “Se penso alle scadenze più incombenti, sono un po’ preoccupato. Sulla legge di Bilancio, ad esempio, finora è mancato un reale confronto coi gruppi. Mi aspetto però che quando il disegno di legge della manovra arriverà in Parlamento per la prima lettura, avremmo saputo individuare almeno un paio di nuove istanze da far valere. Perché va bene la difesa del Reddito di cittadinanza e del Superbonus, ovviamente, ma non possiamo identificarci solo con la difesa di conquiste già ottenute. C’è bisogno di trovare nuove battaglie, di farci riconoscere non solo per ciò che già siamo bene o male conosciuti”.
Vaste programme. “Non c’è dubbio. Ma il nuovo corso inaugurato da Conte non può che essere ambizioso. La definizione della nuova segreteria non può certo risolversi solo nell’assegnazione di cinque nuovi incarichi, ma deve essere il primo passo verso la ricerca di una nuova prospettiva. Penso alle questioni energetiche, su cui siamo chiamati a offrire al ministro Cingolani proposte che siano da pungolo e da sprone, non attacchi sui social; e penso all’Europa, su cui dobbiamo dismettere ogni ambiguità e accreditarci come i più convinti sostenitori del processo di integrazione che porti agli Stati Uniti d’Europa. Lo dico anche perché certe analisi della sconfitta dopo le amministrative non mi sono piaciute granché”.
In verità l’analisi della sconfitta, da parte di Conte, è stata assai facile: ha vinto l’astensionismo. “Appunto. Si è detto che molte di quelle persone che non hanno votato erano nostri elettori disillusi, e credo sia vero. Ma non vorrei che questo significasse voler tornare a strizzare l’occhio al populismo e a cavalcare i temi che solleticano le paure facili delle persone. La battaglia contro la Casta l’abbiamo fatta anni fa, quando aveva senso farla. Ora, dopo aver fatto tre governi con tre coalizioni diverse, davvero pensiamo di essere credibili se ci atteggiamo a movimento che parla alla pancia del paese? Dovremmo anzi allontanarci una volta per tutte dall’immagine del vecchio M5s urlatore”. Veramente Paola Taverna, che di quel Movimento è uno degli emblemi, è la numero due del partito. “Lo statuto assegnava a Conte la facoltà di scegliere la sua squadra, dunque non discuto. Ora tutti siamo chiamati a dare il meglio in un momento così delicato per il paese”.
Il tutto per dire, quindi, che chi coltivasse velleità di opposizione sarebbe un illuso? “Mario Draghi sta portando avanti un lavoro difficilissimo, in parte completando riforme e progetti avviati proprio dal nostro Conte. Sarebbe una follia, oggi, sottrarci alle nostre responsabilità per inseguire la bolla del consenso facile. Che, come abbiamo visto, è una bolla che presto o tardi esplode per tutti”.