il caso

Ddl Zan, ora nel Pd è caccia ai franchi tiratori. Renzi: "Dem stupidi e arroganti"

Il leader di Italia viva commenta la strategia del Pd: “E' finita così perché la politica è una cosa seria”

Valerio Valentini

Il voto segreto in Senato diventa un'esercitazione per l'elezione del capo dello stato. Al Nazareno si cercano traditori: c'è già una lista di sospettati

Ai colleghi che martedì sera la interpellavano preoccupati per il prevedibile precipitare degli eventi, Simona Malpezzi rispondeva serafica: “Italia viva mi ha garantito che i numeri ci sono”. In verità le riunioni che dovevano portare alla mediazione non erano andate come la capogruppo del Pd al Senato sperava, e s’erano risolte in brevi monologhi di Alessandro Zan, investito dal segretario del Pd di trovare una convergenza sul suo famigerato ddl, che la faceva facile: “Dal mio testo non ci muoviamo se prima la Lega non ritira la tagliola”.

 

Un atteggiamento non proprio costruttivo, se anche Federico D’Incà, ministro per i Rapporti con il Parlamento, aggiornato sui malumori che s’andavano diffondendo anche nella sua truppa grillina, implorava i senatori dem di ripensarci: “Guardate che è un azzardo troppo grosso, prendiamoci un’altra settimana”. E invece il file Excel che Malpezzi è andata aggiornando fino a un minuto prima del voto, dava un responso sicuro: “Dovremmo essere due voti sopra”. E’ finita poi come si sa: con 154 voti a favore del blocco del ddl, e 131 contrari. “E’ finita così perché la politica è una cosa seria”, scriverà Matteo Renzi ai suoi senatori pochi minuti dopo l’esito del voto segreto. “Hanno tentato di darci la colpa e sono andati sotto di 23 voti. Mi spiace per le sensibilità ferite da questo voto così stupidamente voluto dall’arroganza del Pd”. Si duole, Renzi, ma sa che il messaggio è arrivato chiaro, al Nazareno. Perché in fondo, se ci si astrae dal merito del voto e si prova a decifrare gli umori di chi tiene i numeri del pallottoliere, ieri in Aula si è svolta una prova generale della sfida per il Quirinale


“A noi conveniva intestarci una mediazione, non finire additati come colpevoli di un delitto”, spiega Ivan Scalfarotto, per dimostrare che le accuse di tradimento a Iv sono infondate, “ma è evidente che l’insipienza generale ci ha dato una centralità che neppure noi pensavamo di avere, nel gioco dell’urna”. E del resto lo stesso Luigi Zanda, decano del Pd che lì dentro ne ha viste più di chiunque, continuava a mugugnare: “Abbiamo commesso errori da matita blu”. Dando consistenza insomma alle recriminazioni dei renziani che insistevano nel dire che “Matteo ve l’aveva detto che Calderoli ci avrebbe messo tutti nel sacco”. E così è andata. 


Il resto, poi, è pura speculazione, è una rivendicazione di superiorità morale da parte del Pd che vale solo, forse, a motivare i fan sui social. Il resto è una caccia alle streghe in cui finisce dentro chiunque. E allora ecco che nel Pd sono almeno una decina i sospettati (da Marcucci a Taricco, da Collina a Manca, passando per quella Valeria Fedeli che è la più lesta, un secondo dopo l’affossamento del ddl Zan, a chiedere le dimissioni dei colleghi Malpezzi e Franco Mirabelli), al punto che i dem finiscono sbertucciati perfino dal M5s: “Ci siamo fidati di loro, ed ecco come siamo finiti”, dirà la grillina Alessandra Maiorino. E così si arriva a tarda sera con un senatore dem che sospira la sua certezza indicibile: “E’ tutta una manovra di Letta per uccidere il ddl Zan e fare pace col Vaticano”. Ohibò. 


Quel che è certo è che se c’era un accidente da scansare, per evitare che Renzi potesse rivendicare una volta di più di essere stato facile profeta, per evitare che l’ex premier esercitasse il suo potere di ricatto in vista della corsa al Colle, quell’accidente s’è materializzato ieri nell’Aula del Senato. E infatti quella vecchia volpe di Paolo Romani, che con Renzi parla spesso e che nella palude centrista che potrà essere ago della bilancia a gennaio dopo il terzo scrutinio si muove con agilità, se la rideva sotto i baffi: “Solo chi non conosce gli umori veri del Parlamento si lancia in votazioni così spericolate. E quando la pancia prevale sul cervello, chi mantiene nervi saldi vince facile”. Parla del ddl Zan, ma pensava al Quirinale.

  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.