l'applauso a palazzo madama

I diritti sono materia delicata e i progressisti devono ancora imparare a maneggiarla

Giuliano Ferrara

La standing ovation del centrodestra al Senato per l'affossamento del ddl Zan è stata percepita come un'offesa dai sostenitori del provvedimento. Ma nel condurre la battaglia sul disegno di legge sarebbe servita meno ideologia e più efficacia politica

Non si può negare che l’applauso scrosciante del centrodestra all’annuncio della bocciatura del disegno di legge Zan sia stato percepito come un’offesa dall’altra parte politica, e che in effetti ci fosse qualcosa che appariva meschino e greve in quella caciara vittoriosa. Eppure si trattava della legittima soddisfazione per una giocata politica efficace e per il merito di un risultato raggiunto. Niente di più o di diverso. Il disegno di legge era notoriamente a rischio, il suo contenuto era discusso e controverso (non soltanto a destra) per molte ragioni non certo grevi e meschine, i fautori della difesa dall’omofobia e dalla transfobia come diritto avevano rifiutato di negoziare in Parlamento su aspetti complicati riguardanti la libertà di espressione e l’istruzione scolastica, e dunque gli altri vincono e applaudono fragorosamente. 

 

Eppure un pezzo d’Italia si è sentito profondamente offeso da quella reazione, intesa come una presa a calci delle rette intenzioni della legge Zan e del suo imperativo categorico: non fare del male a chi è diverso da te, difendilo dall’odio. E’ il segreto sostanziale delle battaglie sui diritti, che molti considerano a torto solo il prolungamento o l’estensione di altre battaglie sulle conquiste sociali (il lavoro, la salute, la pensione, il salario). Ma non è così. Quando si parla di diritti civili si parla di criteri universali applicati a minoranze di individui, si sta nel campo dell’etica e del contrasto irriducibile tra bene e male, invece quando si parla di diritti per così dire sociali si intendono interessi di gruppo o di classe, si investono problemi basilari di sicurezza e garanzia della vita economica in cui sono in gioco criteri di interesse, con i relativi conflitti, e tutt’al più di giustizia sociale, di riequilibrio, di redistribuzione. L’offesa e il suo sentimento acuto da parte degli sconfitti deriva proprio da questo, nel caso Zan: ha perso il bene, vince il male, vince la desolidarizzazione incivile, vince la strafottenza e l’indifferenza a drammi e sofferenze umani. 

 

Ora è vero che la destra aveva appena dato un esempio tipico della sua estraneità psicologica al tema dei diritti con la famosa gag del suo candidato sindaco a Roma, il Michetti, che alla domanda anche seriosa, se vogliamo, sulla trama dei diritti nella città aveva risposto, con la faccia allegra e senza minimamente sospettare il comico equivoco: ma che mi venite a parlare di diritti, Roma è una città accogliente, pensate che una ventina di turisti di Barcellona sono venuti a complimentarsi con me perché sono stati qui una settimana e non hanno mai dovuto pagare i mezzi di trasporto. I diritti per molti nella destra sono equivalenti al viaggiare a sbafo sul bus, sono un espediente, anche benvenuto, per fregare la collettività. Da simile tribuna non poteva che venire un atteggiamento caciarone dopo la bocciatura di una legge per dissuadere i bulli dall’accanimento contro i gay e i trans, questo hanno pensato le anime belle di sinistra. 

 

Ma come ha ben detto ieri qui John Podesta a Daniele Raineri, se le destre hanno imparato anche troppo bene a parlare la lingua del preteso interesse popolare in materia di tasse, immigrazione e sicurezza, vincendo o minacciando di vincere elezioni e battaglie all’arma bianca contro i progressisti, questi ultimi devono imparare a loro volta la lezione.

 

Gli afroamericani hanno diritto, concetto forte universale ed egualitario, a non essere trattati dalla polizia nelle strade peggio (molto peggio) dei bianchi e dei ricchi, ma se Biden avesse abbracciato la proposta di depotenziare la polizia, durante i moti di protesta in seguito all’assassinio di George Floyd, avrebbe perso contro Trump la presidenza, e i candidati democratici che hanno scelto quella strada sono stati in molti casi sonoramente sconfitti, riducendo notevolmente la maggioranza che detengono alla Camera dei rappresentanti. Come qui per il caso Zan, la sinistra progressista, se non vuole essere coinvolta nello spirito maligno del politicamente corretto, deve imparare a parlare di diritti e a esercitare la battaglia per i diritti in modo non ideologico, senza spaventare la gente comune che in prima battuta desidera sicurezza e benessere economico, poi può apprezzare l’estensione dei diritti o ciò che per diritto si intende nel mainstream, come dimostrano molti casi fra cui le schiaccianti maggioranze favorevoli al matrimonio uguale e all’aborto e all’eutanasia. Comunque la si pensi nel merito di questi problemi, intorno a quell’applauso frastornante, e al senso di offesa che ha provocato, si gioca la partita decisiva della lucidità, della trasparenza e dell’efficacia politica. Sui diritti, come sul resto, si deve negoziare e trovare un punto medio, più nello spirito dell’Illuminismo inglese che in quello rivoluzionario dello spirito francese. Anche i diritti, come il resto, sono materia delicata, non sono oggetti infrangibili.  

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.