ANSA / Mimmo Trovato  

corsi e ricorsi

Conte come Salvini, in trincea per nostalgia di Palazzo Chigi

Marianna Rizzini

Draghi costretto a sedare l'ex presidente del Consiglio come fa con il leader leghista. Intanto i ministri del movimento 5 stelle non vedono battaglie, ma normali scambi di idee

Ti telefono o no, diceva la canzone, e Giuseppe Conte, ex premier, ha scelto di telefonare al premier, Mario Draghi. Lo ha fatto l’altroieri, poco prima del Consiglio dei ministri in cui è andata in scena l’accesa discussione sul Reddito di cittadinanza, e lo ha fatto per perorare la causa di un Reddito di cittadinanza non eccessivamente emendato, ammorbidendo in compenso la linea su superbonus e cashback. Ci stava, Conte, insomma, ma anche no. Poi è arrivata la sempre contiana e combattiva nota in cui si esplicitava: “Oggi in Consiglio dei Ministri il M5S ha difeso misure per la crescita e conquiste sociali portate in dote al Paese in questi anni. Non è questo il governo politico dei nostri sogni, ma siamo rimasti in trincea per difendere quanto costruito in questi anni per famiglie, lavoratori e imprese”.

Trincea? Strano, riportavano gli osservatori che, parlando con i ministri m5s, registravano al massimo una serie di chiarimenti. Ed ecco che all’improvviso è stato in qualche modo déjà vu, con Conte al posto di Matteo Salvini e con i ministri a Cinque stelle al posto di quelli leghisti, e con Mario Draghi, suo malgrado, nel ruolo del dottore, di colui che si trova di fronte ora uno ora l’altro paziente da ascoltare, calmare, portare se possibile a più miti consigli. E quasi quasi ci si aspetta che Conte voglia arrivare a ottenere i colloqui (sedute?) settimanali che Salvini ha ottenuto, come se l’uno e l’altro, memori delle rispettive esperienze governative, insieme o separati, sentissero forte il tema del nostos, dove al posto di Itaca c’è Palazzo Chigi. E insomma par di vedere il Salvini di qualche tempo fa, quello che voleva far capire che soltanto grazie a uno strenuo combattimento (suo) si era ottenuto di non cedere quello che la Lega non voleva cedere, e alla fine il ministro dello Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti, che aveva dovuto far fronte al tutto dall’interno, si era lasciato andare a un sospiro: “Se Salvini è contento, io sono contento, se Draghi è contento, io sono contento, se Salvini e Draghi sono contenti, io sono felice”.

E ora Conte si trova nella posizione di dover da un lato accontentare i contiani (vedi Riccardo Fraccaro) che sulla manovra hanno molto da ridire, e non soltanto sul reddito di cittadinanza, e dall’altro di non far scoppiare la tensione tra questi ultimi e i ministri m5s draghiani (vedi Stefano Patuanelli). In mezzo c’è l’eloquio guerresco della suddetta nota: “Solo grazie alla nostra insistenza, il Superbonus 110 per cento – misura ideata dal M5S – viene prorogato. Abbiamo abbattuto un altro muro, ottenendo una prima estensione della proroga alle abitazioni monofamiliari. Dobbiamo però allargare la platea delle famiglie e stiamo già lavorando per un ulteriore innalzamento del limite Isee che ci è stato originariamente proposto. Vedremo se il M5S in Parlamento resterà solo sulla difesa di uno strumento, il Superbonus, che vale 12 miliardi di Pil e 150mila posti di lavoro l’anno. Cosa faranno la destra e i partiti affini? Remeranno contro Pil, crescita e posti di lavoro? Remeranno contro gli italiani che vogliono ristrutturare casa? Li aspettiamo al varco”.

E ancora: “Oggi il M5s ha difeso misure per la crescita”; o “sul Reddito di cittadinanza abbiamo fatto quello che avevamo detto: lo abbiamo rifinanziato e migliorato…ci spiace constatare (ma se pensiamo alle tradizionali strizzate d’occhio di alcuni partiti all’evasione) che non tutti tengono, come il M5S, a un vero piano anti-evasione…Ma questa è una battaglia che il M5S porterà avanti con forza e determinazione”. E però dal lato governativo del M5s non trapelava, giovedì sera, la fatica della guerra, bensì una normale stanchezza di fine giornata. Fatto sta che Draghi deve procedere dritto con i due pazienti Conte e Salvini ai fianchi, anche se con Conte non si è giunti alla situazione vissuta a inizio ottobre con la Lega, con lo strappo salviniano sulla riforma del fisco, e i ministri leghisti che disertavano il cdm (fosse stato per loro e non per il leader, chissà). E mentre Conte, giovedì sera, avvalorava la tesi del “siamo rimasti in trincea”, fonti vicine al ministro degli Esteri Luigi Di Maio riportavano una versione diversa, come se gli occhi contiani che avevano visto una battaglia non fossero gli stessi occhi dimaiani che avevano visto, più che un fronte con un Conte condottiero, un normale scambio di idee. 
 

  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.