Renzi e l'arte di mescolare verità e menzogna
I sospetti della politica sono incubi di chi li subisce per via della capacità di manovra degli interlocutori
Matteo Renzi fa di tutto per essere detestato, ma all’origine della sua disgrazia nell’opinione comune di maggioranza sta il fattore A come abilità: Renzi è abile. Un uomo politico abile è qualcuno che non ha paura dei disvalori, e questo è pericoloso in un mondo che spreca ogni minuto il concetto di valore, affettando idealismo celeste, angelismo, a fronte della crudezza e del carattere terragno di ogni realismo. Renzi ha sollecitato molto consenso e poi quel consenso si è come volatilizzato. Ma anche nelle democrazie elettorali il metro di misura dell’abilità politica non è necessariamente il solo consenso bensì la capacità di usare nei tempi giusti e nelle forme possibili la forza di cui si dispone quale essa sia. Specie quando si viva in una condizione di minoranza, in un perimetro culturale definito da riformismo e liberalismo.
Bettino Craxi fu odiato fino al parossismo, molto più di quanto non capiti a Renzi e da molto prima che le inchieste della magistratura milanese facessero di lui la preda inseguita per ogni dove all’insegna della caccia al ladro. Il suo referendum Craxi lo vinse, al contrario di Renzi che lo perse, ma non gli riuscì mai di schiodare i grandi partiti della sua epoca dalla loro rocciosa base elettorale. I due hanno governato più o meno lo stesso numero di giorni, hanno sollevato speranze autentiche di rinnovamento e polveroni, si sono imposti con le loro manovre a una stampa recalcitrante e fondamentalmente ostile, hanno avuto contro il ceto medio cosiddetto riflessivo, gli intellettuali e quella stessa opinione popolare che in certi momenti aveva investito sulla loro leadership per poi mollarli. Niente da fare, sono stati parabole importanti della nostra storia politica, ma il declino di popolarità di entrambi era insito nella scaturigine della parabola come nella sua inclinazione presto declinante, pur essendo per origini e carattere personale per certi aspetti agli antipodi, l’uno un socialista del Novecento l’altro un democristiano 2.0 del nuovo secolo.
Sopra ogni altra cosa conta la faccenda dell’abilità. Ora accusano Renzi di voler promuovere un accordo per Berlusconi al Quirinale e di aver fatto strame di una legge che è diventata bandiera dei diritti civili allo scopo di perseguire il risultato. Ma chi lo sa. Spesso le apparenze e i sospetti della politica sono incubi di chi li subisce per via della capacità di manovra degli interlocutori, alleati o avversari non importa. Renzi fece una carriera precoce come amministratore, strappando con idee e programmi il consenso della sua base fiorentina, in rottura con gli apparati politici consolidati. Poi si è preso il Pd e il governo, dove altri aveva fallito o brancolava nel grigiore. Ha alzato subito la posta e si è giocato poi tutto in uno slancio plebiscitario, scoprendosi le spalle nella rottura con Berlusconi proprio sul Quirinale. Ma è risorto con spregiudicatezza, prima fottendo Salvini e consentendo la formazione del governo BisConte, poi consumando il BisConte e intestandosi con altrettanta spregiudicatezza l’operazione Mario Draghi, che è tante cose compreso il ritorno di Salvini al governo.
Ora si comporta da elder statesman, alla Blair, compie escursioni provocatorie e pericolose nell’arena internazionale, si sbaciucchia con fior di psicopatici che però sono al potere nell’Arabia Saudita, rende onore ai quattrini e al business dell’exeità politica, non rinuncia a dare addosso all’establishment della sinistra per la sua “insipienza” e flirta con la destra quando lo ritiene opportuno. Della propria reputazione etica se ne infischia, preferisce incidere sulla realtà, se e quando può, muovendosi a tempo con modi giudicati intollerabili dal mainstream di sinistra. Pretende di avere le idee migliori, l’esperienza di governo migliore, e sequestra per sé il criterio dell’efficacia. Non credo che lo spaventi l’accusa di connivenza con il nemico, lo spaventerebbe la nomea di notabile senza segreti, senza progetti, senza risvolti nell’azione. Abile in quel mestiere è chi sa mescolare verità e menzogna, e pur essendo nella coda della sua carriera, Renzi è uno che in materia ci sa fare.