il retroscena
La Lega strattona Forza Italia, che però non ci sta. La zuffa a destra sui referendum
Il salviniano Iezzi tenta un blitz a Montecitorio per far abortire la consultazione sulla cannabis. Ma farlo significherebbe smentire l'esecutivo Draghi. Il Carroccio chiede una prova di fedeltà all'alleato azzurro: ma i ministri del Cav. si fanno sentire. Alla fine si decide di non decidere: "Asteniamoci". Ma si rinnova la spaccatura tra centrodestra di lotta e centrodestra di governo
Che si tratti tecnicamente di "una porcata", come la definisce Marco Cappato, è difficile da sostenere. Che però quella della Lega sia una pretesa quantomeno bislacca, pare lo creda anche Deborah Bergamini la sottosegretaria forzista ai rapporti col Parlamento. Perché la richiesta che i deputati del Carroccio hanno rivolto ai loro colleghi di Forza Italia consisterebbe in questo: "Votare contro qualcosa che i nostri tre ministri hanno già approvato in Cdm". Per questo gli esponenti azzurri in Commissione affari costituzionali, che è l'epicentro di questa strana baruffa tutta interna alla coalizione di Salvini, Berlusconi e Meloni, sarebbero orientati a respingere con fermezza la proposta dei leghisti. Se non fosse che a evitare la rottura formale tra il centrodestra di governo e quello di lotta è intervenuto il neo eletto capogruppo di FI, quel Paolo Barelli che è considerato uomo di buone relazioni col Carroccio, e che dunque si è speso per scongiurare lo strappo. "Colleghi, asteniamoci!". Ecco il dispaccio diramato. Che è poi un non decidere che dice molto dello stato di smarrimento di una Forza Italia combattuta tra le ambizioni di draghismo e le pulsioni di filosovranismo.
La storia è complessa, ma in sostanza riassumibile in poche righe. Il 30 settembre scorso il governo di Mario Draghi approva un decreto che consente anche a chi ha presentato dopo il primo luglio un quesito referendario di raccogliere le firme fino al 31 ottobre. Tutti d'accordo, tranne i tre ministri del Carroccio che in Cdm si astengono. Contestano vizi di forma, cavilli fumosi. Ma la manovra è tutta politica. E oggi il capogruppo leghista nella commissione Affari costituzionali di Montecitorio, quell'Igor Iezzi che è soldato fedelissimo di Matteo Salvini, ne svela il senso. Perché, in sede di analisi del decreto, presenta un emendamento volto a sopprimere quel passaggio. Se si eliminasse quella proroga dei termini, di fatto si abortirebbe il referendum sull'abolizione della cannabis. E così Salvini otterrebbe due risultati: anzitutto ergersi ancora una volta a sacro tutore della lotta alla droga, e in secondo luogo evitare che quando si parli di referendum di qui ai prossimi mesi, nessuno possa fare confusione. Perché in primavera sarà convocata con ogni probabilità la consultazione popolare sui sei quesiti della giustizia promossi da Lega e Radicali. La possibilità che su questo appuntamento si allunghi l'ombra scomoda della cannabis, per il leader della cannabis sarebbe un ingombro non da poco.
E dunque, ecco l'iniziativa alla Camera. Che però, per essere vincente, avrebbe bisogno di un vasto consenso. Insieme ai leghisti si schierano i deputati di Fratelli d'Italia: "Noi siamo da sempre contrari alla legalizzazione delle droghe, pesante o leggeri che siano", dice il meloniano Francesco Lollobrigida. E adesso tocca allora convincere i forzisti, per tentare il blitz in commissione. Solo che in Forza Italia si allarmano subito: "Ma come? Per fare un favore a Salvini smentiamo così clamorosamente i nostri ministri?". Paolo Russo, deputato azzurro coinvolto nel dossier, osserva con pacatezza: "Sarebbe obiettivamente un paradosso". Che fare? Sbugiardare Brunetta, Carfagna e Gelmini in nome della lealtà agli alleati; o confermare una linea coerente con le decisioni del governo di cui si fa parte, anche a costo di rompere l'alleanza? Alla fine, nel dubbio su come decidere, si sceglie di non decidere. Astensione, è il mandato del capogruppo Barelli. Una posizione che comunque condanna l'emendamento leghista a morte certa. "Ma noi l'emendamento lo ripresenteremo in Aula", dice allora Iezzi, vedendo la malaparata. E dunque anche in Aula si riproporrà lo stesso dilemma, e forse la stessa spaccatura.