Il caso
Toti sotto scorta. Così le minacce no vax sono diventate le nuove intimidazioni mafiose
La scorta al presidente della Liguria è solo l'ultima di una serie. Se la lotta alla pandemia equivale alla lotta alla mafia e al terrorismo
Il presidente della Liguria Giovanni Toti è solo l'ultimo della lista in ordine cronologico. Prima ci sono stati il ministro della Salute Roberto Speranza, l'epidemiologo Matteo Bassetti, il responsabile del dipartimento prevenzione del ministero della Salute Gianni Rezza. Tutti accomunati dall'avere in dote una scorta personale che li protegga dal peggior spauracchio del tempo: le minacce di morte dei No vax. C'era un tempo in cui si riceveva una particolare forma di protezione da parte del ministero dell'Interno perché finiti al centro, in virtù del proprio ruolo istituzionale, del mirino della criminalità organizzata. Condanne a morte esplicite o cifrate, lasciate precipitare da un carcere di massima sicurezza (il caso tipico degli inquirenti antimafia di ogni lena, non serve fare nomi). O nella stagione del terrorismo, dell'eversione degli anni 70. Prevenendo gambizzazioni, omicidi a sfondo politico. Pagine antiche del passato di questo paese. Perché adesso, invece, in questa stagione intra e postpandemica, le intimidazioni sono degli anti vaccinisti, di chi si oppone all'inoculazione sul braccio e al conseguente rilascio del certificato verde, mascherandole da nuova resistenza democratica. Al punto da spingersi, nelle chat Telegram, nei forum che sfuggono al controllo delle autorità, a diffondere i recapiti, l'indirizzo di residenza, delle personalità che si reputano pericolose. E che quindi vanno colpite in quanto simboli del marcio e del male assoluto della società.
Nel marzo di quest'anno, in piena notte, venne incendiato il portone dell'Istituto superiore di Sanità, su Viale Regina Margherita, a Roma. E sebbene mai troppa chiarezza sia stata fatta a riguardo (le indagini vanno avanti), il sospetto è che un qualche ruolo ce l'abbia avuto il fatto che dall'Iss è partita la gran parte delle direttive che hanno riguardato la gestione dell'emergenza sanitaria. Che questo sia successo sulla base di un processo di legittimazione scientifica, a chi aveva voglia di arrecare danno non è importato nulla. Si voleva colpire un simbolo dell'intersezione tra la politica e la scienza. Ma poi si è andati pure oltre, a bersagliare i singoli, le loro storie personali.
A giugno l'epidemiologo Matteo Bassetti (ex idolo della Lega, che lo ha mollato non appena s'è dimostrato tra i più convinti sostenitori di una vaccinazione di massa) venne inseguito sotto la sua abitazione a Genova da un convinto No vax che minacciò di morte lui e la sua famiglia. Subito, prevenendo una qualsiasi escalation violenta, gli hanno dato la scorta. Come, per l'appunto, il già citato casa di Gianni Rezza.
Ma le intimidazioni, al netto delle scorte, sono tantissime: da Roberto Burioni al virologo Fabrizio Pregliasco, quasi tutti coloro che in questi 18 mesi si sono fatti conoscere in virtù di una sempre maggiore presenza televisiva hanno catturato le rimostranze esacerbate del popolo complottista e antiscientista. (Un altro esempio simbolico: vi ricordate le esecrabili accuse rivolte alla prima operatrice che si fece vaccinare allo Spallanzani d Roma, a gennaio? Ecco, questo è stato il tenore del dibattito).
Tra qualche decennio, guardando a ritroso a questi anni, c'è chi dovrà incaricarsi di tenere testimonianza di un fenomeno che forse i contemporanei neppure capiscono fino in fondo. C'è stata una pandemia in cui a essere diventati bersaglio erano medici, esponenti politici e delle istituzioni impegnati a eradicare un virus che solo in Italia ha fatto più di 100mila morti. Sembra uno scherzo ma è la realtà.