ipotesi quarta ondata

Ora il Covid è un'altra variante nella corsa al Colle. Draghi: "Non ho ancora deciso"

Simone Canettieri

Il picco è previsto quando si voterà il capo dello stato a Camere riunite. Il premier: "Nessun rallentamento nell'azione di governo". Ma Speranza è preoccupato

Il ritorno del rito della conferenza stampa (del commissario Figliuolo e del ministro Speranza). Gli allarmi dei governatori: Luca Zaia parla del rischio che la sua regione, il Veneto, cambi di colore. L’indice Rt risale per la prima volta sopra l’1. Le terapie intensive (sotto controllo) sono di nuovo sotto i riflettori. Si parla di quarta ondata. “I casi sono in forte aumento”, secondo l’Istituto superiore di sanità. Segnali poco incoraggianti dalla Germania. Un’escalation di contagi che fa paura proveniente dall’est Europa. Così il Covid torna a bussare di nuovo. Certo, rispetto al recente passato ci sono i vaccini (l’83,3 per cento della popolazione ha completato il ciclo). E si viaggia verso la terza dose. Il picco è previsto tra gennaio e febbraio. Periodo cruciale per governo e Quirinale. “L’onorevole Covid” rischia di essere una variante non banale per la politica italiana. 


Roberto Speranza, ma questo è il suo ruolo, è “preoccupato” da una possibile quarta ondata, complici le feste natalizie. E ritiene “verosimile” che fra due mesi, se i contagi dovessero continuare a crescere, si possa ritornare alle zone: gialle, arancioni e rosse. Lo stato di emergenza, ormai è sicuro, sarà prorogato al 2022. Nessuno prevede scenari catastrofici come quelli già vissuti, grazie ai vaccini. Ma il fattore Covid continua a essere una  variante da non sottovalutare per la politica (finora ha fatto e disfatto governi, ha creato maggioranze larghe e impreviste, ha cambiato la traiettoria, almeno in parte, della Lega). E qui entra in campo Mario Draghi, chiamato al governo con due missioni: pandemia e Pnrr. Il premier si dice infastidito per le voci che girano a Palazzo Chigi e che da lì rimbalzano fuori. Indiscrezioni secondo cui l’azione di governo avrebbe perso la spinta propulsiva. Con il presidente del Consiglio più attento ai capricci dei partiti, gli stessi che dovrebbero portarlo al Quirinale, che alle esigenze di imprimere velocità all’esecutivo. La mediazione al ribasso sul decreto concorrenza è stata una spia. “Se pensassi al Colle non avrei nemmeno presentato il Concorrenza”, ragiona il premier con i suoi collaboratori, attenti a riportargli gli umori del Palazzo. L’ex banchiere centrale non ci sta a passare come uno seduto, che tira a campare in attesa di ben altre sistemazioni. Ecco perché davanti a ricostruzioni simili a Palazzo Chigi gli sentono dire parole di questo tipo: “Il governo non rallenta: attuazione vuole dire accelerazione”.


Ma sullo sfondo rimane il dibattito su cosa farà Draghi: rimarrà a Palazzo Chigi fino al 2023 oppure diventerà il successore di Sergio Mattarella? E chi prenderà il suo posto? E il Parlamento, così ingovernabile, sarà davvero affidabile? Attenzione, finora il premier davanti alle domande sul futuro ha sempre svicolato, spiegando che per il rispetto del capo dello stato non intende alimentare queste voci e che l’orizzonte di questo governo è nelle mani delle Camere. Ieri, invece, a chi ha avuto modo di confrontarsi con lui ha risposto con una frase inedita. E molto importante: “Non ho deciso ancora cosa fare”. Sembrerebbe una banale constatazione, per la prima volta il capo del governo ha ammesso una cosa importante: c’è una partita che lo riguarda fra tre mesi, solo appunto che non ha scelto come muoversi (almeno così ha lasciato intendere a chi, tra i collaboratori, gli faceva la solita domanda). Un piccolo, ma significativo, passo in avanti. Pensieri e parole che non trovano ancora un approdo certo nel caos della politica italiana. Dove potrebbe far capolino il ritorno dell’”onorevole Covid” a complicare gli scenari.

Di più su questi argomenti:
  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.