L'analisi

Il caso Lodi e il "nuovo corso" di Conte che sul giustizialismo sa molto d'antico

Valerio Valentini

"Rivendicare la nostra campagna contro il sindaco Uggetti? Nulla per cui indignarsi", dice il capogruppo del M5s in commissione Giustizia. Il Pd insorge, Di Maio sbuffa e Conte tentenna. Così il grillismo dimostra di non riuscire a fare i conti fino in fondo col manettarismo. Citofonare Paola Taverna

Certe volte la differente percezione degli eventi segnala la distanza culturale. E così succede che mentre un pezzo di stato maggiore del Pd insorge, il capogruppo del M5s in commissione Giustizia alla Camera ostenti il suo stupore: “Ma perché se la prendono così?”. Eugenio Saitta ci risponde quando il fattaccio, nell’Aula di Montecitorio, s’è consumato da poco. “Ma a me quell’intervento non è parso nulla per cui indignarsi”, ci dice. Dovrebbe però dirlo anche a Simona Malpezzi, capogruppo del Pd al Senato, che quelle stesse parole liquidate da Saitta  con un’alzata di spalle le definisce invece “sconcertanti, lontane anni luce dallo stato di diritto”.

Caso sindaco di Lodi, M5s e Pd litigano ancora

Che è successo? Che in un’Aula semi deserta della Camera, mentre si discute di giustizia, la deputata renziana Silvia Fregolent, col tono di chi vuole mettere in guardia dai cortocircuiti politico-giudiziari, fa un riferimento alla vicenda di Simone Uggetti, il sindaco di Lodi massacrato dalla gogna mediatica grillina prima di essere uscito assolto dal processo che lo vedeva imputato.  A quel punto Vittorio Ferraresi, ex sottosegretario a Via Arenula, fedele scudiero di Alfonso Bonafede, sente il dovere di precisare che “l’ex sindaco di Lodi aveva commesso delle attività che politicamente contrastavano con i principi di trasparenza e di onore con cui si devono portare avanti le funzioni pubbliche”. Un distillato di grillismo d’antan.

E infatti anche Saitta ribadisce ciò che per lui è ovvio: “Distinguere tra responsabilità giuridiche e responsabilità politiche, essendo intransigenti sulle seconde, resta un caposaldo del M5s”. Se non  che il caso citato, quello di Uggetti, è stato lo stesso che indusse nel maggio scorso Luigi Di Maio al suo mea culpa, con una lettera al Foglio in cui chiedeva scusa per gli “attacchi profondamente sbagliati e condotti con modalità grottesche e disdicevoli” da parte del suo partito. Che è poi ciò che Stefano Ceccanti, deputato dem, ricorda al collega del M5s, mentre alla Farnesina trattengono a stento il proprio stupore per questa uscita imprevista.

Che del resto non deve piacere granché neppure a Enrico Letta, se oltre a Malpezzi – lombarda e vicina politicamente al ministro Lorenzo Guerini, che proprio a Lodi è nato e cresciuto – interviene anche Anna Rossomando, responsabile del Nazareno per la giustizia, a stigmatizzare le parole di Ferraresi. Il quale, essendo interprete solitamente fedele del pensiero di Bonafede,  dimostra che il “nuovo corso” di Giuseppe Conte sulla giustizia sa molto d’antico. E del resto come sua vice, l’ex premier si è scelto quella Paola Taverna che nel 2016 twittava così, su Uggetti: “Din don! Comunicazione di servizio: l’arrestato Pd di oggi è il sindaco di Lodi. A quanti siamo arrivati?”. Si sono attese a lungo le scuse della vicepresidente del M5s, per quelle dichiarazioni. Si è anche sperato che ieri qualcuno dei cinque visconti grillini intervenisse per censurare l’intervento di Ferraresi. Ma si è citofonato invano. Din don … 

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  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.