Italia sotto esame
Processo civile e non solo. Ecco le scadenze del Pnrr che Draghi deve affrontare
La riforma della giustizia più facile finisce impantanata alla Camera. L'allarme della Cartabia: "Bisogna accelerare". Ma restano altre 22 riforme (su 51) da approvare entro dicembre, per non compromettere la seconda tranche del recovery. In ballo oltre 20 miliardi
Le ansie maggiori, manco a dirlo, è anche stavolta la giustizia a suscitarle. Non però per le consuete ostinazioni manettare del M5s. E anzi proprio questo, forse, è ciò che più di tutto sorprende la ministra Marta Cartabia. Perché paradossalmente è proprio sulla riforma del processo civile, dove mancano motivi di vero contrasto politico, che rischia d’incepparsi il Pnrr. Un inciampo da cui potrebbe dipendere buona parte dei 20 miliardi che l’Italia conta di ottenere da Bruxelles come seconda tranche del Recovery plan (dopo i 25 incassati ad agosto). E per questo la Guardasigilli è tornata a farsi sentire, coi toni discreti ma fermi della moral suasion: “Urge un’accelerazione”, ha ricordato nei giorni scorsi ai responsabili dei vari partiti di maggioranza. Del resto lei stessa, a sua volta, aveva dovuto subire le perplessità di Didier Reynders, commissario europeo alla Giustizia, liberale belga tutto d’un pezzo, che il 3 novembre scorso, in visita a Roma, ha riconosciuto che sul penale e sulle crisi d’impresa si sono fatti discreti passi avanti, rispetto all’ultimo monitoraggio di settembre. Ma che sul civile ancora non ci siamo.
Stranezze del bicameralismo paritario, che eterna il suo anacronismo. Perché il Senato ha approvato la legge di delega già il 21 settembre. Da allora, il testo giace in commissione Giustizia alla Camera: e, stando al calendario stilato, dovrebbe arrivare in Aula solo a fine novembre. Tutti sanno che il tempo per modificarlo, rendendo poi obbligatoria una terza lettura a Palazzo Madama, non c’è. Al massimo, sul nodo controverso del tribunale unico della famiglia, si potranno fare degli ordini del giorno. E però, nel frattempo, si attende.
Pnrr, all'appello mancano 22 riforme (su 51)
Cosa che in effetti l’Italia non può permettersi, come continua a ripetere, in pubblico e in privato, Paolo Gentiloni. Lo sanno anche a Palazzo Chigi. Ed è per questo che Roberto Garofoli venerdì scorso ha annunciato ai vari ministeri l’introduzione di “obiettivi settimanali, anziché mensili”, per poi rivendicare la bontà del lavoro svolto: “Nell’ultimo mese c’è stata una forte accelerazione sul raggiungimento dei target, passati dai 13 di fine settembre ai 29 attuali”. E certo non è poco. Solo che nel monitoraggio svolto il 23 settembre scorso dalla Commissione, di target, cioè di obiettivi da raggiungere entro il 2021 sull’attuazione del Pnrr, ne sono citati 51. Solo dopo averli raggiunti, comunque entro dicembre, l’Italia potrà chiedere a Bruxelles l’erogazione della nuova tranche di finanziamenti. Che arriveranno, se tutto va bene, a febbraio. Nessun paese finora ha inoltrato la richiesta: segno che la strada è complicata per tutti.
Lo è senz’altro per Roberto Cingolani, che ieri ha anche silurato il suo capo del legislativo al Mite e che si ritrova a dover completare sette progetti (dai rifiuti all’economia circolare, passando per le rinnovabili). Il Mims di Enrico Giovannini, invece, dei cinque obiettivi in programma per il 2021, deve raggiungerne ancora due, sul monitoraggio del rischio sui ponti e sul trasferimento della loro titolarità. Giancarlo Giorgetti, invece, dispensa ottimismo: “Non sussistono criticità sul raggiungimento delle milestone”, rassicura, sapendo però che sull’attuazione dei crediti d’imposta del Transizione 4.0, così come sui contratti di sviluppo, restano delle incombenze da sbrigare. Lo stesso vale per Renato Brunetta, che entro dicembre deve collocare ai rispettivi incarichi i mille esperti arruolati per la semplificazione normativa legata al Pnrr. Un piano avviato ad agosto. Per dire di quanto sia faticoso il cronoprogramma da rispettare. E siamo solo alla vigilia della prima della dieci scadenze previste.