Tra politica e siderurgia

Il caos politico a Taranto costringe il Pd a una scelta sull'Ilva

Annarita Digiorgio

Si è sciolta, con sei mesi d'anticipo, l’amministrazione guidata da Melucci, noto per le sue posizioni contrarie all'acciaieria. Le prossime mosse dei dem pugliesi saranno decisive anche su questo fronte, mentre si consuma lo scontro tra Letta e il partito locale, commissariato

Si è sciolta l’amministrazione comunale di Taranto guidata dal sindaco del Pd Rinaldo Melucci. Noto alle cronache per aver emanato un’ordinanza contingibile e urgente di spegnimento degli impianti Ilva, rigettata dal Consiglio di Stato che ha stabilito, come già prima altre corti tra cui quella Suprema, che Ilva dal 2012 rispetta la legge e i limiti ambientali. Come fu per l’ex sindaco di Roma Ignazio Marino, la maggioranza dei consiglieri comunali ha rassegnato contestualmente le dimissioni al notaio e al consiglio comunale. Molti di loro vicini a Michele Emiliano, che già tre anni fa aveva sostenuto il candidato di centrodestra contro Melucci come presidente della Provincia. Tra i dimissionari anche un consigliere regionale di maggioranza della lista “Puglia Popolare” guidata dall’ex sottosegretario al Lavoro di Forza Italia Massimo Cassano, passato alla corte del governatore pugliese da cui è stato nominato direttore dell’Arpal Puglia.

 

Il consiglio di Taranto si scioglie con sei mesi di anticipo rispetto alla naturale scadenza, prevista con le elezioni nella primavera del prossimo anno. La motivazione principale è proprio la volontà di interrompere la campagna elettorale in atto del sindaco uscente condotta dal palazzo del potere della città. Per evitare lo scioglimento meno di un mese fa il sindaco, con accanto Emiliano, aveva fatto un rimpasto di giunta e un valzer di nomine nelle partecipate aprendo a uomini di centrodestra e persino citiani (si chiamano così a Taranto i seguaci ancora numerosi dell’ex sindaco e senatore Giancarlo Cito, capo di una lega meridionale sovranista d’antan poi arrestato per associazione mafiosa). Del resto solo Emiliano poteva garantire con la sua presenza il trasversalismo dell’operazione, ufficializzando in quella occasione la ricandidatura di Melucci. E se qualcuno si fosse chiesto a che titolo il governatore nominasse il candidato sindaco di Taranto e del Pd subito gli ha risposto il segretario regionale del Pd Lacarra riconfermando Melucci senza primarie. Cosa importa se vuole chiudere Ilva contro la decisione del Pd e di tutti i governi e se risulta ultimo nella classifica di gradimento dei sindaci seguito solo da Leoluca Orlando e dalla ex Virginia Raggi.

 

Lacarra a sua volta è ricandidato segretario del Pd pugliese che Enrico Letta ha commissariato perché lo statuto regionale non rispettava quello nazionale. Il segretario nazionale ha azzerato le procedure del congresso regionale in corso, con Lacarra unico candidato voluto da Emiliano e Decaro, che pure fingono di farsi la guerra, ma in realtà sono sempre uniti su nomine e metodi. Ovviamente nessuno scontro o confronto politico alla base, ma solo accordi di potere e la formazione delle liste delle prossime politiche, che se dovessero essere rifatte da Lacarra vedrebbero come cinque anni fa Emiliano imporre nel listino bloccato Francesco Boccia e altri fedelissimi. Mentre Letta pare volesse sostituire Lacarra e quindi rompere il triumvirato con Emiliano e Decaro proprio alla luce del trasversalismo manifesto che ha portato la lista personale di Emiliano a tallonare spesso in diretta concorrenza quella del Pd. Alla luce delle nomine fatte dal decaduto Melucci, poca credibilità hanno i soliti appelli, già lanciati da Boccia “a sostenere il sindaco di Taranto contro le destre”. E infatti Emiliano ha dichiarato: “Questa è una giornata triste per Taranto, si interrompe senza alcuna motivazione confessabile il lavoro dell’amministrazione comunale per la decarbonizzazione dell’Ilva e per la chiusura dei reparti a caldo”. Mentre ci chiediamo se il Pd vuole davvero ricandidare un sindaco che come Emiliano vuole questa chiusura (contro decisione anche dell’attuale governo Draghi) riconsegnando la politica industriale ai tribunali, non possiamo non notare che proprio qualche giorno fa il Presidente della nuova Ilva pubblica Franco Bernabè (che i sindacati dicono di aver visto solo dalla Gruber) ha detto che il nuovo piano Ilva sarà prima concordato con gli enti locali. Questi sono i soggetti che dovranno decidere sul futuro della siderurgia in Italia. 
 

Di più su questi argomenti: