L'analisi
Trattori e aste sulle rinnovabili. Due grane "green" per Patuanelli e Cingolani sul Pnrr
Il paradosso delle trattative al rialzo con Bruxelles. Ora il credito d'imposta sull'agricoltura diventa un rischio per il governo. E il caos normativo sul fotovoltaico scoraggia gli imprenditori (che preferiscono la Spagna). Due dossier che preoccupano il ministero dell'Economia e Palazzo Chigi
Che contrattare sempre al rialzo non fosse una mossa furbissima, che il senso reale della sfida del Pnrr non fosse tanto farsi riconoscere il diritto a ricevere finanziamenti europei, ma stesse semmai, leopardianamente, nel rendere poi quel che si prometteva allor, dal ministero dell’economia avevano provato a spiegarlo, mentre si limava il dossier da inviare a Bruxelles. Solo che ognuno voleva il proprio titolo sul giornale, ognuno rivendicava la sua quota. Se non fosse che ora, però, ciascuna di quelle forzature, di quelle presunte furbizie, si ripresenta come increspatura, forse perfino come inciampo, nelle trattative con i funzionari di Ursula von der Leyen.
Complicazioni, queste, ben note a Stefano Patuanelli, ad esempio, che si ritrova a dover battagliare col Mef da un lato, e con l’Ue dall’altro, perfino sul motore dei trattori da finanziare tramite sgravi fiscali del suo ministero dell’Agricoltura. Il vizio qui sta alla base del Pnrr. Perché il nostro Piano destina alla transizione ecologica appena mezzo punto in più di quel 37 per cento che Bruxelles ha fissato come quota minima. E dunque in sede di negoziato, nella scorsa primavera, mentre si cercava di convincere la Commissione della bontà di ognuna delle linee di investimento, ci fu un certo entusiasmo, una certa leggerezza, nel magnificare l’impatto “green” di molte delle misure inserite nel Pnrr. E così ora bisogna dimostrare che davvero tutti i fondi europei stanziati per il credito d’imposta per i beni materiali nel dossier Transizione 4.0 servono a ridurre l’inquinamento. Anche nel settore agricolo: dove appunto, nel Pnrr, l’Italia “si prefigge l’obiettivo di una filiera agroalimentare sostenibile (...) riducendo le emissioni di gas serra”.
La negoziazione tra Italia e Ue sui trattori "green"
Ma che tipo di trattori si potranno acquistare, tramite questo credito d’imposta? “E qui iniziano a esserci problemi”, ha confessato due giorni fa Carmine Di Nuzzo, funzionario del Mef che dirige le trattative con la Commissione sul Pnrr. “Perché il ministero dell’Agricoltura ritiene che vanno considerati ‘verdi’ i trattori Euro 6”. E in effetti nel Pnrr si stima addirittura che sostituendo i mezzi Euro 1, che attualmente sono l’80 per cento del parco totale, con gli Euro 5, le emissioni calerebbero del 95 per cento. “E invece a Bruxelles”, ha proseguito Di Nuzzo, “considerano ‘green’ i trattori elettrici o a biometano”. Che però, oltre ad apparire alquanto avveniristici agli occhi dell’agricoltore medio emiliano o pugliese, hanno anche il difetto di essere terribilmente costosi. Eccola, dunque, la fatica della negoziazione.
E un paradosso analogo, sempre sul campo ecologico, lo vive anche Roberto Cingolani. Il quale sa che, tra gli impegni del Pnrr e le altre scadenze internazionali, per ridurre del 55 per cento le emissioni di CO2 entro il 2030, bisognerebbe installare 70 gigawatt di rinnovabili nei prossimi 9 anni. Sono circa 8 gigawatt all’anno: un ritmo che è quasi 10 volte superiore a quello attuale. Perciò quegli oltre 40 progetti di fotovoltaico, eolico e geotermico già approvati dal Mite, ma bloccati da vincoli paesaggistici vari, agli occhi del ministro della Transizione ecologica sono uno sfregio. E siccome anche dal superamento di questo ritardo passano i 55 miliardi che il Recovery potrebbe concederci di qui al 2026, ecco che Chiara Goretti, capo della segreteria tecnica del Pnrr a Palazzo Chigi, continua predicare l’urgenza di superare il conflitto tra Mise e Mite da un lato, e ministero della Cultura coi vari comitati del No dall’altro, attraverso una legislazione più chiara. “Un indicatore molto grave delle difficoltà di questo settore sta nel fatto che le aste del Gestore dei servizi energetici (Gse) per l’installazione di energie rinnovabili non vengono coperte”. Colpa dell’eccessiva incertezza che grava su ciascuno di questi progetti: “Non c’è una prevedibilità dell’esito delle procedure”, ha spiegato Goretti. E siccome gli imprenditori non amano l’incertezza, le ultime due aste gel Gse sono praticamente andate deserte. Cifre, pure queste, che Cingolani ha ormai mandato a memoria. “Su 2 gigawatt messi a gara, a inizio anno abbiamo ottenute proposte per 0,45”. L’ultima, a fine maggio, è stata coperta per appena il 12 per cento. Rischio di ricorsi, l’incognita sulla durata degli incentivi: “Manca la sicurezza temporale dell’investimento”, ripete Cingolani. Il tutto mentre in Spagna, nello stesso periodo si registravano partecipazione alle gare per le rinnovabili nove volte superiori ai 3 gigawatt messi a gara.