qui firenze

Inchiesta Open, Renzi scatenato: "È uno sputtanamento mediatico". E attacca il Pd: "Vigliacchi"

Simone Canettieri

Altro che "Un giorno in pretura". L'ex premier si esibisce in un'arringa show di un'ora e venti: "I pm mi trattano come Messina Denaro, parlerò a tutte le udienze". E diventa così l'avvocato del popolo della Leopolda: "Non fermeranno le nostre idee"

E' l'avvocato di se stesso. Ma anche del popolo della Leopolda. Matteo Renzi parla dell'inchiesta Open (è indagato per finanziamento illecito alla politica). E si esibisce in un'arringa show di un'ora e venti. Un giorno in pretura? Forum? Meglio. La difesa dell'ex premier supera qualsiasi format televisivo. Si citano, vostro onore, foto, video, slide, prime pagine del Fatto, battute, accuse ai giudici di aver violato la Costituzione. E' la rabbia di chi si sente braccato. Perseguitato, anche se evita di dirlo chiaramente. Ce l'ha con un pezzo di magistratura che ha "messo in piedi questo processo kafkiano". 

 

Parla di "sputtamento" a proposito della pubblicazione del suo conto corrente. Dice che 92mila pagine di inchiesta sono "soldi ed energie sottratti  alla lotta alla mafia: in Toscana la criminalità fattura 15 miliardi di euro all'anno, la Guardia di finanza si occupasse di questo". 

 

La Leopolda applaude. Lo interrompe. Lo carica. "Hanno impiegato 300 agenti per le perquisizioni. Forse si erano sbagliati Matteo: cercavano Messina Denaro per il quale sono stati impiegati la metà degli uomini".  

 

L'avv. Renzi sostiene che la fondazione Open non fosse un partito né una corrente del Pd. "Qui le bandiere non sono mai entrate, chi frequenta questo posto lo sa. Questo è sempre stato uno spazio di idee. E se vogliamo dirla tutta i miei più stretti collaboratori erano Lorenzo Guerini nel Pd e Paolo Gentiloni al governo, in qualità di ministro degli Esteri". 

 

Il dente è avvelenato anche con il Nazareno, palazzo che conosce bene. "Del Pd solo Irene Tinagli ha avuto il coraggio di solidarizzare con me, per il resto da tutti gli  altri, che conoscono la storia della Leopolda, ho notato solo un silenzio vigliacco".

 

Il Matteo furioso, che vorrebbe gettarsi tra il pubblico per farsi trasportare come una rockstar, rivendica il primato della politica sulla magistratura. E spiega: "Non può essere un magistrato a stabilire le forme della politica. Forse certi pm pensano che le correnti nei partiti funzionino come quelle di certa magistratura. La stessa che vorrebbe crearmi un cordone sanitario intorno. Se facessimo noi le cose che fanno loro ci indagherebbero per traffico di influenze". 

 

Se questo è un indizio quello di Open sarà un processo spettacolare: "Interverrò in tutte le udienze per le dichiarazioni a titolo personale: mi farò uccidere dai miei avvocati". Dentro l'inchiesta Open, la fondazione che ha organizzato tutte le Leopolde eccetto questa, c'è l'ascesa e la caduta dell'ex rottamatore. Le accuse si intersecano con il Giglio magico, il referendum del 2016, il famoso piano contro la stampa nemica e il M5s. "Anzi chiedo ai giornalisti - continua il capo di Italia Viva - che per 99 articoli su Open se ne faccia uno sulla commissione d'inchiesta parlamentare che stiamo chiedendo: vogliamo sapere come sono stati spesi i soldi durante la pandemia, tra banchi a rotelle e mascherine. Sono stato a subire fake news costanti. Orchestrate dalla bestia di Luca Morisi per la Lega e da Rocco Casalino per il M5s".

 

Dal palco della Leopolda l'ex premier attacca tutti. E' Toro scatenato. "Non accetto lezioni da Bersani, io non ho mai preso 98mila euro dai Riva di Taranto. E nemmeno da D'Alema: ha distrutto Mps come nemmeno la peste. E perché Casaleggio non ci parla del Venezuela?". La Leopolda è in visibilio. C'è chi si alza in piedi a battere le mani. Parla di "vergogna". Usa la parola "scandalo" più volte. Si oppone alla pesca a strascico di certi pm. "Chi pensa che sia un problema solo mio, adesso si alzi lasci su questo tavolo il cellulare con il pin".

 

Nel suo intervento c'è spazio anche per l'amico Marco Carrai. E per i messaggi finiti nelle carte dell'inchiesta: "Al suo cane non stavo simpatico, forse era grillino, e così andavo a casa sua e gli scrivevo di tenere il cane. Anche questi scambi per i sono penalmente rilevanti. Ma io - aggiunge Renzi che vorrebbe rottamare la giustizia per non finire rottamato - sono pronto a denunciare tutti: giudici e giornalisti. Difenderò la mia privacy. Lo faccio per i miei figli".

 

Continuerebbe a parlare, a "chiedere giustizia" fino a mezzanotte. Ma per fortuna c'è il Milan che viene a far visita alla Fiorentina questa sera. E così monta sulla sua Mini verde, con la moglie Agnese, e si dirige verso lo stadio Franchi. Intanto dalle casse i Måneskin cantano: "Sono fuori di testa, ma diverso da loro". 

 

Di più su questi argomenti:
  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.