Il racconto
"Mai più M5s in Rai", Conte ci ripensa. E Grillo lo sfotte: "Specialista di penultimatum"
Le nomine dei tg avevano mandato su tutte le furie il capo del Movimento, pronto a non mandare più il partito nelle trasmissioni del servizio pubblico. Ma era un mezzo bluff
L'insurrezione grillina contro Viale Mazzini dura cinque giorni. L'ex premier ammette: "Lo stop non è irreversibile". E Il Garante torna a parlare per pungerlo in pubblico
“Ma davvero pensavate che sarebbe durata in eterno la nostra assenza dalla Rai?”. Sala Tatarella, quinto piano della Camera. Rocco Casalino e Giuseppe Conte parlottano. Sorrisi imbarazzati. Piccolo codazzo di collaboratori intorno. Sta per iniziare un convegno sulle comunità energetiche con i ministri Stefano Patuanelli e Roberto Cingolani (che si autodefinisce ministro tecnico). La notizia che domina è questa: Conte un paio di ore fa si è rimangiato tutto sulla presenza del M5s in Rai.
La settimana scorsa, dopo le nomine dei direttori di tg, l’ex premier aveva annunciato testuale: “Il M5s non farà sentire la sua voce nei canali del servizio pubblico, ma altrove. Siamo stati esautorati”. Un autoesilio abbastanza clamoroso. Nato dalla mancata lottizzazione. Tutti i partiti avevano indicato un direttore, ma il M5s no. Piccolo bignami di come non si fanno le trattative, soprattutto se mandi al tavolo il non esperto senatore Mario Turco e ti ritrovi in casa uno come Luigi Di Maio che si diverte a giocare di sponda con Palazzo Chigi. E dunque: sciopero della fama per tutti i grillini. Tuttavia Conte oggi ha inchiodato. Retromarcia: “La decisione non è irreversibile. Occorreva chiarire il metodo e il merito”. La notizia insegue l’ex premier al convegno alla Camera. Dove si fa vivo in collegamento Beppe Grillo: “Mi fa piacere che siamo qui con la stampa: Giuseppe non riesce a dare ultimatum, è lo specialista dei penultimatum”. Giovedì scorso il cda ha ratificato le nomine Rai; martedì, oggi, c’è stata la resa del M5s. Sono state le cinque giornate di Conte.
Dunque i moti grillini d’insurrezione contro Viale Mazzini finiscono. D’altronde le reazioni all’editto contiano non erano state delle migliori. Fra i big del M5s c’è stato subito il panico: tutti gli ex ministri hanno fondamentali biografie da presentare in tv e quindi l’hanno presa malissimo.
I peones hanno agitato questa storia per contestare nel contesto. E Di Maio ha fatto in modo di essere comunque presente in tutti i tg Rai. Sicché l’ammutinamento è diventato ammuina.
Il tutto con un effetto abbastanza comico e grottesco. Anche perché il chiarimento sul “metodo e il merito” non c’è stato. Anzi, a dirla tutta, sempre ieri l’ad della Rai Carlo Fuortes, audito in commissione di Vigilanza, ha rivendicato “l’autonomia” delle nomine “all’insegna della presenza delle donne in ruoli riservati in precedenza per lo più a maschi”. Insomma, come se nulla fosse. Altro che aventino grillino e autobavaglio (Fuortes ha fatto anche un passaggio interessante sullo share “che di per sé non è una misura di qualità”, riferimento per molti agli ascolti non entusiasmanti di Cattelan e alla sfida di attrarre i giovani su nuove piattaforme).
Ma alla fine la giornata passa alla storia breve come quella dello “stavamo scherzando sulla Rai”. Con Grillo che si fa vivo, dopo mesi di silenzio, per ridicolizzare il suo successore che tale alla fine ancora non è. Con Conte costretto all’arrampicata imbarazzata sugli specchi davanti all’ennesimo affondo del Garante (lo ha definito “specialista di penultimatum”). “Beppe ha una comunicazione non ortodossa, nessun problema”. Bisogna, per chiudere, domandare un commento ai vertici della Rai alla luce del dietrofront. “Nessun commento, certe cose si commentano da sole”. O al massimo ci pensa Grillo.
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