Norme e controlli
Il super green pass, l'efficacia, lo stato di diritto. Parla Ugo De Siervo
Per il costituzionalista il certificato verde "può portare a risultati importanti perché produce il risultato di un obbligo senza esserlo", Ma il legislatore deve preoccuparsi di creare un sistema di controllo efficace, specie se una norma si rivolge alla totalità della popolazione
Sei dicembre: si avvicina la data di avvio per il super green pass e c’è chi, davanti al nuovo decreto, muove critiche che ruotano attorno al tema del “se non potete controllare, allora dovevate scriverlo in modo diverso” (e c’è anche chi vuole lo stralcio delle parti incriminate).
I sindacati ieri chiedevano chiarezza sui controlli su treni e bus “al netto di una verifica sul testo del decreto, di cui ancora non siamo in possesso, per accertare che il nuovo obbligo non riguardi anche il trasporto urbano di bus e metro”. Per Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti “bisogna evitare di esporre il personale ad aggressioni e di creare criticità allo svolgimento regolare del servizio”, mentre il governatore leghista del Veneto Luca Zaia parlava di “assestamenti e correzioni da fare” nel decreto, proprio per via dei controlli: “La strada non sarà in discesa”, diceva Zaia, “noi ci siamo già attivati su alcuni gap, ad esempio per gli studenti, perché uno studente non vaccinato può andare a scuola ma non può andare in gita scolastica o pernottare in un albergo”. Ma davvero il fatto di non poter essere certi dell’efficacia e pervasività dei controlli può giustificare la non presenza di una norma? Se si fosse pensato questo, non sarebbe mai esistita la norma che impone il casco o la cintura di sicurezza. E non si può certo attendersi un vigile o un controllore a ogni angolo di strada (siamo in uno stato di diritto, non di polizia).
Come inquadrare giuridicamente norme, obbligo e controlli? Per Ugo De Siervo, giurista e accademico, presidente della Corte costituzionale dal 10 dicembre 2010 al 29 aprile 2011, “il problema si pone a monte: quando il legislatore scrive una norma che impone degli obblighi deve farsi carico di dare efficacia alla stessa, deve cioè preoccuparsi di creare un sistema di controllo efficace. Tanto più questo è rilevante se la norma si riferisce alla totalità della popolazione, come in materia di ostacolo al Covid”. E se in zona controlli è purtroppo possibile qualche cialtroneria (ci sono ristoranti e locali dove neppure viene chiesto il green pass), “questo non significa”, dice De Siervo, “che una determinata norma non sia importante”.
C’è poi il problema del consenso. “La grandi società contemporanee devono trovare un’adesione da parte di decine di milioni di soggetti. In questo il green pass”, è l’opinione del giurista, “mi pare una soluzione intelligente. La carta verde, per così dire, dovrebbe stimolare i soggetti individuali e collettivi ad adempiere alle norme. Ed è preferibile questo, cioè un sistema che tende ad attivare la responsabilità collettiva rispetto all’obbligo vaccinale”. In passato però sono state imposte alcune vaccinazioni. “Era un obbligo legato ad alcune attività, in particolare alla frequenza scolastica”, dice De Siervo. “Ma nel caso del contrasto al Covid, con decine di milioni di persone coinvolte”, fermo restando l’interesse collettivo, “l’efficacia non può essere certo raggiunta iniettando ai riluttanti un siero contro la volontà, con una sorta di trattamento sanitario obbligatorio. In questo senso il green pass può portare a risultati importanti impedendo l’accesso a una serie di attività in luoghi pubblici e privati. Insomma, produce il risultato di un obbligo pur non essendolo”.