il rapporto si incrina?
Nella corsa al Quirinale nasce una strana concorrenza Mattarella-Draghi
Il Colle, con una nota, smentisce le interpretazioni sul bis: "Basta". C'è un tentativo di contrapporre Draghi e Mattarella. Il ruolo del Pd. La corsa al Colle si avvelena
L’hanno offeso due volte. La prima quando hanno cominciato a scrivere che praticasse la “dissimulazione” e che le sue parole andassero dunque lette al rovescio. Ieri lo hanno perfino irritato, che è qualcosa di più grave per un uomo che ha sempre fatto della parola, una sola, il suo patrimonio. Raccontano che Sergio Mattarella, come tutti i siciliani che stringono i pugni per nascondere la collera, abbia chiesto di smetterla e ordinato di spiegarlo attraverso una nota il cui senso era “sono fuori da questo gioco”. Voleva dire a tutti, e di fatto lo ha detto, che la sola idea che si nascondesse la sua figura dietro al ddl che ha presentato il senatore del Pd, Luigi Zanda, quel ddl che vieta il bis da presidente, fosse una bestemmia. Vogliono contrapporlo a Mario Draghi, farne il suo sfidante, cercare di rompere quel prezioso rapporto che si può chiamare amicizia. C’è un tentativo. E’ loro malgrado, ma è in atto. Era infatti pomeriggio e dal Quirinale si esprimeva “stupore”. L’obiettivo di Zanda e di Bressa, altro firmatario, su ispirazione di Mattarella, questa la lettura di alcuni quotidiani, sarebbe vietare il bis dopo per favorire il bis ora. Per non scegliere subito sta accadendo qualcosa di imprevisto. La confusione e la competizione.
Da Palazzo Chigi, ieri sera, nessuno commentava la nota del Quirinale. Si registrava. E certo si capiva che lo “stupore” del presidente della Repubblica avesse come fine quello di pulire l’aria, di non utilizzare la sua storia per ostacolare quella di Draghi, per fermare la sua corsa. La verità è che i partiti stanno provando ad agitare qualsiasi alibi pur di non prendere una decisione. Servirsi di Mattarella è però stato troppo. Da quanti giorni si ripete? Non c’è nulla che gli impedisce di eleggere Draghi al Quirinale. Hanno solo paura di fallire, non si fidano dei loro parlamentari, temono l’ignoto. E’ per questa ragione che tutto si carica di significati doppi. Per un pomeriggio, dopo la nota, l’attenzione si è infatti spostata sul Pd e su Zanda. Enrico Letta, che si è mosso con franchezza, ha sempre ripetuto che il Pd non ha gli ha mai chiesto di presentare quel ddl perché siamo un partito adulto e che quella di Zanda rimane un’iniziativa di una grande personalità. Cosa è successo? Che una buona intenzione, eliminare una stortura, che come si vede viene utilizzata come munizione, è stata raccontata come un’operazione da parte del Pd per trattenere Draghi a Palazzo Chigi, per costringere Mattarella a restare ancora. Dal Quirinale, ieri, offrivano quindi ripetizioni di logica.
E lo faceva chi è autorizzato a parlare: “Se il parlamento esamina un ddl per togliere il bis presidenziale, non significa che il ddl sia un incentivo a utilizzarlo. E’, al contrario, una ragione in più per non farlo”. E ancora, si aggiungeva, che tutto quello che desidera il presidente è che venga salvaguardata la sua neutralità. Quante ambiguità? Se solo si potesse parlare senza trattenersi. Il Pd garantiva che “nessuno ha mai voluto indebolire Draghi, anzi, abbiamo sempre cercato di tutelarlo” e che non candidarlo, adesso, al Colle, sia il miglior modo per non “danneggiare l’azione del suo governo”. C’è chi invece sostiene che il Pd non può adesso rimanere fermo e che questa nota lo costringerà ad agire. Ieri, Mattarella e Draghi ne uscivano forti da questo tentativo di indebolirli. Non si può dire altrettanto dei partiti. Hanno ferito chi sta per lasciare il luogo più alto, non riescono a incoronare la sola corona rimasta.