Foto Mauro Scrobogna /LaPresse

"Ora dovete pagare". Quaranta grillini morosi sono pronti a tradire Conte per il Colle

Simone Canettieri

Il tesoriere Cominardi manda una mail a tutti i parlamentari con le posizioni “fiscali” dei grillini, che insorgono e promettono sgambetti al loro leader. L’ultima puntata della telenovela pentastellata nata con gli scontrini

Giuseppe Conte ha un problema in più in vista del Colle: sono i franchi tirchioni. Cecchini ribelli e morosi. Grillini che nel segreto dell’urna gli faranno pagare quest’ultimo affronto: la richiesta delle quote non versate al partito con i relativi accantonamenti. Pena la gogna pubblica di chi non è in regola. Nel M5s in tanti non aspettavano altro. Quale miglior scusa per sentirsi liberi? D’altronde almeno i due terzi dei deputati e senatori non sarà eletto al prossimo giro. Sicché sono almeno quaranta i parlamentari che promettono l’ammutinamento nel segreto dell’urna. Pronti a votare tutti e di tutto, ma non il nome che il leader della principale forza del Parlamento proporrà (al momento l’ex premier brancola nel buio). È il dispetto supremo. Lo sgarro dei peones che vedi la sera allegri e barcollanti fra i ristoranti del centro e i bar. Vita smeralda. Che sta per finire.

 

Ancora una volta, basta seguire i soldi per capire la parabola del M5s. Il partito nato sulle restituzioni di buona parte dello stipendio e che si è accartocciato sugli scontrini da esibire continua ad agitarsi dietro la pecunia. Per dire: solo questa settimana c’è stato il via libera al due per mille, altro tabù caduto con una certo rumore. E poi la querelle con Beppe Grillo per collaborare con il sito del comico (è genovese e ha risposto: sì, certo, volete il dominio del mio sito, pagatemi). E ieri il cerchio si è chiuso. E si è ritornati a parlare di bonifici e parlamentari con il braccio corto. Motivo per il quale, nel corso degli anni, sono stati espulsi decine e decine di senatori, colpiti da marziale intransigenza stile Agenzia delle Entrate. Dal 2018 a oggi il M5s ha perso circa cento eletti, fra Camera e Senato. E i soldi, in qualche modo, c’entravano sempre.

 

L’ultima puntata è questa: il tesoriere del Movimento, Claudio Cominardi, manda una mail a tutti i parlamentari. In cui chiede le quote mensili non versate (2.500 euro al mese), gli accantonamenti “ante aprile 2021” e le pezze di appoggio  per rendicontare eventuali spese, i 300 euro che chiedeva Davide Casaleggio per Rousseau e le vecchie quote da restituire con il precedente metodo. Il tutto con un file Excell in cui spiega la situazione del singolo parlamentare. In poche parole una specie di cartella esattoriale. Il M5s in questa legislatura è l’unico partito ad aver cambiato tre tipi di trattamenti economici. Adesso ciascun eletto deve, anzi dovrebbe, versare 2.500 euro al mese fra sostegno al M5s e progetti per la collettività. In più ci sono i fondi accantonati per le attività politiche: chi li ha spesi dovrà dimostrare come. E sarà divertente. Ma questa mail genera il panico. C’è chi denuncia conti sbagliati, chi chiama il proprio commercialista, chi pensa questi soldi non li vedrete mai. Chi rilancia: “Ma allora i parlamentari europei che non versano nulla in virtù di una sentenza dell’Olaf (Ufficio europeo per la lotta antifrode, ndr)?”.

 

Nella mail di Cominardi ci sono le posizioni “fiscali” di tutti i grillini. Le chat esplodono: “Questa è violazione della mia privacy, vi denuncio”. Non si fanno riferimenti a eventuali espulsioni. Ma l’effetto è opposto: sono in quaranta che adesso promettono sgambetti. Non pagheranno e si vendicheranno, annunciano e fanno filtrare con la stampa. Se la prenderanno con Giuseppe Conte. Chi sta vicino all’ex premier spiega: “Questa è stata un’iniziativa dei gruppi, non abbiamo deciso nulla”. Sarà così? Alla Camera il capogruppo Davide Crippa, in corsa per il terzo mandato, si tira fuori. Ma il caos domina la scena. I grillini in piena approvazione della manovra non parlano d’altro. E poi soprattutto c’è il Colle. Il malcontento di chi non vuole mettere la mano al portafogli rischia, almeno stando agli annunci di queste ore, di provocare una rivolta quando scatterà il fatidico momento. Per ripagare Conte con un’altra moneta: quella dei tirarori franchi e morosi.

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.