la festa dei giovani di Fdi
Cingolani e Descalzi ad Atreju. Meloni dà la parola all'ambientalismo pragmatico
Alla festa del giovani conservatori il titolare del Mite e l'ad di Eni si confrontano sulle sfide della rivoluzione verde. Secondo il ministro bisogna trovare il giusto compromesso tra equilibrio sociale e transizione. Per il manager, la carbon tax dovrebbe essere calcolata su base nazionale
E pensare che per qualcuno, anche con qualche base, oggi sono il partito dell’irrazionale. La formazione politica che più di ogni altra – non ci sono più i grillini di un tempo – strizza l’occhio ai no vax e paranoici che, a sentire il Censis, non sono poi così pochi. Eppure girando per Atreju, la festa della giovanile di Fratelli d’Italia, quest’anno a piazza Risorgimento a Roma, l’impressione è decisamente un’altra.
Per parlare di clima non ci sono né attivisti, né complottisti, né autoproclamati esperti. Giorgia Meloni ha fortemente voluto sul palco due persone che alla transizione ecologica lavorano tutti i giorni: l’attuale ministro Roberto Cingolani e l’ad di Eni Claudio Descalzi. E a sentire i forti applausi quando Cingolani parlando di cambiamenti climatici dice: “La soluzione non potrà che venire dalla tecnologia, scienza e tecnologia mettono toppe sui problemi generati dalla generazione tecnologica precedente” si direbbe che tra i giovani e meno giovani (la platea di Atreju non è propriamente un campus universitario) di FdI i due ospiti sembrano graditi. D’altronde, lo dice l’eurodeputato e responsabile ambiente di FdI Nicola Procaccini, introducendo il confronto, l’ambientalismo “pragmatico” dei conservatori italiani “è assai più coerente e sensato di quello ideologico sbandierato dalle sinistre”. E quindi nessun ciarlatano. Di come salvare il pianeta si parla con chi, almeno in Italia, regge i fili per farlo. A intervistare il ministro e il manager è stato chiamato il direttore dell’Ansa Luigi Contu. Per il partito invece sul palco c’è il vicepresidente della Camera dei Deputati Fabio Rampelli.
Parte Cingolani. Commentando la notizia del prossimo inserimento nella tassonomia della Ue tra le fonti di energie verde di gas e nucleare, il ministro usa parole chiare: “La tassonomia dice solo quello che è proibito, dove non bisogna investire, sulle altre tecnologie elenca che livello di verde hanno. È ovvio che nucleare e gas sono tecnologie verdi: il nucleare non produce Co2, ma la Ue non ci obbliga ad usarlo, dice solo che se vogliamo possiamo usarlo”. Sono di nuovo applausi. E anche sui tempi della transizione ecologica, la platea sembra apprezzare le dichiarazioni del ministro. “Vanno calcolati molto bene – dice –: se ci mettiamo troppo non riusciamo a cogliere gli accordi di Parigi, quel famoso grado e mezzo massimo di riscaldamento nella seconda metà del secolo, ma se facciamo troppo in fretta non otteniamo un buon risultato perché significa fermare tutto e creare un disastro sociale. Si muore di entrambi”.
Con Descalzi gli animi si scaldano ancor di più. L’ad di Eni ringrazia calorosamente Giorgia Meloni per l’invito a parlare “a una platea di giovani”. Poi, dopo aver ricordato gli investimenti di Eni sulle bioraffinerie – “Siamo tra i più grandi acquirenti di olii esausti, acquistiamo gran parte di quello che McDonald produce – si fa paladino dei consumatori e della transizione dal lato industriale. “È impossibile accollarla a loro, la responsabilità me la prendo io, se la prende l’industria, siamo noi che dobbiamo dare ai consumatori prodotti puliti”. Poi l’ad di Eni parte in un attacco all’approccio ideologico alle battaglie ambientali. “La transizione – dice – si fa lavorando, non con la retorica e le ideologie. Con le parole non possiamo pensare di cambiare il mondo, finirà che le parole ci seppelliranno. Su questo tema tutti danno la propria opinione come se si trattasse di una partita di calcio, non va bene, ai giovani dico ‘non vi bevete tutto quello che vi dicono, per cambiare le cose servono investimenti e nuove competenze, non chiacchere’”. Sulla carbon tax infine Descalzi liscia le passioni sovraniste della platea, invitando alla creazione della versione “border” della tassa. “Oggi in Italia – ricorda – si pagano 86 euro per ogni tonnellata di CO2 prodotta, io dico che è giusto che la tassa ci sia, ma se un’azienda europea paga sei volte il costo dell’energia di imprese di altre parti del mondo, così si rischia di non essere più competitivi e le aziende muoiono. Devono pagarla tutti: serve una tassa per tutti quelli che importano e non pagano la carbon tax a casa loro. La Ue su questo deve battersi”.
A rompere l’idillio tra pragmatismo ambientale e Fratelli d’Italia ci pensa Rampelli. Il deputato di FdI dice di condividere le opinioni di Cingolani su nucleare modulare e investimenti per quello a fusione, ma sulla capacità salvifica del progresso e della tecnologia, dice: “Non sono d’accordo con il ministro, non si può pensare di fermare il cambiamento climatico solo con la tecnologia”. Il vicepresidente della Camera parte dunque con un lungo intervento contro quelli che chiama gli effetti del “turboglobalismo, nato con il devastante ingresso della Cina nel Wto”.
“La delirante decrescita felice di Beppe Grillo – sostiene – fa il paio con un’ideologia uguale e contraria, ed altrettanto pericolosa, quella della ‘crescita infinita’, di chi pensa che grazie alla tecnologia i modelli di consumo saranno moltiplicabili all’infinito, a differenza del ministro, io questo non lo credo, anzi, penso che serva un punto d’equilibrio e piuttosto che moltiplicare i consumi serva pensare a una visione, a una prospettiva da lasciare ai nostri nipoti”. Qualche eco complottista comincia a fare capolino in sala. Cingolani aggrotta le soppracciglia. La platea applaudiva prima e lo fa anche adesso. Tra scienza e fantasy la scelta non è ancora stata effettuata.