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L'intervista

Parla Cottarelli: "Uno sciopero senza ragioni. Cgil-Uil vogliono solo la negoziazione continua"

Bisognerebbe infatti smetterla di pensare che una manovra debba rimettere tutti i peccati della terra

Carmelo Caruso

"Cgil e Uil non contestano la manovra ma il metodo Draghi. I sindacati hanno perfino ottenuto tanto. In passato hanno profetizzato la catastrofe sullo sblocco dei licenziamenti. Rischiano di perdere credibilità". Intervista al direttore dell'Osservatorio Conti Pubblici

Roma. Proviamo a farlo dire a chi lo sa dire e dire bene. E’ Carlo Cottarelli, dirige l’Osservatorio sui conti pubblici italiani, è docente alla Bocconi, ed era a un passo dal fare il premier. Professore, lei dunque con chi sta? Con la Cgil e la Uil che hanno convocato lo sciopero generale per il 16 dicembre o con la Cisl che lo ha definito uno sciopero “da incendiari”? “Io sto con chi pensa che questo sciopero sia un’esagerazione e con chi usa bene le parole”. Lo sciopero è infatti “generale”. Cosa significa? “Significa che è qualcosa di serio di importante come indica la parola e che per convocarlo ci devono essere motivi straordinari”. Prima di chiederle se questi motivi ci siano, non crede che mobilitare la “base” sindacale, una base composta in gran parte da anziani, fragili, sia una decisione da scriteriati? “Vediamo innanzitutto chi ci va. Se c’è un motivo forte, si deve scendere in piazza comunque, con le adeguate cautele”. E questo motivo forte c’è? “No”. E allora perché l’invito “fermiamo tutto”? “Forse i sindacati non scioperano contro la manovra”. Contro cosa scioperano? “Contro un metodo. Un metodo che ovviamente scontenta tutti ma che a mio avviso è il metodo giusto”. Quello che dice Cottarelli è che con Draghi i sindacati sono tornati protagonisti ma che hanno scambiato “la concertazione con la negoziazione continua”. Cosa avrebbe fatto il premier di così eversivo? Ha deciso. Ancora Cottarelli: “Ha invitato tutti, ascoltato tutti, ma sulla manovra ha deciso il governo. Ha trovato una via di mezzo”. E lei la ritiene la buona via di mezzo? “La ritengo buona”.

Bisognerebbe infatti  smetterla di pensare che una manovra debba rimettere tutti i peccati della terra. Caro Cottarelli, questa manovra è  davvero “inaccettabile” come lamentano Cgil-Uil? “Non solo non lo è. Mi sembra che i sindacati abbiano ottenuto tanto. La disponibilità da parte del governo a ragionare sulla riforma delle pensioni, al di là delle decisioni prese per il 2022. Il reddito di cittadinanza rifinanziato. E nella manovra ci sono sei miliardi di assegni familiari e i finanziamenti per la riforma degli ammortizzatori sociali. Ieri l’accordo sul lavoro agile. Draghi ha ragione a stupirsi di questo sciopero”.

 

Ha spiegato prima che la manovra è una giusta via di mezzo. E però, i sindacati hanno indetto lo sciopero generale e pure la Confindustria è rimasta “scontenta”. E’ sicuro che lo sia? “E’ la migliore dimostrazione di quello che stiamo provando a spiegare. Una manovra non può accontentare tutti. C’è un momento in cui la negoziazione finisce e si decide. Draghi ha deciso”. Perché ha deciso di convocare le sigle ogni settimana, di restituire loro la centralità? “E’ questo ascolto che toglie ogni alibi al sindacato. Non c’è ragione di indire uno sciopero generale perché in queste settimane c’è stato da parte del premier un ascolto ininterrotto e nessuna decisione palesemente inaccettabile”.

L’obiezione del sindacato è questa: si sono tagliate le tasse solo per i redditi medi? E’ vero? “Sono state tagliate maggiormente per i redditi medi, ma ci sono tagli anche per i redditi bassi che avevano già beneficiato del taglio con il governo Renzi. E’ possibile, attraverso il sistema delle deduzioni e detrazioni, che ci siano ulteriori benefici per i redditi più bassi”. Professore, anche lei ama il sindacalese “più progressività”? “L’ho scritto in un tweet. Il problema delle tasse in Italia non è tanto la mancanza di progressività, ma che troppi non pagano le tasse dovute”. Non lo dicono anche i sindacati? “Lo dicono ma è lì che dovrebbero concentrare i loro sforzi”. E allora concludiamo, il sindacato ha perso di significato? “Non lo ha perso assolutamente. Il suo ruolo resta fondamentale”. I sindacati, a suo parere,  hanno sbagliato a profetizzare la catastrofe (che non c’è stata) dopo lo sblocco dei licenziamenti? “Hanno sbagliato, non c’è dubbio”. Sono stati cattivi profeti di sventura? “C’è chi parlava di centinaia di migliaia di posti di lavoro che sarebbero stati persi. Lo sblocco riguardava però settori che stavano crescendo e non c’era motivo di pensare che le imprese aspettassero lo sblocco per licenziare. Il rischio, gridando al lupo, al lupo, è una perdita di credibilità, che è sempre il patrimonio, la cosa più preziosa.”.

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  • Carmelo Caruso
  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio