Il retroscena
Beppe Grillo, Elevato con vista sul Colle. "Draghi? Lo vedrei bene lassù"
Continua l'intesa tra il fondatore del Movimento e il premier
Così la partita del Quirinale diventerà un congresso per il M5s. I parlamentari grillini si interrogano: "Palazzo Chigi avrà detto a Beppe come non far cadere la legislatura?" E Conte assicura: "Non temo i Di Maio tiratori"
Ne parla bene: “È un grillino!”. Gli parla spesso al telefono: “Presidente, questo provvedimento per me è ok”. E in questi ultimi tempi ai suoi amici, fra Genova e Marina di Bibbona, gli capita di dire: “Draghi al Quirinale sarebbe una garanzia, ma certo non si può andare mica al voto in mezzo a questo caos”. Beppe Grillo per il momento evita interventi pubblici sul Colle. Non parla di politica interna. Si limita a lanciare dal suo blog post visionari. Da Elevato, come si autodefinisce. E però a chi gli fa la domanda delle cento pistole risponde: “Sì, lo vedrei bene lassù”.
Cosa ha in mente Grillo per la partita del Quirinale? I suoi pensieri corrispondono a quelli di Giuseppe Conte, il leader che ha in simpatia così così e che in pubblico non ha mancato di “pungicare” con una certa forza?
Il garante del M5s vuole che la legislatura arrivi a scadenza. Anche perché sa che le elezioni anticipatesi porterebbero appresso nuovi scontri con l’ex premier. La deroga al vincolo del secondo mandato che dovrà saltare (“per i meritevoli”) e soprattutto la formazione delle liste. L’occasione per Conte per rompere i ponti con il passato, candidando figure nuove e fresche, lontane dalla vecchia concezione di Movimento. E dunque, Grillo si augura di affrontare questo problema il più tardi possibile. Sperando che nel frattempo le questioni familiari siano finite in secondo piano. E però c’è il rapporto con Draghi che vuole preservare. I parlamentari pentastellati a cui non sfugge il rapporto fra Mario e Beppe in questi giorni si domandano: “Ma il premier avrà rassicurato Grillo su come tenere in piedi un altro governo fino al 2023 se dovesse fra un mese salire al Quirinale?”. Insomma il “vate del vaffa” conosce la ricetta per non far saltare il piatto?
I rapporti con Draghi continuano a essere costanti. Sui provvedimenti. Sui passaggi delicati. Appena giungono a Palazzo Chigi strane intenzioni attribuite a Conte, subito si attiva il telefono bianco, il filo impensabile, quasi da mettersi a ridere, fino a qualche anno fa. Anche il fondatore del Movimento non manca appena può di illustrare al “presidente” la sua idea di sviluppo sostenibile, di energia, di lavoro. C’è insomma una discreta consuetudine fra i due. Che ora sarà messa alla prova anche dalla grande partita del Colle. “Non vedo perché non dovrebbe andarci”, risponde Grillo a chi gli chiede del futuro di Draghi. Sono ragionamenti che il comico lascia cadere con gli amici più che con i parlamentari che sono parte in causa in questa vicenda, così terrorizzati dal poter andare a casa. Ma anche pronti a dare la fiducia a un candelabro, pur di non tornarsene a casa. Grillo e Draghi si sentiranno prima di Natale per uno scambio di auguri. E sarà forse questa l’occasione di un confronto, ma basta forse anche una battuta. Tanto è l’intesa, strana e surreale, vista con le lenti delle vecchie categorie politiche che entrambi hanno pensionato.
Di sicuro a nessuno sfugge che il voto per il presidente della Repubblica sarà per il Movimento un vero e proprio congresso. Il primo nella sua storia. E il più imprevedibile. Conte si gioca la leadership e ci sono alcune forze interne che puntano sul suo fallimento. Lui ne è consapevole. Forse anche per questo nel dare una forma al suo partito ha messo una struttura sovietica. Iperburocratica, vastissima. Con stellette e gradi per tutti. Basti pensare che nell’organigramma del “nuovo Movimento” ci sono settantaquattro parlamentari in carica che ricoprono un ruolo. Praticamente poco meno della metà dell’intera pattuglia che siede fra Camera e Senato fa qualcosa oppure è a capo di un organismo interno, al di là della concreta presa sulla realtà. Tutti sono importanti tutti sono indispensabili in questo passaggio per Conte. “Non temo i Di Maio tiratori”, risponde l’ex premier a una provocazione del Foglio, al termine di un’iniziativa con Enrico Letta moderata dal direttore dell’Espresso Marco Damilano. I due azionisti rossogialli partecipano alla presentazione del libro “La legge della fiducia” di Tommaso Greco. Ma alla fine si finisce a parlare di Colle. E il segretario del Pd torna a dire: “Il metodo Leone con 505 voti sarebbe una ferita per il paese”. E dunque bisogna “condividere e allargare il campo: non escludo un’iniziativa con il Pd”, aggiunge il capo M5s. Ma il centrodestra ha il boccino? “E chi glielo ha dato”, risponde Conte, prima di scomparire fra i corridoi.