La (falsa) questione di genere
Dalla Festa di Roma alla politica. La donna come "maquillage". Parla Concita De Gregorio
Questione di potere (e di lotte tra uomini) mascherata da attenzione alla parità?
E la competenza? E il talento? "Il vero tema è il bacino di figure professionali a cui attingere, dalle istituzioni culturali ai cda aziendali. Quel che servirebbe sono pari condizioni di partenza". Colloquio con la giornalista e conduttrice tv
C’è una questione di genere o c’è (anche) una questione di potere travestita da questione di genere? E ancora: il tema della parità è a volte usato in casematte insospettabili, tipo il Pd, partito di centrosinistra, per intraprendere (da uomini) battaglie altrimenti impossibili da vincere? Succede dunque che, attorno alla successione alla Festa del Cinema di Roma, finora diretta da Antonio Monda, si scatenino lotte sotterranee che conducono da un lato all’area bettiniana del partito e dall’altra al tema della gestione nuova della città di Roma in tutte le sue istituzioni culturali. “Mettiamoci una donna” è stata allora la non inedita idea, anche se ancora il nome della donna non è emerso. D’altronde il “mettiamoci una donna” è un tic per così dire usato ogni volta che c’è una guerra su altri nomi, di solito maschili, dalla presidenza della Repubblica in giù, passando per le cariche di capogruppo alla Camera e al Senato (vedi avvio della segreteria Letta e vedi l’individuazione del candidato alle suppletive nel collegio Roma 1, lasciato vacante dal neosindaco Roberto Gualtieri).
E ieri, su Repubblica, Concita De Gregorio – giornalista, scrittrice, direttrice dell’Unità dal 2008 al 2011 e ora conduttrice di “In onda”, su la7, con David Parenzo – ha così commentato il tema sotteso al pasticciaccio incombente sulla Festa del Cinema: “…brain storming a Roma sull’identikit del sostituto da trovare. Deve avere eccellenti contatti. Dev’essere in grado di attrarre celebrità internazionali. Deve avere esperienza nel settore. Ottimo: quindi ce l’abbiamo già, no? No. Dev’essere una donna. Ah ecco. Una donna. Una, qualsiasi, donna. Forse servirà un cacciatore di teste. Si potrebbe chiedere a Monda se ne conosce uno bravo”.
Interpellata in proposito, Concita De Gregorio dice che “l’argomento dell’‘adesso serve una donna’ è scivoloso: è vero che non ce ne sono in quantità ai vertici delle grandi istituzioni e aziende, ed è vero che dovrebbero esserci, ma non indiscriminatamente. Dovrebbe piuttosto esserci davvero parità di trattamento e condizione ai nastri di partenza; ci dovrebbe essere garanzia che le regole che mettono in gioco la competenza siano eque, magari anche compensative in senso retroattivo: esiste un retaggio culturale pesante, oltre a una diversa fisiologia, e c’è la necessità di recuperare rispetto al passato. Ma non si può sentir dire – è anche offensivo – che serve, per esempio, una vicedirettrice di testata donna o un direttore aziendale donna. Purché sia donna”.
Altro che questione di genere: “Diventa un’operazione di maquillage. E in politica lo abbiamo visto spesso. Mi viene in mente Luigi Di Maio che annuncia la presenza di ‘cinque donne capolista’ per le Europee; mi vengono in mente altri casi, da quello del capogruppo alla Camera e in Senato fino al seggio di Roma 1. Ci si mette a posto la coscienza, ma il vero tema è il bacino di figure professionali a cui attingere, dalle istituzioni culturali ai cda aziendali. Spesso fa acqua il meccanismo generativo di professionalità talentuose, e i dirigenti spesso preferiscono coltivare una corte di persone riconoscenti e fedeli che diventino parte di un sistema piuttosto che favorire la carriera di persone libere e indipendenti”.
Il problema è anche in chi accetta la carica? “Beh sì, se si accetta la nomina in quota Cencelli o come foglia di fico, dopo anni di attesa di una qualche corrente ascensionale. Ma è anche vero che è difficile rinunciare, per chi fa parte di un sistema”. Insomma, come la giri la giri: “Mettiamoci una donna in quanto donna, non importa la competenza e il talento? Ma che argomento è?”.