la strana coppia
Meloni: "Letta? Siamo come Sandra e Raimondo". Prove tecniche di governo e opposizione
La leader di Fdi e il segretario dem si sono trasformati in un formidabile format da presentazioni letterarie. Oggi di nuovo insieme a parlare di pedagogia e politica. Preparando la partita più importante, quella del Colle
È la coppia che vogliono tutti. Formidabile format da presentazioni letterarie. Se li inventò Fabrizio Roncone che per primo li volle insieme tre mesi fa alla Casa del cinema di villa Borghese per la presentazione del suo libro “Razza poltrona”, “di cui Enrico e Giorgia – disse quel giorno il giornalista – sono una notevole eccezione”. Da allora in poi per l’improbabile coppia, i “Sandra e Raimondo” della politica italiana (copyright Giorgia Meloni), è stata una carrellata senza sosta. Dalla presentazione del libro di Vespa fino al massimo suggello, la scorsa settimana, con l’invito della Capa di FdI al segretario dem ad Atreju, la festa del partito.
Questa mattina, di nuovo insieme. Si parla di “Pedagogia e politica” con Luciano Violante, Pietrangelo Buttafuoco ed Emiliana Mannese, in occasione della presentazione del volume di brevi saggi sul tema curato da Fondazione Leonardo (di cui Violante è presidente) ed università di Salerno. E anche sul punto Letta e Meloni sembrano intendersi. “Il mio maestro è stato Beniamino Andreatta, io per imparare guardavo come si comportava lui”, racconta Enrico. “La verità è che c’è un modo solo in cui la politica può essere pedagogica ed è l’esempio”, conferma Giorgia.
Nel reciproco riconoscimento di “leali avversari” c’è la speranza dei leader dei due partiti ancora strutturati, eredi a destra e sinistra di tradizioni di apparato e militanza popolare – “L’altro giorno ero ad Atreju e mi sembrava di stare alla Festa dell’Unità, perché c’era un pezzo di popolo”, raccontava questa mattina Violante – di realizzare dopo le prossime elezioni quello che tutti i presentatori degli ultimi incontri hanno sottolineato: “Oggi abbiamo la fortuna di avere qui il prossimo presidente del Consiglio e il prossimo capo dell’opposizione”.
Democratici e conservatori. Un bipolarismo, a oggi, più auspicato che realizzato. E che però soprattutto Meloni ci tiene a sottolineare, almeno nel racconto: “Io ed Enrico Letta siamo i segretari dei due principali partiti italiani, siamo due avversari convinti, e spero leali”.
Per farlo, e per accreditare FdI (e anche il Pd) come gli unici partiti credibili, non risparmia critiche, seppur indirette, all’alleato Salvini: “Negli ultimi anni si è ritenuto che la politica dovesse inseguire il big data dicendo esattamente la parola che andava di più in quel momento. C’è chi fa politica per prendere i voti e chi prende i voti per fare politica, chi insegue la società e chi, come me, ambisce a guidarla”.
Ma prima delle prossime elezioni c’è una partita altrettanto importante da giocare: il Quirinale. Letta e Meloni sul punto si devono parlare. Li costringono le circostanze. Senza dialogo, durante l’elezione del prossimo Capo dello stato, rischiano di finire entrambi sotto ricatto dei propri alleati: da un lato il Cav., dall’altro Matteo Renzi. Non è un caso che tra i primi a commentare con piccata ironia l’ennesimo incontro Letta-Meloni sia stato proprio il segretario di Italia Viva. “Sandra e Raimondo erano decisamente più simpatici”.
Per non lasciare ai centristi il pallino del gioco quirinalizio, il segretario del Pd e la leader di Fratelli d’Italia devono sparigliare e trovare insieme un nome convincente. “Scelto con larga convergenza “, come auspicato da entrambi già tre mesi fa. Se non Draghi chi? La risposta, almeno per ora, non ce l’ha nessuno.