di fronte alla stretta
Il ministro Speranza nel suo labirinto, in attesa dei dati su Omicron
Franceschini, prima più rigorista del rigorista ministro della Salute, fa trapelare perplessità sui tamponi ai vaccinati. Scettici anche governatori e sindaci. Il consenso incondizionato sulla stretta stavolta non c'è
Il ministro della Salute Roberto Speranza è nel suo labirinto, anche se non è il generale del libro di Gabriel García Márquez. Labirintica appare infatti la situazione oggi, in attesa che la flash survey dell’Iss sveli fino a che punto, e con quale velocità, la variante Omicron si stia diffondendo nel paese: ci sono possibili vicoli ciechi a ogni svolta, possibili siepi alte a nascondere la vista della strada da percorrere, possibili intoppi dal nome noto (numero dei ricoveri), possibile perdita del vantaggio tanto faticosamente accumulato nei quasi due anni di decisioni anche impopolari prese. E questa volta si aggira da solo, il ministro spesso (finora) sostenuto dal consenso di chi vedeva la realtà del virus imporsi e dava appoggio.
Ma oggi la certezza del consenso incondizionato non c’è. Neanche di quello del ministro un tempo più rigorista del rigorista Speranza, il titolare della Cultura Dario Franceschini (vedi la questione dei tamponi per i vaccinati per cinema e teatri, ipotesi al momento scivolata in fondo alla lista delle impopolarità possibili anche per via delle perplessità targate Mibact). E non c’è solo la solitudine relativa interna al governo, c’è anche una complessiva sensazione di tentato accerchiamento da parte di quelle Regioni e di quei Comuni che, raccontano in ambienti vicini al ministero della Salute, quando “c’era da dare la stretta sulla scuola non dicevano neanche bah” ma ora insorgono all’idea del test per vaccinati prima di una serata in discoteca. C’è il no del commercio e del mondo sportivo. C’è la perplessità trasversale di Giuseppe Conte, Matteo Salvini e, oltre che del suddetto Franceschini, anche del governatore del Lazio Nicola Zingaretti. Dall’altro lato ci sono governatori che vorrebbero anticiparla per alcuni aspetti, la stretta (Luca Zaia), e quelli che passerebbero all’obbligo vaccinale (Eugenio Giani). La strada è stretta, e corre lungo il crinale dell’intervenire il più velocemente possibile dando il meno possibile l’impressione di comprimere la libertà di chi è vaccinato. Ma basterà chiedere per tre settimane l’uso delle mascherine Ffp2 sui mezzi di trasporto? O accorciare la durata del green pass o disegnare un eventuale provvedimento mirato soltanto per le sere di Natale e Capodanno?
Sono domande che fluttuano sopra la testa del ministro voluto e difeso da Mario Draghi in persona (“a Salvini ho detto ‘ho voluto io il ministro della Salute, Speranza, nel governo, e ne ho molta stima’ ”, erano state le parole del premier nell’aprile scorso). Di fronte ai dati (picco di casi, ieri, con massimo storico di tamponi), si attende oggi la conferenza stampa di fine anno di Draghi per capire con un giorno di anticipo quale sarà il punto di caduta. C’è da risolvere anche il problema del tracciamento e sequenziamento, sperando nel già annunciato aiuto dell’esercito (hub mobili della Difesa). E si tengono a mente le parole di Guido Rasi, consulente del commissario all’emergenza Covid Francesco Paolo Figliuolo, per il quale il sequenziamento del virus va aumentato “in modo sostanziale” perché “70 laboratori per 60 milioni di italiani sono pochi”. “Si raccolgono pochi dati e lentamente”, ha detto Rasi a Mezz’ora in più, “si rischia di sapere tardi la portata dell’andamento del virus, ritardando decisioni importanti”.
Lo spettro della perdita del primato italiano è un altro macigno sulle spalle di Speranza, che intanto ha chiesto alle Regioni di potenziare gli ospedali. E se il coordinatore del Cts e presidente del Consiglio Superiore di Sanità Franco Locatelli ha assicurato che le misure “verranno considerate seguendo i principi ispiratori della proporzionalità e della pronta reattività”, nel labirinto di Speranza giungeva ieri, a parziale sollievo, la frase detta da Draghi alla conferenza degli ambasciatori e delle ambasciatrici d’Italia nel mondo: “Omicron ci obbliga alla massima cautela nei prossimi mesi”.