Enrico Letta (Ansa)

vaste programme o wishful thinking?

Che fine ha fatto il Letta di Science Po? Prospettive e giravolte con vista Quirinale

Marianna Rizzini

“Se diventiamo il partito del potere, noi moriamo”, diceva qualche mese fa da neo segretario del Pd. Oggi invece invoca la tutela del premier Draghi "per il bene del paese". Speranze, preoccupazioni e debolezze del leader dem

Fine 2021: il segretario del Pd Enrico Letta, intervistato da Repubblica, dice la frase che già da giorni gli viene attribuita, ed è una frase che per alcuni assume i contorni del film horror e per altri della provocazione. Fatto sta che Letta la scandisce: “Il capo dello stato va eletto a larghissima maggioranza, una forzatura da una parte o dall'altra farebbe cadere il governo”. “Draghi va comunque tutelato per il bene del paese”, aggiunge il segretario del Pd, un Letta che insiste sull'obbligo vaccinale ma soprattutto sul “no” a Silvio Berlusconi candidato al Colle. Ed è anche un Letta, quello di fine 2021, pronto a difendere senza indugio la linea seguita in questo quasi-anno al vertice del Pd: un po' ha nostalgia degli anni passati a insegnare a Science Po., il segretario, e lo dice forse per vezzo, ma è “orgoglioso del Pd e delle agorà che lo stanno ricostruendo… vorrei fare come Scholz in Germania, rilanciare un'idea moderna di progressismo…”.

 

Ma è lo stesso segretario Pd di marzo, quello che tornava in Italia non dimentico di quell'“Enrico stai sereno” che aveva sancito, nel 2014, la fine della sua esperienza di governo e l'inizio della fase Renzi? Oppure è un Letta cambiato da questi mesi? Mesi in cui i successi elettorali sui territori ci sono stati, mentre il Pd restava al governo dopo l'arrivo di Mario Draghi, ma anche mesi in cui lo stesso partito ha mostrato in filigrana le proprie debolezze, non ultima l'incapacità di non dividersi nei (soliti?) rivoli, nonostante lo stesso Letta fosse arrivato al Nazareno dichiarando l'intenzione di voler contrastare le spaccature interne. Il suo discorso d'esordio era stato infatti così ecumenico e virante a sinistra, con accenni allo ius soli, alla parità di genere e al voto ai sedicenni, con altrettanto sicura sottolineatura della necessità di proseguire lungo il solco di quell'alleanza con i Cinque stelle che nel corso dell'anno si è rivelata più volte fragile, a partire dalla discussione sulle candidature a sindaco nelle grandi città, tormentone estivo con finale vittorioso e coda di polemiche.

 

In mezzo, la candidatura alle suppletive a Siena, “senza simbolo del Pd per privilegiare la coalizione”, così diceva il segretario, scatenando commenti beffardi tra gli avversari interni. Ora il Pd (sondaggio Emg per la Rai), appare in testa nelle intenzioni di voto, davanti a Lega e Fratelli d'Italia. Ma in Parlamento Letta non ha la stessa forza nei gruppi, particolare non da poco nella futura e vicina battaglia per l'elezione del presidente della Repubblica (ed ecco il suddetto accenno alla “tutela” del premier). “Se diventiamo il partito del potere, noi moriamo”, aveva detto Letta nei giorni di marzo in cui rientrava in Italia dopo la parentesi francese: vaste programme o wishful thinking? La parola al 2022.
 

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.