Il caso
Lezzi rimane sospesa dal M5s e dovrà pagare 10mila euro di spese processuali
L'ex ministra è un caso pirandelliano per Conte: per il Parlamento è tornata a far parte della truppa grillina, ma per la giustizia ordinaria no
La senatrice è stata riammessa (insieme ad altri cinque colleghi) nel gruppo parlamentare dal Consiglio di garanzia di Palazzo Madama, ma il tribunale di Roma conferma l'allontanamento dal partito per non aver votato la fiducia a Draghi: "Non rispettò le indicazioni in rete degli iscritti"
La situazione è pirandelliana: la senatrice Barbara Lezzi fa parte del gruppo parlamentare del M5s, ma risulta sospesa dall'associazione, e dunque dal partito, M5s. Questa mattina il giudice Stefano Iannaccone, della sedicesima sezione del tribunale di Roma, ha rigettato il ricorso dell'ex ministra condannandola alla rifusione delle spese di lite quantificate in euro 9.275, oltre agli accessori di legge.
Lezzi, difesa dagli avvocati Daniele Granara e Antonio Tanza, fu sospesa dal MoVimento perché votò contro la fiducia al governo Draghi. E con lei altri colleghi di Palazza Madama: Lannutti, Corrado, Angrisani e Abbate. Lo scorso dicembre, però, il Consiglio di garanzia del Senato (l'organo di appello di palazzo Madama) ha accolto in appello i loro ricorsi e quindi li ha reintegrati nel gruppo parlamentare del M5s. In parallelo, però, la vicenda è andata avanti anche nei tribunali ordinari. E ieri c'è stata la prima sentenza. Quella che riguarda il ricorso presentato da Lezzi. Il giudice Iannaccone ha dato ragione all'associazione M5s, difesa dagli avvocati Andrea e Paola Ciannavei, e ha confermato la sospensione della senatrice "per il mancato rispetto delle decisioni assunte dagli iscritti con le votazioni in rete". Il sì al governo Draghi fu infatti oggetto di una votazione su Rousseau.
Nei prossimi giorni la stessa sezione del tribunale di Roma si occuperà degli altri ricorrenti, tutti formalmente entrati di nuovo a far parte del gruppo M5s in Senato. Nel frattempo Lezzi si "disunisce": da una parte fa parte dei senatori grillini dall'altra rimane fuori dal partito. Per Giuseppe Conte, una grana in più. Come se non ce ne fossero abbastanza.