discorsi per l'europa
Con le parole di David Sassoli
Le nostre conversazioni con il presidente del Parlamento europeo, i suoi discorsi, la fortuna di essere europei e il nuovo progetto di speranza per un’Europa che innova, protegge e non si isola
L’Unione europea non è un incidente della storia. Io sono figlio di un uomo che a vent’anni ha combattuto contro altri europei. E sono figlio di una mamma che, a vent’anni, ha lasciato la propria casa e ha trovato rifugio presso altre famiglie. Io so che questa è anche la storia di tante vostre famiglie e se mettessimo in comune le nostre storie e ce le raccontassimo davanti a un bicchiere di birra, non diremmo mai che siamo figli e nipoti di un incidente della storia. Ma diremmo che la nostra storia è scritta sul dolore. Sul sangue dei giovani britannici sterminati sulle spiagge della Normandia. Sul desiderio di libertà di Sofia e Hans Scholl. Sull’ansia di giustizia degli eroi del ghetto di Varsavia. Sulle primavere represse con i carri armati nei nostri paesi dell’est. Sul desiderio di fraternità che ritroviamo ogni qual volta la coscienza morale impone di non rinunciare alla propria umanità e l’obbedienza non può considerarsi una virtù. Non siamo un incidente della storia. Ma i figli e i nipoti di coloro che sono riusciti a trovare l’antidoto a quella degenerazione nazionalista che ha avvelenato la nostra storia. Se siamo europei è anche perché siamo tutti innamorati dei nostri paesi. Ma il nazionalismo che diventa ideologia e idolatria produce virus che possono produrre conflitti distruttivi.
dal discorso di insediamento al Parlamento europeo, luglio 2019
La democrazia delle audizioni
Abbiamo bocciato tre commissari nominati, ma questo non è un segnale negativo. E’ stata democrazia. Sarebbe bello se questo processo venisse importato anche nei nostri paesi: immaginate ministri che devono sostenere quattro ore di audizione, un esame per dimostrare la loro competenza di fronte al Parlamento, farebbe soltanto bene. Avere un fronte europeista molto largo è un’opportunità, le famiglie devono trovare convergenze e compromessi, due parole che vanno riscoperte e che costringono il fronte europeista a ragionare.
dal Festival dell’ottimismo del Foglio, 23 novembre 2019
A Salvini direi di fare il bravo
Dovessi incontrare Matteo Salvini gli direi di fare il bravo, perché non abbiamo bisogno di eccitatori ma di persone che, con responsabilità, aggiustino la macchina di questo paese. E invece mi pare che il suo temperamento sia solo quello di eccitare la pancia ma non di risolvere i problemi”.
dal Festival dell’ottimismo del Foglio, 23 novembre 2019
La Conferenza sul futuro
Abbiamo bisogno di mettere a posto molti meccanismi della governance democratica europea, abbiamo bisogno di una democrazia che decida e che non venga bloccata a ogni curva. La Conferenza sul futuro dell’Europa è chiamata a esprimere un paradigma nuovo: l’Europa si costruisce perfezionando le regole di funzionamento, ma anche e soprattutto con le politiche dimostrando ai cittadini che l’Europa è utile per la loro vita”.
da un’intervista al Foglio, 18 gennaio 2020
Il saluto al Regno Unito
Oggi è un giorno pieno di emozioni: siamo grati per il prezioso contributo fornito dal Regno Unito, e in particolare dai deputati britannici, ma al tempo stesso proviamo un senso di tristezza e per il fatto di non poter più continuare insieme il percorso europeo. Cinquant’anni di integrazione non possono dissolversi facilmente. Dovremo impegnarci, tutti, per costruire nuove relazioni mettendo sempre al centro gli interessi e la protezione dei diritti dei cittadini. Niente sarà semplice. Ci saranno situazioni difficili che metteranno anche alla prova i nostri rapporti futuri. Ma questo lo sapevamo sin dall’inizio della Brexit. Sono sicuro, però, che sapremo superare qualsiasi divergenza e trovare sempre un punto di incontro. State lasciando l’Unione europea, ma continuerete a essere una nazione europea. Cari amici britannici, addio è una parola troppo definitiva, ed è per questo che insieme a tutti i colleghi vi dico soltanto arrivederci. E voglio salutarvi con le parole che diceva Jo Cox, la deputata britannica uccisa durante una campagna elettorale: “Abbiamo molto di più in comune di quanto ci divide”.
dal discorso al Parlamento europeo dopo l’approvazione della Brexit, 29 gennaio 2020
Non c’è spazio per l’antisemitismo
Ad Auschwitz, si è incarnata la negazione stessa della nostra civiltà. La civiltà che ha origini ebraiche e cristiane, che ha incontrato il mondo islamico, che ha conquistato l’Illuminismo e costruito la propria convivenza sul diritto, che si è battuta contro la barbarie e la difesa della dignità umana, che ha cercato di offrire un’idea della bellezza della persona e delle persone che vivono insieme nella nostre città e nei nostri paesi. Una civiltà che ha fermato la propria corsa verso il desiderio di libertà sulla soglia del cancello di Auschwitz. Dinanzi a ciò, quest’oggi, pieni di emozione e riuniti nel raccoglimento, ci inchiniamo davanti a tutte le vittime della Shoah e vogliamo assumerci il nostro dovere di ricordare; ci assumiamo tale dovere perché sappiamo che Auschwitz è stata costruita da europei e noi siamo chiamati ad assumerci questa paternità perché quello che è successo incombe su di noi e ci chiama alla responsabilità.
dal discorso di commemorazione del 75esimo anniversario della liberazione del campo di Auschwitz-Birkenau, 29 gennaio 2020
L’Ue è la nostra carta di riserva
Il coronavirus è la prova di una forte interdipendenza non solo europea ma mondiale. Paradossalmente non c’è miglior esempio del mostruoso coronavirus per dimostrare che abbiamo bisogno di risposte complesse e comuni ai processi di globalizzazione. In questi ultimi giorni abbiamo capito che se i governi europei vanno in ordine sparso, soccombono. E questo riguarda tutte le dinamiche della globalizzazione. Ma gli stati europei hanno una carta di riserva, che è l’Unione europea. Ora l’Europa sta intervenendo sull’emergenza sanitaria, che è di competenza degli stati nazionali, e ci accorgiamo che nessun paese può affrontare sfide di questo genere da solo. La protezione dei nostri paesi passa dunque dalla capacità dell’Europa di avere politiche comuni. Per fare questo, però, ci vuole visione e coraggio. Bisogna andare avanti. Imparare da questa emergenza che stiamo vivendo, e fare passi in avanti nell’integrazione europea. Basti pensare alla dotazione di risorse che l’Europa unita può sviluppare: 1.500 miliardi complessivi solo in questa prima fase. E’ di più di quanto gli Stati Uniti abbiano messo sul piatto. L’Europa può essere una soluzione alle fragilità dell’Italia. E non solo dell’Italia. Tutto va in una unica direzione: l’Unione va resa più funzionale. Bisognerà però affidare all’Europa nuove competenze, salvare il processo democratico delle decisioni.
da un’intervista al Foglio, 19 marzo 2020
Contro la paralisi
Alla fine del coronavirus ci sarà un’opera di ricostruzione da compiere. Pensate solo al dissesto industriale in cui si ritroverà l’Europa intera. Servirà un’opera di ricostruzione. In Italia e negli altri paesi. Servirà dunque una politica molto coraggiosa. E anche classi dirigenti, nei singoli paesi, che spieghino alle proprie opinioni pubbliche l’utilità di un rafforzamento dell’unione. Molti governi sono paralizzati dalla pancia dei loro paesi. Ma adesso dovrebbero spiegare cosa sarebbe successo, già ora, in questi giorni, in queste settimane, se fossero andati da soli.
da un’intervista al Foglio, 19 marzo 2020
Se invece che Mes si chiamasse Pippo
Se invece che Mes lo avessimo chiamato Pippo tutti avrebbero avuto meno difficoltà a capire che quel meccanismo di cui molti parlano senza sapere quasi nulla è un meccanismo che è cambiato e che ha creato una linea di emergenza, pari al due per cento del pil di ciascun paese, di cui si può usufruire in modo immediato. Anzi, mi correggo, una condizione c’è. Nessuna magagna: la condizione è che siano destinate a spese dirette o indirette che abbiano a che fare con il sostegno alle strutture sanitarie. In Italia si discute molto su quelle tre lettere, senza capirci molto, ma vedrà che quando gli altri paesi europei chiederanno di attingere a quel fondo, senza condizionalità così vincolanti, anche in Italia il dibattito di oggi sarà solo un vecchio e lontano ricordo. Anzi, qualcuno magari dirà: aiuto, stanno usando i nostri soldi. Perché l’Italia ha versato nelle casse del Mes 14,3 miliardi”.
da un’intervista al Foglio, 17 aprile 2020
Che ricostruzione vogliamo
L’Europa è partita tardi ma da quando è partita ha fatto tutto ciò che era necessario fare per affrontare la crisi. Sento parlare molto di strumenti, di cose da fare, di cose che mancano, ma sento molto poco parlare di obiettivi. Il tema su cui oggi bisognerebbe concentrarsi è invece questo: che tipo di piano di ricostruzione vogliamo mettere in campo e come si arriva a quell’obiettivo? Da questo punto di vista all’Europa si può rimproverare un iniziale ritardo ma non si può invece rimproverare un’assenza di velocità nel mettere a punto le misure necessarie per affrontare la crisi. Fino a oggi sono stati mobilitati, tra Bce, fondo Sure, Mes, Patto di stabilità allentato, fondi strutturali, circa 2.770 miliardi di euro e penso sia credibile la previsione fatta sia da Christine Lagarde sia da Ursula von der Leyen: il piano di ricostruzione dell’Europa potrà e forse dovrà avere una potenza di fuoco pari a 3 mila miliardi di euro.
da un’intervista al Foglio, 17 aprile 2020
Leggere i trattati è sexy
Che cos’è la European way of life? “E’ scritto nei trattati, leggere i trattati è sexy!”.
dal Festival dell’ottimismo del Foglio, 29 novembre 2019
La responsabilità del Recovery
Il Recovery dispiegherà i suoi effetti nel corso di un triennio, mentre il Bilancio ha durata settennale. E sui fondi dell’Erasmus, della digitalizzazione e dell’immigrazione non si possono fare passi indietro. Leggo molti appelli di sindaci e amministratori locali affinché i soldi del Recovery vengano gestiti direttamente da loro. Ecco, il Recovery non sarà né un milleproroghe né una finanziaria: per cui il solo garante dei progetti sarà il governo nazionale. Dovremo accompagnare i mesi che verranno con nuovi strumenti e nuove risorse, perché la faglia della povertà in tutta Europa si sta ampliando. Oggi la proposta del salario minimo, fortemente voluta da noi progressisti, è finalmente sul tavolo. Servono altri strumenti analoghi. Qualche giorno fa, al varo del piano finanziario per lo Sure mi sono emozionato nel vedere la bandiera dell’Ue issata alla Borsa di Wall Street. Anche i fondi per il Recovery andranno racimolati sui mercati. Ecco, la strada verso il debito comune è segnata, quello deve essere il nostro prossimo obiettivo.
dal Festival dell’ottimismo del Foglio, 31 ottobre 2020
Contro il nazionalismo sui vaccini
La via europea ci ha permesso di evitare la concorrenza tra i paesi europei e impedire che paesi ricchi si accaparrassero la maggior parte dei vaccini. Sono fortemente contrario a qualsiasi accordo bilaterale e vi chiedo di essere chiari nel rifuggire ogni tentazione di nazionalismo sui vaccini. Un approccio comune consente anche di monitorare, indagare e sanzionare ogni tentativo di frode ai danni degli stati membri. Solo una politica comune può permettere di regolare anche la mobilità. Il certificato vaccinale può essere lo strumento adatto a consentire a tutti, in modo uguale e non discriminatorio, di tornare alla normalità. Non possiamo aspettare e questo è il momento giusto per decidere. (...) Le campagne di vaccinazione hanno successo se i cittadini hanno fiducia. Dovremmo, inoltre, prevedere ulteriori accordi preliminari di acquisto qualora siano necessarie dosi di vaccini adattati alle nuove varianti. La fiducia è basata sull’informazione e sulla trasparenza. La risposta alla crisi deve prevedere più democrazia.
dal discorso al Consiglio europeo del febbraio 2021
Su Alexei Navalny
Alexei Navalny è stato minacciato, torturato, avvelenato, arrestato, incarcerato, ma non sono riusciti a farlo smettere di parlare. Come disse una volta lui stesso, la corruzione prospera dove non c’è il rispetto per i diritti umani, e credo che avesse ragione. La lotta alla corruzione è anche una lotta per il rispetto dei diritti umani universali. E’ senza dubbio una lotta per la dignità umana, per il buon governo e per lo stato di diritto.
alla consegna del Premio Sakarov 2021
Il progetto per l’Europa
L’Europa ha anche e soprattutto bisogno di un nuovo progetto di speranza, un progetto che ci accomuni, un progetto che possa incarnare la nostra Unione, i nostri valori e la nostra civiltà, un progetto che sia ovvio per tutti gli europei e che ci permetta di unirci. Penso che questo progetto possa essere costruito intorno a tre assi forti, a un triplice desiderio di Europa che sia unanimemente condiviso da tutti gli europei: quello di un’Europa che innova, di un’Europa che protegge e di un’Europa che sia faro.
dall’ultimo discorso al Consiglio europeo, 16 dicembre 2021