Silvio Berlusconi (Ansa)

La corsa al colle

Le audaci mosse del solito Berlusconi 

Giuliano Ferrara

Il Cav. ha scombinato giochi e consuetudini per il Quirinale, confermandosi un gran combattente. Applausi 

Berlusconi ha scombinato i giochi degli altri e sta facendo il proprio gioco, sulla linea di una missione apparentemente impossibile, con notevole efficacia. La chiave di tutto è nella scelta di candidarsi senza esitazioni e pubblicamente, già in sé una innovazione rivoluzionaria nella procedura felpata, da seggio elettorale segreto, esoterico, paramassonico, senza candidati e programmi, in cui si sceglie sulla base di conciliaboli riservati e controllo ravvicinato dei voti nel famoso catafalco, da sempre considerata la procedura standard prevista dai costituenti per la scelta di un uomo super partes. Ma ora fa un passo avanti. Enrico Letta, che ha una vena conformista indubbia, addirittura non ci crede, pensa che arriverà una smentita. Non è possibile che uno si dica candidato al Quirinale e per giunta dichiari che se non venisse eletto sarebbe pregiudicata la maggioranza che regge oggi il governo e ne deriverebbe la fine della legislatura.

 

Letta non crede alle sue orecchie. Ma parlamentari, altri grandi elettori ed establishment, se così si possa dire, hanno sentito benissimo. Berlusconi non è solo un candidato outsider, la cui storia e posizione sembrerebbero fatte apposta per escludere una fine di carriera come primo magistrato della Repubblica, non solo procede con modalità del tutto inedite, è anche un candidato che butta nella mischia politica decisiva la sua forza, ciò che su Repubblica da Ezio Mauro è chiamato “ricatto”. Eppure si dovrebbe riconoscere che qui si tratta di una sincera vocazione a far funzionare le relazioni politiche e i rapporti di forza secondo la regola intrinseca alla manovra politica, che ha portato in passato a molte elezioni in base a considerazioni politiche analoghe, definibili come “ricattatorie”, semmai, nel caso del Cav., con un di più di chiarezza e se vogliamo di impudica sicurezza di sé e del proprio buon diritto.

 

Credo che quella di un Berlusconi che accatasta voti per poi ritirarsi e fare il kingmaker sia un’illusione. Può forse virare verso questa soluzione ma solo dopo aver verificato fino in fondo la praticabilità di una lineare e un po’ assurda candidatura concepita per risultare vittoriosa a maggioranza assoluta del corpo elettorale. E anche in questo caso, con ogni probabilità il king indicato dal kingmaker sarebbe una sorpresa per tutti, tale da scompaginare potenzialmente i giochi di colui che il Cav. indica come il suo diretto antagonista (Mario Draghi). Per adesso il Cav. conta su un voto compatto del blocco di centrodestra, e ha indicato nella fine del centrodestra, almeno quello teoricamente vincente alle elezioni, con una proiezione popolare europea e di centro, il risultato di una rivolta o dissociazione in nome di un piano B da parte dei suoi alleati incerti e in difficoltà. Anche qui, più che di ricatto, si deve parlare di una ordinaria condizione politica, una cosa che fa scandalo solo perché è enunciata apertamente e con sprezzo del pericolo. Quanto al Parlamento frastagliato, ondeggiante, in cui Berlusconi si mostra sicuro di poter raccogliere voti sufficienti a determinare il quorum quirinalizio, bè, la prospettiva di una desolidarizzazione da una maggioranza già virtualmente in dissolvimento avvicina le elezioni e con esse la paura di scomparire da ogni gioco di molti peones, avvantaggiando l’outsider che rassicura sulla legislatura e promette comunque una maggioranza di governo presidenziale in caso di sua elezione.

 

 

In poche mosse Berlusconi ha cambiato una dubbia consuetudine costituzionale; ha reso necessaria, anche se non sufficiente, una controcoalizione difficile tra Conte, Di Maio, Letta, Speranza e il centro renziano e circonvicino, sulla cui eventualità pesa l’incognita di chi dovrebbe sostituire l’eletto Draghi che trasloca da Palazzo Chigi, e molti altri fattori; e ha messo in brache di tela i candidati vecchio stile, i defilati, quelli che non vogliono o non possono parlare e non mettono sul piatto della bilancia elettorale il peso esplicito della politica. Il Cav. si conferma, comunque vadano a finire le cose in uno di quei sogni a occhi aperti che per gli avversari è un incubo, un gigante dell’opportunismo politico, del tempismo, e un combattente bestiale, audace e tremendamente volitivo.
 

Di più su questi argomenti:
  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.