una nuova maggioranza?
Tra palazzo Chigi e il Quirinale. Perché si torna a parlare di rimpasto
Con l'elezione del presidente della Repubblica si aprono nuovi scenari per il dopo Draghi. Renzi, Salvini e Letta, pur da posizioni differenti, aprono all'ipotesi di un governo politico, coi leader di partito come ministri
Convergenze inaspettate, un gioco di posizioni. O forse solo un tentativo di mischiare le carte in tavola e prendere tempo, in vista della volata quirinalizia. Un modo per aprire la strada a Mario Draghi o ancora, secondo altre letture, una strategia per serrare i ranghi, compattare i propri parlamentari, con l'assicurazione di una legislatura che arriva alla naturale scadenza del 2023, prima di sedersi al tavolo degli accordi. Sta di fatto che, mentre si rincorrono candidature, endorsement e identikit con vista Colle, nelle ultime uscite dei leader politici c'è un'idea che si rincorre e si ritrova, in maniera quasi bipartisan: “rimpasto”.
Il primo, in questo senso, a paventare l'ipotesi è stato Matteo Renzi, convinto che il bis di Mattarella sia impossibile, e per questo pronto a sostenere l'ascesa dell'attuale premier, quello che tutti reputano il candidato numero uno, il migliore possibile, ma rispetto al quale nessuno si è ancora espresso chiaramente. E allora, dice l'ex sindaco di Firenze, “per garantire la saldezza del governo che succederà al premier attuale sarebbe bene che ci entrassero tutti i segretari dei partiti di maggioranza”. Una sorta di patto, con scadenza, per garantire la continuità dell'esecutivo, la stessa evocata da Draghi nella conferenza di fine anno.
Ecco che allora il rimpasto si fa più di un'ipotesi, diventa possibiltà. Perché lo stesso schema disegnato dal senatore di Scandicci emerge, pur per sentieri diversi, anche nei ragionamenti del leader della Lega. Certo, da quelle parti, la prima scelta, o almeno quella ufficiale, si chiama Silvio Berlusconi, sul quale “nessuno da sinistra può mettere veti”. Ma intanto, in attesa che il Cav. “dica qualcosa e sciolga le riserve”, il capo del Carroccio si porta avanti, tesse le trame, si propone: “Una volta eletto il capo dello stato, bisognerà riflettere anche sulla natura del governo”, risponde a Bruno Vespa durante Porta a Porta. Allontana i tecnici e spiega che “bisognerebbe mettere in campo tutte le energie migliori possibili da parte dei partiti. Sicuramente un governo debole non fa un buon servizio agli italiani”. Le forze parlamentari, insomma, “riflettano se non valga la pena metterci gli assi di briscola”, aggiunge Salvini parafrasando la proposta renziana e chiarendo di essere pronto a tornare in Consiglio dei ministri: “Io non uso ritirarmi dalle mie responsabilità”. Una posizione che lascia intendere come in via Bellerio non stiano proprio fremendo dalla voglia di tornare a votare immediatamente.
Un po' quello che, praticamente nelle stesse ore, ma in un altro studio televisivo, andava predicando in maniera più sfumata il segretario del Pd. “La legislatura deve andare fino alla scadenza naturale", ha detto Enrico Letta intervistato a Di Martedì, indicando la destinazione e anche il percorso: “ma c’è bisogno di un nuovo accordo di governo, che deve trovare nuova energia. Quando si andrà al tavolo tutti dovranno andarci con l'idea di fare gli interessi del paese”, è l'appello dell'ex professore di Science Po che tuttavia reputa una riedizione in chiave nazionale della maggioranza Ursula “molto improbabile, anche per un motivo semplice. Siamo in una fase della vita del Paese complicata. E questo mi fa pensare che sia più utile che la fine della legislatura sia gestita da una maggioranza larga e non da una che deve cercare i voti in Parlamento”.
Come potrebbe accadere, tenendo fuori dal governo la Lega a cui subito dopo lo stesso Letta si è rivolto: “Chiedo a Salvini di fare un accordo su un presidente della Repubblica super partes, sul modello di quello che è stato Mattarella in questi anni, e che ci si dica che cosa vogliamo fare nell'ultimo anno della legislatura. Anno che deve avere un governo che sia in grado di continuare le cose che si stanno facendo adesso”.
Dal Movimento 5 stelle intanto non sono arrivate reazioni, Conte è impegnato nell'opera di mediazione con i suoi senatori, che sperano ancora nel Mattarella bis, specie dopo la battuta dello stesso segretario Pd, per cui un secondo mandato sarebbe "il massimo". Ma ieri, prima ancora delle uscite di Letta e Salvini, il coordinatore economico grillino Stefano Buffagni riteneva, in un'intervista al Corriere, "doveroso un accordo sul Quirinale legato anche al governo, fino a fine legislatura con una legge proporzionale con soglia di sbarramento alta". Evidententemente uno scenario che anche i pentastellati prendono in considerazione.
Al 24 gennaio non manca ormai molto, dalle richieste lanciate in prima serata si passerà presto agli accordi, alle discussioni e ai compromessi. Da qui passa un (eventuale) nuovo governo. E dal Quirinale al rimpasto, la strada potrebbe poi essere un po' meno tortuosa di quel che appare.