Pronto? Sono il Cavaliere

Il telefono è il superpotere di Berlusconi per il Quirinale

Salvatore Merlo e Simone Canettieri

L’aveva bandito dalla sua vita, gli erano bastate le intercettazioni del Bunga Bunga. Ma ora lo riscopre. Richieste, promesse, regali e qualche malinteso

E’ diventato l’oggetto magico che amplifica i suoi superpoteri suadenti, tipo piffero di Hamelin. Lo afferra di sera, questo strumento che in passato lo aveva portato in tribunale e adesso invece potrebbe sospingerlo al Colle. Il cordless nero del salotto di Arcore, o il mega telefono ministeriale anni Ottanta che tiene sulla scrivania dello studio a Roma. Lo prende, e chiama. Ma poiché sempre più spesso ormai va a letto tardissimo, qualche telefonata lui l’ha fatta partire addirittura all’una di notte. Con risvolti inaspettati. Tipo: “Pronto, sono Silvio Berlusconi”. E l’altro, pensando a uno scherzo: “Ma va a cagare”.

Una tempo era Papa Francesco che chiamava a sorpresa case famiglia, pretini, seminaristi e novelli sposi. Ora è Berlusconi che fa squillare i cellulari di mezzo Parlamento, con una predilezione anche lui francescana per gli ultimi, i sofferenti, i futuri disoccupati. Insomma per i peones. I tanti onorevoli Scrovachicchi della Camera, il sottobosco anonimo del gruppo Misto che da sempre è la San Patrignano dei reietti e dei delusi alla ricerca di redenzione. Di un’altra possibilità. 

E allora eccolo, Silvio Berlusconi, ottantacinque anni: in azione. Si siede in poltrona, o alla scrivania, inforca un paio di occhiali da presbite, posa lo sguardo su un foglio che contiene tutte le informazioni rilevanti sul parlamentare da chiamare (compresa la dichiarazione patrimoniale), e finalmente parte la telefonata. Cinque minuti, non di più. Con Nicola Acunzo, ex deputato del M5s, prototipo di inquilino da gruppo Misto, uno che s’è trovato in Parlamento per caso, è andata all’incirca così. “Mi dicono che lei è attore di fiction”, si sente dire quello dal proprietario di Mediaset, Medusa film e Taodue produzioni. E già uno si deve immaginare la faccia di Acunzo. Alla fine la conversazione prende una piega talmente buona che il peone-attore non solo promette a Berlusconi il suo voto, ma pure quello di un altro parlamentare amico suo. Ciak, si gira.
     
Il telefono ti allunga la vita, come diceva una vecchia pubblicità della Sip. O ti sputtana per sempre. E questo il Cavaliere lo sa meglio di chiunque altro al mondo. “Io continuo a parlare con chiunque”, diceva a dicembre del 2008. Non l’avesse mai fatto. Un mese dopo era travolto dalle intercettazioni, sospeso tra Moulin Rouge e Fortezza Bastiani, con Noemi, Nicole, Patrizia, Giampy, il Bunga Bunga e Ilda Boccassini. Maledetto telefono. Nel 2009 questo strumento utile e crudele lo fece litigare con Angela Merkel, al vertice Nato di Baden Baden. Lei lo aspettava, ma lui le dava le spalle e intanto parlava (“ero al telefono con Erdogan”). Prima ancora c’era stato Michele Santoro che mandava in onda le sue conversazioni con Confalonieri e Dell’Utri. Quelle sullo stalliere Mangano.

Strumento del diavolo, altroché. Ragione per la quale, a un certo punto, il Cavaliere, stufo, aveva chiuso col telefono. Basta. Mai più. Il cellulare venne consegnato prima a Maria Rosaria Rossi, poi a Deborah Bergamini e infine a Licia Ronzulli. E infatti “non me lo passano più” diventa da quel momento la lamentela corale dei cortigiani e dei vecchi amici di Forza Italia. Persino del ministro Brunetta che a ottobre si sfogava, quasi piangendo, durante un’assemblea.

Ma adesso tutto cambia. Di nuovo. “Pronto, sono Silvio Berlusconi”, si sentono dire gli onorevoli Enrico Costa, Stefano Mugnai, Guido Germano Pettarin. I telefonati che talvolta, prima della voce del Cavaliere, sentono – e scoprono — quella della fidanzata Marta Fascina, com’è successo al renziano Camillo D’Alessandro. Linee bollenti. Sempre occupate. Perché se non sono i peones, sono gli esploratori del Cavaliere. Sgarbi, Polverini, Rotondi, Barelli. “Allora, ragazzi, a che punto siamo?”. A ciascuno una richiesta, una promessa e un regalo. Il quadro delle tre Venezie (battuta ingrata che circola: “La cosa di maggior valore è la cornice”).

E insomma è il telefono che muove il sole e le stelle, tra sogno e pallottoliere. La logica, con la sua tranquilla lucidità, porterebbe il Cav. a disperare. Il Quirinale è irraggiungibile. Ma il telefono no, il telefono lo rassicura. E’ una camera delle meraviglie. Gli conferma d’essere il seduttore di sempre. Come nel film di Sorrentino, quando Servillo/Berlusconi per dimostrare a se stesso di non aver perso il tocco telefona a una casalinga e le vende un appartamento. Che ovviamente non esiste.

Di più su questi argomenti: