il gioco per il colle
Eletti tutti i delegati regionali. Ecco il pallottoliere del Quirinale
Poche sorprese dalle regioni. La maggior parte dei grandi elettori vanno al centrodestra ma in entrambe le Camere il gruppo Misto è numerossissimo e sarà determinante per la scelta del prossimo presidente della Repubblica
Con il voto dei consigli regionali di Emilia-Romagna e Toscana si è chiusa questo pomeriggio la trafila dell’elezione dei delegati delle regioni che il 24 gennaio, come vuole la Costituzione, si uniranno a deputati e senatori a palazzo Montecitorio per votare il nuovo presidente della Repubblica. Dall’Emilia-Romagna arriveranno nella Capitale il governatore dem Stefano Bonaccini, la presidente del consiglio, anche lei Pd, Emma Petitti e il capogruppo della Lega Matteo Rancan. Stesso schema anche in Toscana. I grandi elettori della regione saranno Eugenio Giani, il presidente del consiglio regionale Antonio Mazzeo e il leghista Marco Landi. Ogni regione ha eletto tre delegati (fa eccezione la Valle d’Aosta a cui ne spetta uno solo) per un totale di 58 grandi elettori. In generale non ci sono state sorprese. Quasi ovunque è stata rispettata la prassi che stabilisce di votare il presidente della regione, quello del consiglio regionale e un consigliere del più nutrito gruppo di opposizione. Fa eccezione solo la Lombardia dove settimana scorsa, con l’aiuto dei voti del centrodestra, il grillino Dario Violi ha scavalcato il dem Fabio Paris, nonostante il gruppo Pd del Pirellone sia più numeroso di quello del M5s.
Dato di genere: dei 58 delegati regionali eletti sono solo sei le donne, il 10,3 per cento (sono la capogruppo grillina in Abruzzo Sara Marcozzi, la governatrice dell’Umbria Donatella Tesei, la consigliera campana di Fi Annarita Patriarca, le presidenti dei consigli regionali di Puglia ed Emilia-Romagna, Loredana Capone ed Emma Petitti, la capogruppo dem in Trentino Sara Ferrari).
La maggior parte dei 58 grandi elettori delle regioni vanno al centrodestra: 32 su 58. La Lega ne guadagna 15, segue Forza Italia con 10, mentre 5 sono di Fratelli d’italia. Si aggiungono, infine, il governatore siciliano, vicino alla Lega, ma autonomo, Nello Musmeci e quello della Liguria Giovanni Toti, leader di Coraggio Italia. Con 20 delegati, il Pd è il partito che ottiene più grandi elettori da aggiungere alle truppe parlamentari. Sempre nel campo del centrosinistra, si aggiungono i 4 delegati regionali del M5s. Poi, i due delle minoranze linguistiche, il governatore della Valle d’Aosta Erik Lavevaz e il presidente del consiglio regionale trentino Josef Noggler del Südtiroler Volkspartei.
Con i 58 delegati regionali – che si aggiungono ai 321 senatori (315 più i 6 a vita) e ai 630 deputati – si arriva finalmente ad avere la lista completa dei 1.009 grandi elettori. Facendo un po’di conti è questo lo scenario che si prospetta.
Nonostante i pochi delegati regionali ottenuti, il M5s rimane la principale truppa parlamentare con un totale di 235 grandi elettori, segue la Lega con 212. Terzo c’è il Partito democratico, che potrà contare su 154 uomini tra deputati, senatori e delegati regionali. Forza Italia si attesta a 139, seguono Fratelli d’Italia con 63 votanti, Italia Viva con 44 e Coraggio Italia con 23. In totale il centrodestra (Lega, Fd’I, Fi, Coraggio Italia, Idea-Cambiamo) si presenta con 452 elettori. Mentre il centrosinistra (considerando insieme Pd, Iv, Leu e soprattutto l’imprevedibile M5s di Conte) si attesta quasi sullo stesso numero, 451. In questo computo alcuni sottogruppi del Misto di Camera e Senato – come Leu, Noi con l’Italia e Idea – sono stati già calcolati.
In entrambe le camere d’altronde il gruppo Misto è numerossissimo: 65 deputati e addirittura 51 dei 321 senatori a cui vanno aggiunti gli 8 delle Autonomie linguistiche. In totale significa 124 grandi elettori. Levando i senatori comunque appartenenti a schieramenti riconoscibili, ma anche i sei senatori a vita (quattro iscritti al Misto senza alcun sottogruppo e due, Giorgio Napolitano ed Elena Cattaneo alle Autonomie), rimane una nube indistista di 98 parlamentari. Quello che faranno, chi seguiranno, potrà essere determinante per la scelta del prossimo capo dello stato. Tra questi ci sono alcuni gruppi più vicini al centrosinistra, come i sei senatori del Centro democratico di Bruno Tabacci e i cinque parlamentari di Azione e +Europa. Si aggiungono i 9 del Maie (il movimento degli italiani all’estero), i 10 parlamentari delle minoranze linguistiche (a cui vanno aggiunti due delegati regionali di Valle d’Aosta e Trentino).
A farla da padrone nel minestrone del Misto, comunque, sono gli ex grillini, una fucina ineasuaribile di varianti parlamentari. Ci sono i 3 senatori di ItalExit di Gianluigi Paragone, i 16 di Alternativa c’è, deputati usciti dal Movimento dopo l’ingresso nel governo Draghi, a cui se ne aggiungono altri 19 non iscritti ad alcun sottogruppo. Al Senato gli ex grillini nel Misto sono addirittura 21. Ma i transfughi del Movimento hanno generato qualsiasi cosa. Elio Lannutti si è inventato il sottogruppo dell’Italia dei Valori, Matteo Mantero quello di Potere al Popolo, Emanuele Dessì ha permesso di mettere un piede dentro palazzo Madama al partito Comunista di Marco Rizzo. Per finire il gioco del pallottolieri mancano i fuori usciti degli altri partiti, rimasti senza una nuova casa: due ex Pd, tre ex FI e un ex Lega. I calcoli sono complicati, la ricerca della soluzione è cominciata.