Dalemiani anonimi
A Venezia c'è un fantasma che terrorizza il Pd
Il già tribolato centrosinistra lagunare sta facendo i conti con una misteriosa serie di messaggi denigratori, opera di “qualcuno che conosce molto bene l’ambiente. E non vuole affatto bene ai dem”, dice la futura segretaria cittadina
A Venezia c’è un fantasma che terrorizza il Pd. Sostiene che da tempo ha perso la sua identità. Semina zizzania, accusando gli esponenti dem di flirtare con il centrodestra. E sa come mettere gli uni contro gli altri, perché li conosce bene, dall’interno. Un autentico sabotatore: sembra l’ennesima parabola di D’Alema, da Articolo 1 con furore. Se non fosse per lo scivolamento dialettale. “Per il Pd ormai conta solo spartirsi le careghe”. Le poltrone. Firmato: “Matita rossa”. Più che nome di battaglia, partigiani da tastiera. Figurarsi se al vecchio Massimo non scapperebbe un sorriso, a sapere che la politica del rancore fa scuola fino a Palazzo Ducale.
Tutto è iniziato qualche settimana fa. Alla direzione locale del partito arriva una serie di misteriose missive. Ce l’hanno contro le scissioni interne, gli scarsi risultati, l’aver messo in secondo piano l’interesse dei cittadini. La modalità è il messaggio in forma privata, con sfumature diverse a seconda dei destinatari. Soprattutto i candidati unici dei congressi: in Veneto e a Venezia, sono giorni di elezioni in casa Pd. E il tempismo di “Matita rossa” non può essere casuale. Sabato scorso il deputato Andrea Martella è diventato nuovo segretario regionale, con tanto di benedizione di Enrico Letta in videoconferenza. Il giorno dopo è toccato a Matteo Bellomo, eletto dall’assemblea metropolitana. Mentre il 23 gennaio sarà la volta di Monica Sambo, verso il comando in comune.
È stata lei a denunciare per prima “il correntismo anonimo” che sta destabilizzando l’intero ambiente dem. “Atti denigratori inaccettabili”, contrattacca la giovane capogruppo consiliare del Pd veneziano. “Queste note a ripetizione, da parte di un gruppo non specificato, danno giudizi inqualificabili sul nostro operato e mistificano la realtà dei fatti. È frustrante battersi per un contesto difficile come il centrosinistra in questa regione, e ricevere in cambio solo accuse di attaccamento alle poltrone o di stampella della destra”. Così in laguna è caccia grossa a “Matita rossa”. Per ora senza successo. “Non so chi possa esserci dietro né quanti siano”, dice Sambo. “Ma di sicuro, qualcuno che non vuole bene al partito”.
Ci mancavano solo i gufi, della serie. Perché il Pd a Ca’ Farsetti versa in acque torbide da tempo. Lontani i fasti del ventennio di governo: fino al 2014 Venezia era una roccaforte rossa in terra padana, poi lo scandalo Mose travolge l’allora sindaco Orsoni e fa tabula rasa. La formula civica di Luigi Brugnaro intercetta un elettorato spazientito, soprattutto in terraferma. Sposta la città a destra. Mentre i dem perdono l’orientamento, sbagliano candidati – nel 2015 l’ex pm Casson, due anni fa la strategia a perdere con Pier Paolo Baretta, poi svernato a Napoli come assessore al bilancio per Manfredi – e faticano all’opposizione. Anche perché le nuove leve “vengono abbandonate dai colleghi più esperti per la loro corsa personale in Parlamento”, di nuovo dagli scritti di “Matita rossa”, che alle frecciatine gratuite alterna sprazzi di analisi politica. La stessa Sambo ammette: “Non c’è dubbio, come Pd e come centrosinistra dobbiamo fare molta strada per tornare in sintonia con le persone. Però noi proviamo a costruire”. Touché. I criticoni anonimi all’opposto sfasciano. Stile D’Alema, appunto. Venezia ne farebbe volentieri a meno.