centrodestra bloccato
Berlusconi è una sfinge e tiene in ostaggio Salvini (che inizia a perdere la pazienza)
Il Cav. è ancora convinto di farcela, dice Gianni Letta. Entro domenica scioglierà la riserva. Ma il leader della Lega teme il colpo a effetto: domani sarà a Milano
“Va avanti, fino a quando non ci ripensa”. Ma ci ripensa? “Al momento dice di essere il candidato più forte in campo”. Chi parla con Silvio Berlusconi in queste ore fa i conti con gli elementi “irrazionali e imprevedibili del Cavaliere”. Un mix ben assortito di sfida alla realtà e superomismo. Il pallottoliere è bloccato intorno a 480 voti (salvo scherzi degli alleati, sempre più nervosi) secondo gli ultimi calcoli. I ministri azzurri – Brunetta, Carfagna, Gelmini – nelle ultime ore gli hanno mandato a dire che “non ci sono i numeri”.
Il telefono per il momento è muto: lo scoiattolo, che dà il nome all’operazione Quirinale del capo di Forza Italia, è rientrato nella tana. Ad Arcore dicono che il presidente è “in pausa di riflessione”. Entro domenica scioglierà la riserva. Potrebbe palesarsi a Roma, ma anche no. L’ipotesi meno probabile – pesarsi alla quarta votazione – rimane sul tavolo. “Il risultato non è raggiunto, ma è raggiungibile”, è il motto del Cav. Convinto, dicono, che nel segreto dell’urna potrebbe spuntare la sorpresa. Matteo Salvini sta subendo questo atteggiamento: teme che alla fine l’“amico Silvio” possa scartare, convergere su un altro nome. Gli azzurri assicurano che Mario Draghi per il momento non è nella testa di Berlusconi. Ma chi sta in quella testa? Gianni Letta sembra rassegnato e conferma a Ignazio La Russa che “va avanti: è ancora convinto di...”. Salvini è impaziente: all’ora di pranzo vede in un appartamento del centro Giuseppe Conte per cercare un nome condiviso. Ragionano sul nome di Paola Severino.
Conte prima di incontrare Salvini avvisa Enrico Letta, che lavora, fra mille difficoltà, per l’opzione uno: Mario Draghi. “Dobbiamo cercare di fare un altro tentativo”, si dicono l’ex premier e l’ex ministro dell’Interno, due debolezze che sperano di fondersi in una forza.
Nella Lega il clima è incandescente. I parlamentari eletti al Sud lamentano di non essere stati coinvolti, sono pronti a salutare il Capitano se sbaglierà la mossa. Aria d’esame di maturità. Al punto che fino a oggi non si sa ancora se Salvini riunirà i gruppi prima del voto (scusa ufficiale: “Non riusciamo a trovare sale capienti”). Tutto finisce nel frullatore, come salgono le quotazioni di Elisabetta Casellati, presidente del Senato. “Berlusconi non è un re, ma un imperatore, e gli imperatori non hanno eredi”, dice il senatore Paolo Romani che lo conosce bene. Tutte le opzioni si elidono a vicenda. Vittorio Sgarbi, vivace telefonista per il Cav. ma ormai fermo, continua a ripetere che “si ritirerà per fare un altro nome”. Suggestioni sul Mattarella bis, nonostante l’ennesimo “no” pronunciato dal capo dello stato. Salvini domani sarà a Milano: è pronto ad andare ad Arcore pur di non rimanere appeso fino a domenica. E’ l’ora dei cattivi pensieri e dei sospetti nel centrodestra. L’incontro gialloverde piomba a Villa San Martino e viene interpretato per quello che è: un messaggio chiaro di sfiducia al leader di Forza Italia. Tanto che deve uscire una nota del Carroccio per ribadire lealtà nei confronti del candidato sospeso. Che resta sulla soglia, e però impedisci a Salvini di giocare la sua partita. E così il capo della Lega freme e continua a dire che “Draghi sta facendo un ottimo lavoro a palazzo Chigi e sarà fondamentale un governo efficace e forte viste le sfide delicatissime dei prossimi mesi”.