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La trattativa

Il negoziatore Draghi. Incassa il sostegno di Orlando e prepara il governo del dopo

Carmelo Caruso

Prosegue la mediazione del presidente del Consiglio. Il vero nodo è il governo che verrà. Fuori i tecnici e anche Dario Franceschini. In pole come premier Colao. È tornata la vecchia politica e il suo lessico

È dunque tornata. Non solo perché “politica” è adesso la mediazione tra Mario Draghi e i partiti e non tanto perché “innesti politici” sarebbero l’indispensabile, il “nec sine te, nec tecum vivere possum” di Matteo Salvini, Matteo Renzi e di Enrico Letta che preferisce per il Quirinale una “figura non politica”. Non c’è nulla di male, anzi, in questo commercio di “stabilità”, “legge elettorale” e perfino nella sostituzione dei ministri tecnici, a eccezione di Marta Cartabia e di Vittorio Colao, sempre più il quasi premier “in caso di trasloco”, in questa serrata e segreta negoziazione che i partiti portano avanti con Draghi nella parte dell’ostaggio, ma da proteggere.

Ed è infatti la negoziazione benedetta, il “per grazia ricevuta”, per i tecnici del Mef, ma in particolar modo per Daniele Franco che, ieri, è così riuscito a guadagnare tempo, a limare il testo contro il caro bollette perché, avrebbe detto, spalleggiato dal soprasegretario Roberto Garofoli, “meglio rimandare di un giorno un Cdm anziché farne due perché non se n’è fatto bene uno”. Si terrà infatti oggi. E’ quindi “politico” il pensiero di Andrea Orlando che, in una telefonata con Draghi, avrebbe spiegato come non ci sia nessuna pregiudiziale sul suo nome al Colle ma che senza di lui “navigare a Chigi sarà difficile”. Nel suo codice “politico” significa che è per Draghi al Quirinale ma che vuole conoscere la mappa. Cambierà tutto anche se non dovesse cambiare nulla. I partiti chiederanno l’avvicendamento di  Giovannini,  Cingolani, Bianchi. In caso di elezione di Draghi perché “serve un governo forte” e nell’altro perché “bisogna rafforzare Draghi”.

   

È dunque vero che esiste una “trattativa”, che prosegue tra Draghi e i partiti, e che solamente qui, in Italia, bisognerebbe riflettere sul perché sia diventata una parola malvagia e non più la lezione di Cavour. Quella “mancata” di Aldo Moro è ancora una maledizione. Pure in questa la sinistra si sta dividendo. Ieri, quella di Guerini e Orlando era per la “linea morbida” mentre quella di Dario Franceschini era “per la linea della fermezza”. Non vuole Draghi al Quirinale e fa sapere che “state sottovalutando Berlusconi” e che “senza Draghi il rischio è il governino”.

Ed è chiaro che in questo sliding doors del premier intravede il suo perché, come racconta un deputato del Pd, “Letta ha un accordo politico con Guerini e Orlando. E poi deve entrare una donna. Se entra Irene Tinagli entra in quota Letta esce Franceschini. Politicamente è lui il più debole”. E per una volta sarebbe il caso di dire “evviva” ragionando di questo traffico: ministri, rimpasto, legge proporzionale (che non vuole Giorgia Meloni ma che piace al Pd, che non dispiace a Salvini).

  

Non è dunque mancanza di rispetto nei confronti del premier scrivere che lo “scambio” è la vera soluzione di questa elezione presidenziale che potrebbe risolversi se solo Matteo Salvini avesse il coraggio di “cambiare” candidato dato che anche Sergio Mattarella non continua a cambiare idea. Al plenum del Csm ha ripetuto che presto “il Csm sarà presieduto da un altro capo dello stato”.

  

Ecco perché ieri, a Palazzo Chigi, solo la visita di Carlo Bonomi, il presidente di Confindustria, non è stata scambiata per quello che non era. Ha parlato con il premier delle prossime misure economiche. E però, subito dopo quella di Elisabetta Belloni (smentita) la direttrice generale del Dis, diventava la visita di una “possibile nuova ministra”. E anche questo piccolo giallo cosa è se non “politica”? È vero che è stata vista entrare a Palazzo Chigi ma nessuno può confermare che abbia visto Draghi. Ecco la novità. Nel bazar di questo palazzo sono tornate le vecchie stoffe:  “Accordo di legislatura”,  “governo dei segretari”. Rianimata dal “tecnico” è di nuovo “politica”. È tornato Guicciardini.

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio