i giochi per il colle
Salvini pensa a Casellati per tentare M5s e Pd, ma continua a trattare anche con Draghi
L'asse Renzi-Letta brucia Frattini. Ma al Nazareno temono le mosse di Conte. Serracchiani avverte i deputati del M5s: "Se votate con Salvini viene giù tutto"
I nomi da offrire al centrosinistra sono un diversivo, perché "la partita vera è sul governo", dice Giorgetti. Ma la manovra è pericolosa e i vice di Salvini chiedono ai grillini di mollare i dem e votare a destra
La decisione è maturata nella notte, dettata dai contatti serali con Antonio Tajani e Giorgia Meloni. E così, quando Matteo Salvini riunisce i senatori prima e i deputati poi, a metà mattinata, l’indiscrezione circola già da ore: “Presenteremo una rosa di nomi, donne e uomini di alto profilo. E lo faremo come centrodestra unito”, comunica il capo della Lega. Quello che non rivela è la composizione di quella lista, che però conterrà di certo i nomi di Elisabetta Casellati e Marcello Pera, e dovrebbe essere corredata da quelli di Franco Frattini, Letizia Moratti e Carlo Nordio, l’ex magistrato veneziano proposto ieri dalla leader di Fratelli d’Italia. Non c’è Mario Draghi, evidentemente, e questa è senz’altro il dato più clamoroso. “E’ meglio che resti a Palazzo Chigi”, taglia corto coi suoi parlamentari Salvini, col tono di chi non si esercita in dissimulazioni.
In realtà, come anche Matteo Renzi lascia intendere alle sue truppe, il rito un poco inconcludente della presentazione dei listini non è detto che precluda la strada del Colle al premier: di certo, però la rende più lunga, forse più impervia. Perché, stando a quanto gli ambasciatori rosso gialli hanno fatto trapelare, anche il centrosinistra potrebbe a questo punto avanzare una propria proposta, formalizzando forse quella candidatura di Andrea Riccardi, storico e fondatore della Comunità di Sant’Egidio, che ha finito per crederci davvero alla sua grande occasione. E così, ragionano dalle parti di Italia viva, bisognerà che si consumino entrambe le opzioni, che da un lato e dall’altro si tenti una inutile prova di forza, per poi convenire sulla necessità di trovare un profilo condiviso. E qui i nomi che circolano restano, al momento, due: Draghi e Pier Ferdinando Casini. E va registrata allora una certa convergenza di vedute tra il senatore di Scandicci e Giancarlo Giorgetti: il quale continua a considerare l’ipotesi di un’ascesa al Quirinale del premier come la più probabile, e vede nel prolungarsi dei tempi e delle ritualità imposto da questi tentativi “di parte” un modo per concedere più spazio di manovra a chi sta negoziando “la partita piccola che potrebbe sbloccare la partita grande”, ovvero la composizione del nuovo governo che aprirebbe la strada del Colle a Draghi. Insomma, un fare ammuina per far maturare gli eventi. Chisà.
Di certo c’è che Salvini, l’idea di tentare uno strappo su un profilo di centrodestra, non la considera solo un diversivo. Almeno a giudicare dall’insistenza con cui Andrea Crippa, il suo vicesegretario delegato a monitorare il fronte grillino, in queste ore sta avvicinando parlamentari del M5s per indurli in tentazione: “Ma perché dovete restare nell’ombra del Pd? Ma liberatevi di Letta e soci e votate con noi un candidato di centrodestra, no?”. Una moral suasion che forse non è così insensata, se nel Pd si attivano per sabotarla. E allora ecco Debora Serracchiani, capogruppo dem alla Camera, che chiama i suoi colleghi del M5s: “Dite a Giuseppe Conte di togliersi dalla testa l’idea di fare un accordo sul Quirinale con Salvini, perché un attimo dopo viene giù tutto”. Ecco Emanuele Fiano, altro gran diplomatico dell’asse rossogiallo, usare stessi toni e stessi argomenti: “Amici miei, se voi votate col centrodestra nel segreto dell’urna, salta il governo e pure l’alleanza”. E in questo senso non è casuale il fuoco di fila che dal Nazareno scatenano di prima mattina contro Franco Frattini. Lia Quartapelle, responsabile Esteri del partito, è la prima a sentenziare che senza i crismi dell’atlantismo nessuno può aspirare al soglio quirinalizio, tanto più nell’incombenza di uno scontro militare tra Mosca e la Nato in Ucraina. Dopo di lei, arrivano anche Anna Ascani e Filippo Sensi. Il Pd segue insomma – e non è un fatto isolato, in queste ore – la stessa linea di Renzi, che già ieri pomeriggio scuoteva il capo e sbuffava d’incredulità: “Conte sta aprendo su Frattini. Il che significa che rompe con Letta per andare con Salvini, ma più ancora significa che rischiamo di avere un capo dello stato filorusso in un momento così delicato sul piano dei rapporti tra il Cremlino e Washington”.
E qui sta l’altro corno del problema, infatti. Il rischio dello scantonamento del M5s verso destra. Salvini ci crede, e forse per questo ha individuato il nome che, più di altri, può riscuotere consensi nel campo rossogiallo. Elisabetta Casellati: è lei, a fidarsi delle voci di senatori di Forza Italia vicini a Tajani, il profilo che è stato scelto per tentare la conta al quarto scrutinio. I grillini l’hanno già votata come presidente del Senato, nel 2018, e potrebbe quindi farlo di nuovo. Draghi non potrebbe aver molto da ridire, se a essergli preferita sarebbe colei che ricopre la seconda carica dello stato. E anche nel Pd, c’è chi non disdegna l’ipotesi, anche per poter incassare la poltrona che rimarrebbe vacante al vertice di Palazzo Madama. “Se finora alcuni di noi sono stati tiepidi nel chiedere a gran voce una candidata donna, è proprio per il timore che si finisca su di lei”, dice una influente deputata dem. Forse sono solo manovre di copertura, insomma, per arrivare a Draghi. Ma restano manovre pericolose: qualcuno potrebbe andare a sbattere lo stesso.