Politica al centro

Il talento di Mr Renzi in Transatlantico

Non è il kingmaker, ma al centro della scena c'è sempre lui, con abilità politica

Maurizio Crippa

Ha ricucito con Letta, parla con tutti, coglie prima degli altri i segnali ed elargisce i consigli. Un po' Grillo Parlante nel paese dei Barbagianni elettori, un po' abile nel capire che è il momento di fare politica. E non si stanca di dirlo

Ad esempio ieri, primo pomeriggio, è entrato in Transatlantico. Pochi istanti e il crocchio attorno a lui s’è fatto assembramento. Giornalisti di ogni testata per carpire un nuovo spoiler della lunga e confusa trattativa (minuscolo eh, ci perdoni il dottore Di Matteo) e colleghi grandi elettori: almeno la metà dei quali perfettamente non in grado di seguire la logica veloce e tagliente dei suoi ragionamenti. Ma il Fiorentino è così, mai geloso del suo talento e generoso fino alla dissipazione quando c’è da regalare spettacolo alla politica. È il lato estroverso di ogni egocentrico che si rispetti, con il Cav. e D’Alema in questo pari sono, e non sa risparmiarsi. Proprio si diverte a spiegare a tutti quel che lui vede per primo, e tenerli appesi alle sue parole svelte.

     
“Stavolta il ruolo di kingmaker spetta a voi”, aveva detto Matteo Renzi ai padroni di casa di Atreju a dicembre. E un mese dopo, ai cronisti che insistevano: “Io il kingmaker di questa elezione del presidente della Repubblica? Con Mattarella sì, questa volta no. L’altra volta avevo 400 parlamentari, ora ne abbiamo 40, è un po’ diverso”. Sapere di non essere il kingmaker ma saper rimanere al centro della scena: bisogna averlo nel sangue. Non dare le carte, epperò saper distribuire gli indizi, spezzare il mazzo. E dettare i tempi della danza a un gruppetto di capi partito che invece, per i ritmi di milonga di una vera trattativa, decisamente non hanno orecchio. “Serve un accordo, non siamo a Sanremo”, lo ha detto per tempo. Ma quelli non sanno ballare. Perché ci vuole orecchio per la politica, per i suoi respiri e i suoi lampi.

    
E Matteo Renzi, fosse anche soltanto per far rosicare i suoi odiatori professionali, di partito o di giornale, il talento della politica ce l’ha e si diverte a esibirlo, anche se magari masticando amaro, in cuor suo, per un ruolo soltanto da osservatore, da suggeritore, da Cassandra del disastro politico persino, che da settimane occupa costantemente, mobile ed estroverso. Al centro della scena.

     
Breve elenco a ritroso degli ultimi passi di danza, ma sembrano dribbling da trequartista, con cui Matteo Renzi ha spiazzato gli altri, o ha anticipato i tempi, oppure ha buttato all’aria con una battuta macchinose manovre di questi o di quelli. Ieri, appunto, a inizio pomeriggio, in Transatlantico l’idea semplice che però a nessuno era ancora venuta, o almeno non a metà del secondo giorno di chiama: “Spero che la presidenza inizi a far votare due volte al giorno: c’è una crisi pesantissima in Ucraina”. Sottotesto: ve ne siete accorti, o badate soltanto all’orticello?  “Il mio è un appello a fare presto”. Le cinquine prima e la terna dei candidati poi, insomma l’ultimo pensamento di Matteo Salvini? “Vanno bene a tombola”. Colpito e affondato. Ieri dal Pd hanno azionato la contraerea per atterrare la candidatura di Franco Frattini: troppo amico dei russi. “Renzi e Letta fanno muro”, tutti a scrivere. Ma il giorno prima, lo spin su Frattini russofilo girava già tra le redazioni. E chi era a spiegare ai cronisti che il profilo ha da essere “europeista e atlantista”? Chi è che in questi giorni in cui tutti scappano dalle interviste parla invece in continuazione con i giornalisti?  E il primo ad avvisare: “Quello che ha l’asso in mano e deve scegliere quando calarlo è Salvini”, ma “potrebbe fare la fine di Bersani”.

     

Non è che Matteo Renzi si sia soltanto ritagliato il ruolo di Grillo Parlante in questo riottoso paese dei barbagianni elettori. Sta facendo politica, con gli strumenti che ha. Mentre tutti continuano a ragionare sulla miccia corta della maggioranza secca, da giorni insiste sul fare in fretta a trattare, e su Draghi pura sintesi: “È un fuoriclasse, dove lo facciamo giocare?”. Renzi che nel frattempo ha ricucito i rapporti con Letta, che parla con tutti, così che quando dice una cosa è libero di dirla, e tutti gli altri invece sono obbligati ad ascoltare. Stavolta non è il kingmaker, ma se qualcuno vuole farsi dare le carte (o saprà anche leggerle, le carte?) una chiacchiera con lui, una sbirciata alla sua ultima intervista, la deve pur  dare.
  

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"