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Stabilità, credibilità e reputazione. Cosa ci regala la riconferma della coppia Mattarella-Draghi

Renato Brunetta

Paradosso. L’Italia, attraverso la rielezione del presidente della Repubblica, ha dato un poderoso segnale di cambiamento, proprio confermando l’assetto istituzionale che le ha garantito un ruolo di leadership nell’Ue

Enuncio un paradosso. L’Italia, attraverso il voto di ieri del Parlamento, ha dato un poderoso segnale di cambiamento, proprio confermando l’assetto istituzionale che le ha garantito, e la sta sospingendo ad avere, un ruolo di leadership nell’Unione europea. Non mutare la guida duale, saper resistere ad aspirazioni pur legittime di personalità e forze politiche, con una loro particolare visione del presente e futuro del Paese, è la testimonianza più convincente della maturità recentemente raggiunta in questi tempi difficili. L’Italia ha superato, non senza sofferenza e fibrillazioni, la logica di fazione. E il prevalere del “particulare” guicciardiniano, dannazione italica da epoche remote, ha lasciato il posto a quel senso di responsabilità, a un ethos comune, che viene prima della lotta politica e consente coesione sociale e slancio creativo a una nazione consapevole della propria storia e dignità.

  
Ripercorro alcune parole-chiave. Stabilità: la capacità di resistere a forze e sollecitazioni esterne. Credibilità: saper ispirare fiducia, ottenere credito e riconoscimento. Reputazione: la stima e la considerazione in cui si è tenuti da altri. 

   
Nell’ultimo anno, Sergio Mattarella alla presidenza della Repubblica e Mario Draghi da lui voluto al timone del Governo, sostenuto dai partiti dell’unità nazionale, hanno assicurato all’Italia tutte e tre le qualità. Ci hanno reso più stabili e più credibili, e hanno migliorato la nostra reputazione, dopo anni di riforme annunciate e non realizzate, di fragilità strutturali mai davvero aggredite, di sbandamenti anche geopolitici, che hanno rischiato di farci smarrire l’ancoraggio ai nostri valori europeisti e atlantisti.

   
Stabilità, credibilità e reputazione erano cruciali un anno fa, quando il Paese doveva lavorare per presentare alla Commissione europea un Piano nazionale di ripresa e resilienza all’altezza della situazione e organizzare la campagna vaccinale per arginare la diffusione del Covid-19. Mattarella e Draghi, con il Governo di cui mi onoro di far parte, ci hanno guidato con equilibrio e con saggezza attraverso quelle tappe cruciali. Possiamo rivendicare di aver centrato tutti gli obiettivi e, grazie all’asset economico invisibile della credibilità recuperata, siamo riusciti a garantire all’Italia una crescita da boom economico nel 2021: probabilmente +6,5%, insieme alla Francia il risultato migliore in Europa. Domani l’Istat ufficializzerà il dato, ma intanto possiamo gioire, perché questo aumento del Pil assicura all’anno in corso uno slancio più che positivo. Nonostante le tensioni inflattive e il caro energia, nonostante la crisi in Ucraina, nonostante la pandemia ancora in corso. Ombre che si addensano sul futuro.

  
Ecco perché la stabilità, la credibilità e la reputazione sono cruciali anche adesso. Chi meglio di loro, Mattarella e Draghi, può assicurarle ancora, senza disperdere il lavoro svolto, ma, anzi, raccogliendone i frutti? Chi altri, se non Mattarella e Draghi, potrebbe portarci a centrare i 102 obiettivi (di cui 66 riforme) fissati nel Pnrr per quest’anno e ottenere le due tranche da 40 miliardi di euro complessivi? Lo sanno le cancellerie europee, lo sanno gli investitori, lo sanno gli italiani. Se ne sono convinti ieri anche i grandi elettori, dopo qualche passo falso e alcune tensioni in tutti gli schieramenti. Hanno scelto, abbiamo scelto, la stabilità, la credibilità e la reputazione, in primis delle istituzioni. Abbiamo pensato al bene del Paese.

   
Così va letta la rielezione di Mattarella: un successo per l’Italia, per il Parlamento, per la stabilità dell’azione del Governo, che può proseguire più forte e legittimato di prima. Intorno alla figura del capo dello Stato, tra i più amati della storia della Repubblica, si può davvero ritrovare l’unità nazionale. Ce lo ha ricordato lui stesso nel discorso di fine anno, alla luce delle prove difficili affrontate: “Ho percepito accanto a me – ha detto il 31 dicembre – l’aspirazione diffusa degli italiani a essere una vera comunità, con un senso di solidarietà che precede e affianca le molteplici differenze di idee e di interessi”. Con Mattarella abbiamo votato il volto reale della Repubblica unita e solidale. E abbiamo concretamente applicato il principio sacro per ogni buon allenatore: “Squadra che vince non si cambia”. Ora ci spetta il compito di essere all’altezza della generosità di Mattarella, con gratitudine e fiducia, e della straordinaria forza di governo di Draghi. Dobbiamo continuare a vincere. Non è vero che non cambia nulla. È la prova che siamo cambiati, e in meglio, noi italiani.

  
Renato Brunetta
ministro per la Pubblica amministrazione

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