dalla scuola ai "colori"
Dopo il Quirinale Draghi torna in Cdm tra misure anti Covid e partiti in tilt
Obbligo di mascherine all'aperto e stop alle discoteche fino al 10 febbraio. Sul tavolo anche la semplificazione sulla dad e l'estensione del green pass. Va in scena il primo test politico per una maggioranza dilaniata da una settimana di tensioni e veleni
Appuntamento alle ore 16, la politica torna a parlare di Covid e a decidere le prossime mosse, ora che la curva del contagio pare aver inziato la sua discesa e mentre la pressione sugli ospedali si alleggerisce (al 16 per cento il dato sulle terapie intensive e al 30 quello sui ricoveri ordinari, entrambi in discesa) . Sarà anche, dopo Quirinale, di nuovo il momento di Mario Draghi alle prese con una maggioranza dilaniata da una settimana di trattative, di veti e accuse reciproche, che inevitabilemte hanno lasciato strascichi.
Da qui, da un equilibrio sempre più fragile, ripartirà il Consiglio dei ministri di questo pomeriggio, per continuare a semplificare le regole della pandemia, accogliendo le spinte che da settimane arrivano dalle regioni, e non solo: sarà prorogato l'obbligo di mascherina anche all'aperto fino al 10 febbraio in zona bianca, una condizione che oggi riguarda solo Molise, Umbria e Basilicata, mentre in zona gialla è già previsto. E in attesa che gli enti regolatori del farmaco, da Ema in Europa ad Aifa in Italia, offrano maggiori certezze sulla quarta dose, la direzione è quella di rendere illimitata la durata del green pass per chi ha fatto la terza dose, considerato che da domani, quando scatterà anche l'obbligo vaccinale per gli over 50, la durata della certificazione verde scende da 9 a 6 mesi.
Resteranno ancora chiuse le discoteche e le sale da ballo, almeno fino al 10 febbraio: è questa l'indicazione del governo, sebbene le spinte più rigoriste tra i ministri della maggioranza, e all'interno del comitato scientifico, avrebbero voluto lo stop fino alla fine dello stato d'emergenza, il 31 marzo, o almeno fino alla fine di febbraio.
C'è poi la questione, fondamentale, della scuola: anche in questo caso è ritenuta indispensabile una progressiva semplificazione. Meno tamponi e meno didattica a distanza, in particolare per chi è vaccinato. Le procedure per elementari e medie, ora più stringenti, verranno uniformate a quelle delle scuole superiori e per andare in dad dovranno esserci almeno 3 positivi (oggi ne bastano un paio). Ma pure la durata della dad verrà rivista e accorciata per guariti e immunizzati, da dieci a a cinque giorni e per rientrare in classe non servirà più il certificato del medico, che sarà richiesto solo ai positivi, ma sarà sufficiente un tampone negativo per i contatti stretti. Più in generale tutto il modello delle quarantena scolastiche dovrebbe essere equiparato a quello che riguarda tutti gli altri cittadini, quindi autosorveglianza per 5 giorni per vaccinati e guariti.
Anche la burocrazia dei colori, delle fasce regionali, verrà rivista: l'interlocuzione procede ormai da giorni e i tempi sono maturi. Si distinguerà con tutta probabilità tra ricoverati Covid con sintomi oppure no, uno degli indicatori decisivi nel definire il colore di un territorio. Ma anche da questo punto di vista si faranno passi avanti: la aree gialle e arancioni potrebbero essere archiviate, resterebbero infatti solo con valenza indicativa rispetto all'andamento della pandemia. Il governo vorrebbe mantere la zona rossa, continuando a far valere la differenza tra chi è vaccinato e non. Ma non è detto che si arrivi subito a una quadra, il Cdm tornerà a rinunirsi mercoledì e per quanto riguarda le zone di rischio e la scuola, i nuovi provvedimenti potrebbero arrivare solo allora, tenendo conto che sempre mercoledì è convocata la Conferenza stato-regioni.
Il Cdm di oggi, tuttavia, è importante anche un per'unaltra ragione, prettamente politica: sarà il primo banco di prova per Mario Draghi. La conferma di Mattarrella a capo dello stato, oltrea a mettere a nudo tutte le debolezze, ha corroso sia le relazioni esterne tra i partiti che gli equilibri all'interno delle forze politiche stesse. “Per qualcuno questa giornata porta al Quirinale, per me porta a casa”, ha detto subito l'elezione dopo Giancarlo Giorgetti, il ministro leghista titolare del Mise, invocando insieme a Salvini una nuova messa a punto del governo. E dopo il flop Casellati anche i rapporti tra il Carroccio e Forza Italia si sono fatti più tesi.
Difficoltà che riguardano anche il fronte rossogiallo: la candidatura di Elisabetta Belloni, che guida i servizi segreti, figlia dell'asse tra Salvini e Conte, ha lasciato più di qualche sospetto tra i dem, forse quelli usciti meglio (o meno peggio) dall'ultima settimana. E anche se l'avvocato del Popolo giura che i rapporti siano buoni (“ho sentito Letta al telefono questa mattina”, dichiarava ieri illeader grillino), il segretario del Pd vuole vederci chiaro. Anche perché tra i pentastellati la tensione è altissima, i toni quelli da resa dei conti: per tutto il weekend Giuseppe Conte e Luigi Di Maio, si sono rincorsi a suon di accuse e interviste, e pure campagne social, ognuno invocando l'epurazione, la responsabilità e la testa dell'altro. Non proprio il clima ideale per rilanciare l'azione di governo e garantire quella stabilità che Mattarella ha preteso dai capigruppo per tornare al Quirinale.