Enrico Letta e Matteo Renzi (Ansa)

Passeggiate romane

A Letta non dispiace giocare di sponda, ogni tanto, con Renzi

Il segretario del Pd sa che un'asse con il leader di Italia Viva può essere conveniente. Tanto più adesso che il Movimento 5 stelle è in una fase calante. Mentre il senatore di scandicci ha tutto l'interesse a coinvolgere i dem, o almeno una parte di essi, in vista del 2023. Anche perché non si fida dei centristi

Raccontano che i leader di Coraggio Italia ci siano rimasti un po’ male per il fatto che Matteo Renzi, nella sua Assemblea nazionale di sabato 26, non li abbia nominati, se non per annoverarli indistintamente tra i sette nani che governano il centro e che non possono certo aspirare alla leadership dell’area riformista che verrà, e non abbia rilanciato la proposta di dare vita insieme a loro a una novella Margherita lanciata da Paolo Romani qualche tempo fa. Ma era ovvio che andasse così. Essenzialmente per due motivi. Primo: il leader di Italia viva ha tutto l’interesse a coinvolgere il Pd, o almeno una parte di esso, in quest’operazione che altrimenti rischia di rivelarsi un fallimento. Secondo: l’ex premier non si fida ciecamente degli alleati centristi.  Il sospetto che possano utilizzare quest’operazione per andare a contrattare da una posizione di forza con FI, Lega e Fratelli d’Italia non abbandona infatti i dirigenti di Italia viva.

 

Da parte sua Enrico Letta, pur non avendo dissolto il rancore che ancora prova nei confronti del leader che lo ha defenestrato da Palazzo Chigi, è uomo avveduto e accorto e si rende conto che comunque giocare ogni tanto di sponda con Renzi gli conviene. Tanto più adesso che il Movimento 5 stelle è in una fase calante. Certo, il segretario del Pd continua a mantenere ottimi rapporti con Giuseppe Conte, perché comunque non vuole perdere l’aggancio con quello che fu il vasto elettorato dei grillini, però il rapporto con il M5s non è più così privilegiato come era un tempo. Peraltro Renzi è convinto, e glielo ha detto, che non è affatto scontato che “i 5 stelle così come li abbiamo conosciuti arrivino fino alle elezioni politiche del 2023”. Conte potrebbe decidere di fare un suo partito di più modeste proporzioni, o potrebbe abbandonare l’agone, e Virginia Raggi potrebbe lanciarsi nella politica nazionale cercando di catturare i consensi “dei No vax e dei grillini delle origini, magari con Alessandro Di Battista”.

 

E a proposito di Virginia Raggi, il suo successore nella Capitale, Roberto Gualtieri, le ha offerto la guida dell’Expo. L’operazione dovrebbe servire a rendersi amico l’elettorato grillino anche in vista delle regionali del Lazio, visto che al Partito democratico sono convinti che senza l’apporto dei grillini non riusciranno mai a riconquistare la regione. Peccato però che la mossa del sindaco di Roma abbia un difetto di partenza. Raggi, infatti, è la grande nemica di Roberta Lombardi, assessore di Zingaretti. Dicono che l’operazione di Gualtieri non le sia piaciuta e che abbia messo in fibrillazione i 5 Stelle locali, che nel Lazio sono ancora più divisi di quanto lo siano i grillini a livello nazionale.

Nel Partito democratico si registra qualche malumore per l’approccio di Enrico Letta alla crisi ucraina. Non era un mistero per nessuno che il segretario non ha tutti quei problemi a condannare senza se e senza ma Putin e ad appoggiare la Nato che ha una parte della sinistra (si vedano le ultime esternazioni di Massimo D’Alema), ma la sua posizione che ha suscitato il plauso di molti per la sua coerenza e chiarezza, è mal sopportata da alcuni settori più nostalgici del partito. Nessuno, però, è finora uscito allo scoperto, anche perché l’elettorato dem è invece fermamente convinto circa la bontà della linea del leader.

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