FdI non si Lega
No “situazionismi, elezione diretta di capo dello stato e del governo”. Parla Rampelli
Il voto, Salvini, Meloni, i motivi della frattura, il futuro e la legge elettorale. "Forza Italia e i cespugli centristi spieghino perché non hanno sostenuto la loro presidente del Senato”, dice il vicepresidente della Camera
Il day after della rielezione di Sergio Mattarella alla presidenza della Repubblica ha portato, nel centrodestra, l’esplosione del dissidio interno dopo giorni di tensione. Il leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni ha detto che “il centrodestra è da rifondare” e addirittura, ieri, a domanda diretta ha lasciato intendere che alle prossime elezioni potrebbe non correre in alleanza con la Lega. Mentre il leader della Lega Matteo Salvini, a monte della convocazione dello stato maggiore del partito, ha evocato, in una lettera al Giornale, la creazione di una sorta di Partito repubblicano, con forte “ispirazione liberale”. Per citare Meloni, il centrodestra, “polverizzato in Parlamento, resta maggioranza nel paese”. Per citare Salvini (che ieri ha incontrato Silvio Berlusconi ad Arcore, il centrodestra ha bisogno “di un nuovo contenitore”. Fabio Rampelli, pilastro di FdI e vicepresidente della Camera, guarda impietosamente la creatura in agonia: “Il centrodestra esiste perché esiste nella società reale, ma il centrodestra parlamentare in questo momento non rispecchia più la situazione che c’è nel paese, perché è legato alle elezioni del 2018, mentre gli equilibri tra i vari partiti sono cambiati”.
Secondo quali tappe procedere, allora? “La prima tappa”, dice Rampelli al Foglio, “è chiedere scusa agli italiani per lo spettacolo indegno dato l’ultima settimana. La seconda è dichiarare al popolo di centrodestra, largamente maggioritario, se si vuole davvero vincere o s’intende assecondare la convinzione diffusa a sinistra di una sua superiorità morale e culturale, fino a scivolare nella certezza che lo Stato le appartenga. Anche senza prendere i voti. Infine far subentrare a una sterile politica situazionista la stagione del ‘fare sul serio’”. Intanto però Salvini parla di una rifondazione all’americana. Che cosa è successo? “Forza Italia e i cespugli centristi spieghino perché non hanno sostenuto la loro presidente del Senato”, dice Rampelli, “magari erano già d’accordo con il Pd su Sergio Mattarella o Pierferdinando Casini. Salvini spieghi perché ci ha fatto scoprire dalle agenzie che la Lega avrebbe votato Mattarella, esattamente l’opposto di quanto deciso la sera prima nel vertice di centrodestra. Visto che ci sono spieghino pure perché hanno votato per l’abolizione del premio di maggioranza nel 2018, rendendosi responsabili di questa terribile delegittimazione della politica, senza uno straccio di maggioranza omogenea. E poi ci dicano se è vero che, nati dal sistema maggioritario contro le pastette della Prima Repubblica, vogliono tornare al pentapartito. Infine, inutile parlare di nuovi partiti se il sistema istituzionale è al collasso. Qualsiasi riforma è destinata a fallire se non si procede all’elezione diretta del capo dello stato o del governo. E’ l’unica vera rivoluzione che bisogna compiere per liberare la democrazia italiana dai giochi di palazzo. Gli italiani ci avrebbero messo trenta secondi a scegliere il presidente. La frattura si sarebbe evitata se ognuno avesse mantenuto la parola data”.
Il tema urgente sembra essere ora la legge elettorale: “Noi su questo argomento, pur non avendolo votato come presidente della Repubblica, la pensiamo come Mattarella — che s’intestò la legge elettorale maggioritaria per dare ai cittadini il potere di scegliere da chi essere governati. E come l’85 per cento degli italiani che la sostenne nel referendum a seguire. Ricordo che il proporzionale puro, che avvantaggerebbe FdI (ma non l’Italia) significa andare al voto con le mani libere e fare accordi solo dopo. Il centro diventerebbe un suq, un mercato dove collocare le proprie mercanzie. È stato il sistema maggioritario che ha fatto costruire a Berlusconi la democrazia dell’alternanza”. Intanto a sera Giorgia Meloni, ospite di “Quarta Repubblica”, lanciava il suo “non mi adeguo: prima o poi la democrazia arriva”.