come si cambia
Quando Salvini diceva no al partito repubblicano di Berlusconi
Il Leghista rilancia il fronte unico di centrodestra dopo la scoppola quirinalizia, proprio come il Cav. lo scorso giugno. Ma allora il segretario del Carroccio: "Un conto è collaborare, un altro è mischiare i partiti". E il forzista Mulè lo incalza: "Esattamente la nostra stessa proposta"
“Ora un partito repubblicano”, annunciava ieri Matteo Salvini, affidando a un intervento sul Giornale, il nuovo schema. La nuova ricetta, per andare oltre. La corsa al Quirinale, il suo epilogo, soprattutto, ha lasciato strascichi importanti nel centrodestra. È partita la corsa alla rifondazione. Per dire, sempre ieri, anche la Meloni ha esperesso la stessa necessità, questa volta dalle colonne di Libero.
Ognuno a proprio modo. “È inutile nascondersi dietro un dito. L'elezione del presidente ha mostrato i limiti della coalizione del centrodestra”, ha ammesso il leader del Carroccio, forse senza aaccorgersi che il principale responsabile, in questa storia è proprio lui. Le sue giocate, la trottola – king maker, hanno lasciato un segno, profondo, quasi un fossato, che va colmato un'altra volta. Come? “Ragionando in un'ottica veramente unitaria. Superando gli egoismi, non annullando, ma valorizzando le differenze. Un nuovo contenitore politico delle forze di centrodestra”.
Uno scatto di buon senso e di logica, si potrebbe pensare. E magari così è. Solo che a guardare i precendenti qualche dubbio viene. Perché la prospettiva avanzata dal leghista pare una la copia di un'analoga proposta, rispedita al mittente. Quella di Silvio Berlusconi, era il giugno 2021: l'idea era, guarda caso, un partito unico sull'esempio repubblicano americano, “senza fusioni a freddo o calate dall’alto”. Un modello per cui il Cav. aveva anche già pensato a un nome – Centrodestra italiano o Centrodestra unito -, segno che la volontà e la visione non mancava, tanto da definirne anche l'orizzonte temporale, le elezioni del 2023. Il fondatore di Fi specificava anche: “Non che si possa realizzare in poche settimane. Ma al contrario: occorre un grande lavoro che coinvolga i militanti, gli eletti e soprattutto l’opinione pubblica di centrodestra”.
Solo che quella volta Salvini prese tempo, rifugiandosi nelle formule del politichese: “Federazione sì, ma non partito unico”, disse. “Un conto è collaborare, federare, un conto è mischiare i partiti dalla sera alla mattina”, precisò mettendosi a distanza di sicuerezza. Poi i tempi cambiano, arrivano le scoppole quirinalizie, proprio nel momento in cui anche l'altra alleata, Giorgia Meloni, si smarca e a chi le chiede dove si collocherà alla prossima tornata elettorale, risponde: “Vedremo, oggi ho una diffolcotà oggettiva”. E allora eccolo, Salvini, che rilancia.
“Bene, molto bene, non aspettavo altro”, ha detto questa mattina Giorgio Mulè, sottosegretario alla difesa e figura di spicco in Forza Italia. Accogliendo sì, la proposta leghista, ma mettendo anche in ordine le cose, scavando negli archivi. “La prima volta che si ipotizzò di dar vita a un Partito repubblicano sul modello degli Stati Uniti risale al 22 aprile 2015 e ne parlò Berlusconi”, incalza il sottosegretario, e poi: “La stessa proposta, ulteriormente argomentata, fu rilanciata a giugno del 2021, affermando esattamente quello che dice oggi Matteo Salvini”. Insomma, sempre per usare le parole del sottosegretario: “Non resta che sedersi attorno ad un tavolo”.
Una formula che, a dir il vero, negli ultimi giorni non ha portato troppa fortuna al segretario leghista, che oggi nel corso del Consiglio federale dovrà spiegare i perché di una cocente sconfitta, provando a rimettere insieme i pezzi. E magari aprire un confronto serio sul nuovo corso - di lotta o di governo? -, che se vuole davvero essere tale, non può che attingere alla realtà della politica. Non certo a quella dei sondaggi, che troppe volte hanno guidato le scelte e gli egoismi della coalizione, troppo presa dall'immediato e quasi mai dall'orizzonte. "Non si può costruire un nuovo centrodestra contro il metodo Draghi", ha detto su queste pagine la ministra per il Sud, Mara Carfagna. Ed è probabilmente questo il punto principale che Salvini dovrà chiarire, se davvero il partito unico vuole essere una proposta politica seria e non un altro slogan, figlio dell'opportunismo. E in questo caso, della sconfitta.